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Inflazione annulla il taglio Irpef fino a 50 mila euro

- di: Matteo Borrelli
 
Inflazione annulla il taglio Irpef fino a 50 mila euro

Non basta la riduzione dell’aliquota: il caro-vita e il “drenaggio fiscale” divorano i benefici per molti contribuenti.

(Foto: dichiarazione dei redditi).

Negli ultimi anni l’inflazione ha eroso il potere d’acquisto degli italiani. Anche se le buste paga o i redditi restano nominalmente simili, i prezzi dei beni essenziali, delle bollette e dei servizi sono saliti in misura tale da rendere quasi vano ogni vantaggio fiscale apparente. In questo contesto, il governo ha inserito nella manovra 2026 un taglio dell’IRPEF per i redditi da lavoro tra 28.000 e 50.000 euro: l’aliquota scenderà dal 35 % al 33 %. Tuttavia, studi e analisi mostrano che per chi guadagna meno di 50.000 euro il beneficio reale potrebbe essere minimo o addirittura nullo.

Come funziona il meccanismo e perché appare illusorio

Il provvedimento centrale è la riduzione dell’aliquota IRPEF per lo scaglione compreso tra 28.000 e 50.000 euro lordi all’anno, come confermato il 15 ottobre 2025: il costo stimato della misura è di circa 9 miliardi di euro. Per chi rientra nello scaglione al massimo è prevista una riduzione di imposta fino a circa 440 euro annui. Per chi ha redditi significativamente inferiori lo sgravio è molto inferiore. Inoltre, il fenomeno del cosiddetto “drenaggio fiscale” (fiscal drag) peggiora la situazione, perché l’assenza di aggiornamento degli scaglioni rispetto all’inflazione porta a una tassazione effettiva che cresce senza modifiche normative evidenti.

Il drenaggio fiscale: l’effetto invisibile che cancella i risparmi

Quando i prezzi dei beni aumentano, ma gli scaglioni fiscali restano fissi, parte del reddito entra in fasce di tassazione più elevate pur non essendoci un reale aumento del potere d’acquisto. Secondo una simulazione pubblicata il 9 ottobre 2025, chi ha un reddito lordo di circa 30.000 euro potrà ottenere un vantaggio in busta paga di appena 40 euro all’anno, ossia meno di quattro euro al mese. Questo accade nonostante l’aliquota ridotta, perché l’inflazione e il mancato aggiornamento degli scaglioni hanno già “mangiato” gran parte del beneficio.

Chi guadagna davvero qualcosa e chi rimane escluso

Le analisi mostrano che il vantaggio maggiore si registra per chi si avvicina al tetto dei 50.000 euro di reddito: in quel caso lo sgravio stimato è di circa 440 euro annui. Per chi ha redditi sotto i 28.000 euro, invece, l’intervento è quasi privo di effetto, perché non rientra nello scaglione oggetto della riduzione. In altre parole, il “ceto medio basso” rischia di essere il grande escluso del provvedimento. E nel confronto internazionale l’Italia appare poco virtuosa: ad esempio, in Germania l’aliquota del 42 % parte da redditi molto più alti rispetto agli italiani.

Le conseguenze pratiche per famiglie e consumi

Il risultato è che molti contribuenti che speravano in un sollievo fiscale vedranno aumenti effettivi modesti o nulla variazione del netto in busta. In un contesto in cui l’inflazione ha superato il 16 % tra gennaio 2021 e gennaio 2025 mentre le retribuzioni sono cresciute poco più dell’8 %, il margine di manovra è davvero ridotto.

Questo fenomeno ha ripercussioni sui consumi: se il reddito disponibile reale non aumenta, la capacità di spesa delle famiglie ristagna. Una manovra presentata come favorevole al lavoro dipendente si rischia di trasformare in una misura simbolica, incapace di contrastare efficacemente la perdita del potere d’acquisto.

Quali sono le prospettive e le possibili soluzioni

Per evitare che misure come il taglio IRPEF restino inefficaci, gli esperti indicano la necessità di riformare in modo strutturale il sistema fiscale: aggiornamento degli scaglioni all’inflazione, revisione delle detrazioni e delle franchigie, maggiore progressività effettiva. Altrimenti, il rischio è che ogni anno il sistema stesso generi aumenti di tassazione nascosti che rendono vana la promessa della diminuzione delle tasse.

In sintesi, il buon proposito di alleggerire il carico fiscale per il lavoro dipendente viene eroso dall’effetto combinato dell’inflazione, di meccanismi fissi non adeguati e della complessità del sistema. Per molti contribuenti sotto i 50.000 euro l’anno, il taglio IRPEF può rivelarsi un’illusione.

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