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Insolvenze e liquidazioni in aumento: imprese sotto pressione, attesi oltre 13mila casi

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Insolvenze e liquidazioni in aumento: imprese sotto pressione, attesi oltre 13mila casi

Il 2025 si apre con un aumento significativo delle procedure di insolvenza e liquidazione che interessano le imprese italiane. Le stime aggiornate indicano oltre 13.000 casi attesi entro l’anno, un livello che riporta l’Italia ai valori pre-pandemia e che, secondo gli analisti, rappresenta la fase di normalizzazione dopo il lungo periodo di sospensioni, ristori e moratorie che avevano rallentato artificialmente le chiusure tra il 2020 e il 2022.

Insolvenze e liquidazioni in aumento: imprese sotto pressione, attesi oltre 13mila casi

Con la progressiva rimozione delle misure straordinarie introdotte negli anni della crisi sanitaria – in particolare moratorie, finanziamenti garantiti e sospensioni procedurali – una parte delle imprese che avevano accumulato fragilità nei bilanci è entrata nella fase terminale. Si tratta soprattutto di micro e piccole imprese, con esposizioni medio-basse, che avevano retto grazie al supporto pubblico ma non sono riuscite a ritrovare livelli di redditività sostenibili.
La crescita delle liquidazioni volontarie testimonia che, in diversi casi, gli stessi amministratori scelgono la chiusura ordinata prima che scatti l’insolvenza giudiziale.

Settori e territori più esposti
I dati preliminari mostrano un impatto maggiore nei comparti legati ai consumi interni e alle filiere con margini compressi: commercio al dettaglio, piccola manifattura tradizionale, edilizia secondaria e servizi a bassa capitalizzazione.
Geograficamente la pressione è più marcata nelle regioni centro-meridionali, dove le imprese risultano mediamente sottocapitalizzate, ma il fenomeno si sta ampliando anche nel Nord produttivo, soprattutto nelle filiere che non hanno agganciato la ripresa degli investimenti o che registrano un calo degli ordinativi esteri.

Il nodo costo del denaro
L’altro fattore determinante è il costo del credito. Il rialzo dei tassi degli ultimi due anni ha reso più oneroso rifinanziare il debito contratto durante la pandemia. Le imprese entrate nel 2023-2024 con rating marginale hanno incontrato maggiori difficoltà di accesso al credito tradizionale, o lo hanno ottenuto con spread più elevati. Per molte realtà di piccola dimensione, questo passaggio ha rappresentato la soglia critica tra continuità aziendale e cessazione.

Composizione negoziata e risanamenti: numeri ancora contenuti
Il nuovo Codice della crisi d’impresa ha introdotto strumenti di prevenzione come la composizione negoziata, che permette di intervenire prima dell’insolvenza conclamata. Tuttavia, il ricorso rimane limitato: secondo gli ultimi report, meno di un’impresa su dieci riesce a rientrare in bonis attraverso questa procedura. La maggioranza, soprattutto tra le piccole, non arriva a un piano di risanamento strutturale, sia per carenza di mezzi finanziari sia per l’insufficiente capacità di riposizionamento competitivo.

Ristrutturazioni in crescita tra le imprese medio-grandi
Diverso l’andamento per le imprese di maggiore dimensione, che ricorrono con maggiore frequenza a ristrutturazioni del debito e piani attestati. Le procedure non sfociano necessariamente in chiusura, ma comportano riduzione di personale, taglio di rami d’azienda non redditizi e ridefinizione delle linee di attività. È il segnale che il mercato sta selezionando non solo in base alla liquidità disponibile, ma soprattutto alla capacità di adattare il modello di business.

Impatto macroeconomico
L’aumento delle procedure di liquidazione non incide solo sulle singole aziende coinvolte ma sulla filiera dei fornitori e dei subappaltatori, con possibili ritardi nei pagamenti e riallineamenti contrattuali. Gli osservatori rilevano che nei prossimi trimestre si vedranno gli effetti indiretti su occupazione e credito commerciale, soprattutto nelle aree dove la rete di imprese è più interdipendente.

Cosa attende il sistema nel 2025

Gli economisti stimano che la fase di riallineamento proseguirà almeno fino alla seconda metà del 2025: molte imprese stanno rientrando nel ciclo ordinario del rischio dopo due anni di “protezione” straordinaria. L’effettivo consolidamento dipenderà dalla capacità di investimento e dall'accesso al credito in condizioni più favorevoli, oltre che dall’efficacia delle misure di supporto allo scalaggio tecnologico, che restano cruciali per evitare nuove ricadute.

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