Inclusività a rischio: in passerella sfilano soltanto taglie XS

- di: Barbara Bizzarri
 

Che si trattasse di un trend effimero “ad usum delphini” era già un dubbio, ma ora è confermato dai fatti. I bei discorsi su inclusività, attivismo, body positivity e così via, nell’ambito della moda erano, appunto, soltanto belle parole: oltretutto, svanite in un battibaleno. A confermarlo, il nuovo ‘report annuale sull’inclusività delle taglie’ a cura di Vogue Business, rilasciato ad ottobre 2024, un'analisi di dati in base alle uscite dei look in passerella: “Il trend ci porta alla preoccupante conclusione che le modelle ‘estremamente magre’ stanno di nuovo dominando le passerelle”, si legge sul quotidiano britannico Independent dei giorni scorsi.

Inclusività a rischio: in passerella sfilano soltanto taglie XS

Nelle ultime sfilate primavera/estate 2025 di New York, Londra, Milano e Parigi l’inclusività dei corpi diversi dai cliché che associano la bellezza alla magrezza è regredita in passerella. "Degli 8.763 look presentati in 208 sfilate e presentazioni, lo 0,8 percento era di taglia forte, il 4,3 per cento di taglia media (ndr tra la 42 e la 46) e il 94,9 percento di taglia magra dalla XXS alla taglia S ossia 40”, riporta Vogue Business, che analizza la situazione, sfilata per sfilata, stilista per stilista e città per città. “Mentre l'inclusione delle taglie medie è aumentata del 3,7 percento rispetto alla scorsa stagione, la rappresentazione delle taglie dalla 46 in poi è rimasta inchiodata allo 0,8 per cento”. Inoltre, “l’incremento delle taglie medie è in parte guidato dall’uso di uomini muscolosi nelle sfilate miste”, svela l’indagine.

L’allarme era stato dato anche lo scorso anno in occasione della London Fashion Week, in cui la maggior parte dei brand aveva scelto ragazze magre e magrissime.
A quanto pare, quindi, le modelle-attiviste ‘curvy’, il movimento della body positivity e i numerosi dibattiti aperti in occasioni collettive degli ultimi anni non hanno affatto sortito gli effetti sperati: “I progressi si sono arrestati e siamo di fronte ad un fenomeno preoccupante di ritorno a modelli estremamente sottili”, si legge nel report dove gli analisti puntano il dito anche sui nuovi farmaci con effetto dimagrante, il cui uso si sta estendendo sempre di più determinando anche un cambiamento dei prezzi. Curve abolite sulle passerelle di tutto il mondo, dunque, e gli analisti ritengono che, anche a fronte di tante influencer e celebrità super magre, si stia tornando a proporzioni malsane. Si prevede perfino un calo della domanda di taglie medium e large da parte delle donne mentre il farmaco dimagrante di cui si parla tanto sta diventando mainstream, di pari passo con il boom di influencer-guru statunitensi per la perdita del peso, con annunci pubblicitari del farmaco in questione.

Se alle sfilate di Parigi alcuni stilisti hanno scelto modelle di taglia ‘plus’, le sfilate milanesi hanno completamente abolito la diversità del corpo, tanto che gli analisti di Vogue non sono riusciti a stilare una vera e propria top 10 di brand che hanno incluso modelle di taglie superiori perché “solo lo 0,3 per cento dei look era ‘plus size’, l’1,7% era ‘mid size’ e il 98% era ‘straight size’”. Sunnei, brand italiano, ha fatto sfilare modelle più anziane per celebrare il decimo anniversario ed è stato lo show più inclusivo in assoluto nella città meneghina, con un terzo delle modelle di taglia media (ma nessuna di taglia plus-size). Al secondo posto, Boss con il 14,6% di look di taglia media e l’1,8% di taglia plus. Seguono Marco Rambaldi che ha scelto più modelle di taglia plus di tutti (6,8% taglia media e 9,1% plus), Rave Review (12% taglia medium, il resto magre), Tokyo James (con il 2,5% di taglie plus), Max Mara (2,1% dei look di taglia plus), Marni (1,9% di look di taglia medium), Philippe Plein (92% look straight e 1,8% mid-size) e Ferragamo (con l’1,5% dei look mid-size).

A Parigi la percentuale di taglie forti si è vista di più, con Ester Manas in cima alla classifica come nelle stagioni precedenti, mentre quella inglese è stata la settimana della moda più inclusiva di quest’anno, ma con percentuali troppo basse per costituire un trend, come dimostra il report. 

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