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Inchiesta Perugia: Giorgia Meloni dice no alla commissione parlamentare

- di: Redazione
 
Inchiesta Perugia: Giorgia Meloni dice no alla commissione parlamentare
Che la proposta di istituire, in tempi brevissimi, una commissione parlamentare sulla stessa materia su cui sta indagando la Procura di Perugia (le intrusioni in banche dati da parte di personale della Direzione nazionale antimafia) fosse irrituale e intempestiva e forse anche strumentale lo si era capito subito.
Ma non agli occhi di Matteo Salvini (che ha subito eletto la Lega a bersaglio principale delle attività illegali, utilizzando questa circostanza oggettiva come argomento squisitamente politico) e dello stesso Guardasigilli, Carlo Nordio (che da tempo vuole intervenire sui collegamenti e comparaggi in seno ad una certa magistratura), che ne avevano sollecitato la creazione.
Le perplessità su competenza, pertinenza e tempistica della commissione si erano manifestate immediatamente, ma non evidentemente al punto tale da indurre i sostenitori della proposta a rallentare la corsa, a prendere atto che in seno alla maggioranza di governo ci sono idee diverse.

Inchiesta Perugia: Giorgia Meloni dice no alla commissione parlamentare

Quindi, a mettere la parola fine a questa vicenda, ci ha dovuto pensare la stessa Giorgia Meloni che ha chiarito la posizione del governo con una nota che porta la firma dei capigruppo della maggioranza, con il sospetto che qualcuno di loro non l'abbia fatto di buon grado.
Perché le parole della nota sono chiarissime e definiscono una bocciatura, secca e inequivocabile, della proposta di creare una commissione che avrebbe dovuto lavorare contemporaneamente alle attività della Procura di Perugia, con il pericolo di una scontata sovrapposizione, con effetti assolutamente inimmaginabili in termini di frizioni tra un organismo squisitamente politico e gli uffici giudiziari guidati da Raffaele Cantone.

Se qualcuno di ''politico'' si deve occupare di una vicenda dai contorni ancora troppo nebulosi (e quindi potenzialmente deflagranti, non conoscendosi al momento i fruitori degli accertamenti partiti, per quel che se ne sa senza alcun motivo ufficiale, dalla Dna) è la commissione Antimafia che ''ha il compito di completare quel che non può essere oggetto di indagine penale, cioè la lettura politica della vicenda. Lo sta facendo avendone gli strumenti e la competenza''.

La nota, all'insegna della ricerca della salvaguardia dei rapporti in seno alla maggioranza, dà un contentino ai sostenitori dell'organismo parlamentare, dicendo che l'eventualità di istituire una commissione ''sarà valutata successivamente, anche alla luce di quanto emergerà dai lavori dell’Antimafia''.
Questo anche sulla base che i tempi della politica (cioè quelli di una commissione istituita con uno specifico oggetto) ''non possono far venire meno la necessità di ottenere immediata chiarezza e di dare risposte a fatti che sono, come ha detto in Commissione il procuratore Cantone, di 'una mostruosa gravità' ''.

Insomma, lasciamo lavorare Cantone che è intenzionato a chiarire tutto e a procedere nella consapevolezza della gravità dell'accaduto, senza la pressione che un organismo politico potrebbe generare.
Quindi se qualcuno che non sia (almeno ad oggi) la Procura di Procura a indagare, dobbiamo pensare alla Commissione Antimafia, che ha poteri e competenze. Ma che ha un altro atout: la presiede Chiara Colosimo, di Fratelli d'Italia, di cui Giorgia Meloni si fida ciecamente, sulla base di un consolidato rapporto di amicizia.
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