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Totti e Ilary, basta

- di: Bruno Legni
 
Totti e Ilary, basta
L’Italia osserva, commenta, si appassiona. Ma siamo davvero sicuri che non ci stiano prendendo in giro?
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Sono anni che va in scena il loro divorzio. Ma più che una separazione è una serie tv, e pure scritta male. I protagonisti? Lui, ex campione amato da tutti, oggi testimonial vagamente spaesato; lei, conduttrice prestata ai rotocalchi, impegnata in un remake infinito di sé stessa. Sullo sfondo, orologi contesi, chat rubate, battute al veleno, TikTok di ripicca. Nessuna pietà.
Ilary e Totti sono riusciti nell’impresa più difficile: trasformare un dramma personale in una monetizzazione a lungo termine. Difficile credere che ogni uscita, intervista o silenzio non sia pesato al millimetro, calibrato per far parlare e — soprattutto — fatturare. La fine di un amore? Forse. Ma anche l’inizio di un modello di business perfetto per un Paese che confonde il privato con l’audience.
Il peggio è che ci caschiamo. Ogni volta. A ogni nuovo capitolo, un’orda di commentatori, opinionisti e bar di provincia si mobilita. Totti ha detto. Ilary ha risposto. L’avvocato ha smentito. La suocera ha gradito. È il trionfo del nulla, recitato con la solennità di un processo penale. Una specie di telenovela nazionalpopolare dove il pathos ha lasciato spazio al product placement.
E allora basta. O almeno cambiate copione: siamo al sesto spin-off e non c’è più niente da spoilerare.

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