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Harvard e Trump: verso accordo da 500 milioni per chiudere la disputa

- di: Vittorio Massi
 
Harvard e Trump: verso accordo da 500 milioni per chiudere la disputa
Università e governo a colloquio su proteste pro‑Gaza, antisemitismo e libertà accademica.

Harvard disposta a pagare fino a 500 milioni per chiudere la vertenza

Un accordo tra Harvard e l’amministrazione Trump si profila: l’università sarebbe pronta a sborsare fino a 500 milioni di dollari per porre fine alla controversia legata alle proteste pro‑Gaza e alle accuse di antisemitismo. La somma supererebbe di gran lunga i 200 milioni già versati da Columbia per accedere a un patteggiamento simile.

Un esborso doppio rispetto a Columbia

Il governo avrebbe chiesto a Harvard molto più di quanto ottenuto da Columbia: oltre ai 200 milioni versati da quest’ultima, Harvard è valutata proprio il doppio, con motivazioni ancora negoziate. Non è escluso che i termini includano restrizioni sulla supervisione esterna. Harvard ha espresso riluttanza a chiamare un monitor esterno sull’accordo, citando rischi per la libertà accademica del campus.

Accuse del governo e contrattacco legale dell’ateneo

L’amministrazione Trump ha congelato 2,2 miliardi di dollari in sovvenzioni e 60 milioni in contratti, e ha aggiunto ulteriori 450 milioni, portando il totale delle penalità attuali a circa 2,65 miliardi. I federali accusano Harvard di violazioni dei diritti civili verso studenti e personale e di tolleranza verso antisemitismo sul campus.

In risposta, Harvard ha avviato una causa legale ad aprile contestando il congelamento dei fondi come illegittimo e incostituzionale, rivendicando la protezione della libertà istituzionale e la continuità della ricerca. A luglio, le udienze preliminari hanno visto la corte esprimere dubbi sulla motivazione federale, giudicandola politicamente motivata e non basata su una violazione normativa chiara.

Contesto: proteste pro‑Palestina e crisi accademica

Le proteste del 2024 e 2025 contro la guerra di Gaza sono diventate una potente mobilitazione studentesca: encampments, occupy e sit-in hanno coinvolto università come Harvard e Columbia, con richieste di disinvestimenti, trasparenza e libertà politica accademica sul conflitto.

A Harvard nel 2024, proteste pacifiche di studenti pro‑Palestina portarono a restrizioni e punizioni acute, creando tensioni sul concetto di “Palestine exception” alla libertà di espressione accademica.

Columbia ha accettato un patteggiamento da 221 milioni, restaurando circa 400 milioni in fondi federali, ma imponendo riforme strutturali e supervisione esterna. La dirigenza ha difeso l’accordo come necessario per salvaguardare risorse, mentre critici lo hanno definito una resa coercitiva all’interferenza governativa.

Reazioni interne e politiche

A Boston, studenti del comitato Harvard Undergraduate Palestine Solidarity hanno annunciato un amicus brief a sostegno della causa legale dell’università contro il congelamento dei fondi.

Allo stesso tempo, all’interno dell’ateneo infuria la discussione sulla libertà accademica dopo che un numero di docenti e studenti ha duramente criticato le censure interne verso la ricerca e il discorso pro‑Palestina, inclusa la cancellazione di un numero speciale della Harvard Educational Review dedicato all’argomento.

Il governatore del Massachusetts, Maura Healey, ha definito “stupidi” gli attacchi federali contro Harvard, difendendo autonomia e prestigio dell’istituzione in occasione della cerimonia di laurea.

Analisi: autonomia e ricatto finanziario

Accogliere un accordo da mezzo miliardo rappresenterebbe un compromesso strategico per evitare l’interruzione dei finanziamenti federali essenziali per la ricerca medica, scientifica e accademica. Tuttavia, imporrebbe vincoli esterni e potrebbe segnare un precedente per future ingerenze governative sul campus.

Harvard sembra oscillare fra due opzioni estreme: resistere legalmente, rischiando traumi finanziari e interruzioni operative, oppure accettare una transazione onerosa per ritornare all’operatività. Columbia ha scelto la seconda strada, ma solo dopo severe riforme e compromessi sul controllo interno. Harvard, pur considerando l’accordo, resiste all’idea di supervisione esterna che minerebbe la sua indipendenza di governance.

Prospettive

La decisione sulla corte federale dell’udienza del 21 luglio potrebbe decidere il destino dei finanziamenti congelati. Intanto, i colloqui proseguono dietro le quinte. Harvard dovrà pesare fino a che punto intende difendere i suoi principi contro l’enorme pressione finanziaria e politica.

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