25 novembre: un giorno per ricordare, un giorno per agire

- di: Barbara Leone
 
Oggi non è un giorno qualunque. È un giorno che squarcia il velo dell'indifferenza. Un giorno in cui si ricordano storie di dolore, di coraggio e di lotta, come quella delle sorelle Mirabal, le “Mariposas”, uccise brutalmente nel 1960 nella Repubblica Dominicana per mano del regime dittatoriale di Rafael Trujillo.
Patria, Minerva e María Teresa Mirabal furono stuprate, torturate e uccise mentre cercavano di visitare i loro mariti in carcere, prima che i loro corpi venissero gettati in un burrone per simulare un incidente. Quelle vite spezzate hanno dato origine a una memoria collettiva che oggi si traduce nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dalle Nazioni Unite con la risoluzione 54/134 del 1999.Una giornata che richiama ogni angolo del mondo a riflettere su un fenomeno che non conosce confini: la violenza di genere. Come recita la stessa risoluzione, per violenza contro le donne si intende
"qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata".

25 novembre: un giorno per ricordare, un giorno per agire

Le statistiche delle Nazioni Unite sono spaventose: nel 2023, almeno 85.000 donne e ragazze sono state uccise intenzionalmente in tutto il mondo, molte delle quali da partner o familiari. Questo significa una vittima ogni 10 minuti. "La casa resta il luogo più pericoloso per le donne", sottolineano i rapporti di UNODC e UN Women. Il fenomeno, che attraversa tutte le categorie sociali e le fasce d’età, colpisce più duramente alcune regioni come i Caraibi, l’America Centrale e l’Africa. Sima Bahous, direttrice di UN Women, lancia un appello: “I femminicidi restano a un livello allarmante. Ma questo non è inevitabile. Rafforziamo l’arsenale legislativo e raccogliamo meglio i dati”. Anche in Italia, i numeri offrono uno scenario allarmante. Secondo il report "Il Punto-Il pregiudizio e la violenza contro le donne" del Servizio Analisi Criminale, nel primo semestre del 2024 gli atti persecutori (meglio noti come stalking) sono aumentati del 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, colpendo le donne nel 74% dei casi. I maltrattamenti contro familiari e conviventi hanno registrato un aumento del 15%, con vittime femminili nell’81% dei casi. E ben il 56% delle donne uccise è stato vittima di partner o ex partner. Nonostante una leggera diminuzione rispetto agli anni precedenti, gli omicidi commessi da genitori o figli sono in crescita, attestandosi al 33% del totale. Le modalità di uccisione riflettono una realtà brutale: armi improprie e armi bianche rimangono prevalenti, seguite da lesioni, asfissia e strangolamento.

No: oggi non è proprio un giorno qualunque. È il giorno degli appelli, è il giorno delle manifestazioni, è il giorno dei simboli. A cominciare dalle scarpe rosse, nate nel 2009 come installazione dell’artista messicana Elina Chauvet, diventate emblema globale della lotta contro la violenza sulle donne. Una denuncia silenziosa ma potente, che invita a non distogliere lo sguardo. Ma la lotta non si ferma ai simboli. Come ricorda il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, è dalla scuola che deve partire un cambiamento culturale: “La battaglia contro la violenza sulle donne inizia dalla scuola. Abbiamo introdotto, tra gli obiettivi di apprendimento obbligatori, l’educazione al rispetto verso la donna. Ragazze, non abbiate timore di denunciare: la scuola sarà sempre con voi”. Ma a commuovere di più, sono le parole del Presidente Mattarella, che nel ribadire con forza l’importanza di questa giornata ha sottolineato che “La violenza contro le donne presenta numeri allarmanti. È radicata in disuguaglianze, stereotipi di genere e culture che tollerano gli abusi. L’Italia, che ha ratificato la Convenzione di Istanbul nel 2013, ha strumenti di tutela, ma quanto fatto finora non è sufficiente. Nessuna scusa è accettabile. È un valore per l’intera società garantire i diritti umani delle donne”.

Anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha voluto ricordare le vittime recenti, come Giulia Cecchettin e altre giovani donne uccise: “Oggi e ogni giorno siamo al fianco delle vittime. Rompiamo il silenzio. Mettiamo fine alla violenza sulle donne”, ha scritto von der Leyen nella sua pagina social. Accorato e diretto anche il messaggio della premier, Giorgia Meloni: “Non siete sole. Ogni voce che si alza contro la violenza è un passo verso una società più sicura e libera dalla paura. 1522 è il numero a cui rivolgersi per ricevere aiuto immediato. Sicurezza, libertà, dignità per ogni donna: questo è il nostro impegno”.

Una Giornata, quella di oggi, che però non può e non deve essere solo una data. Ma un richiamo costante ad andare oltre. Oltre la memoria delle sorelle Mirabal, oltre le scarpe rosse,oltre i numeri che fanno gelare il sangue, oltre le testimonianze delle vittime ed oltre gli appelli delle istituzioni. Dobbiamo andare oltre, ed iniziare ad agire tutti impegnandoci concretamente per costruire una società in cui ogni donna possa vivere libera dalla paura e dalla violenza. Nessuna scusa, nessun silenzio e nessun differimento a domani, perché per molte domani un domani non ci sarà. Basta chiacchiere, è ora di agire: insieme, possiamo fare la differenza.
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