Francia: presidenziali, Macron prevale su Le Pen in un dibattito monotono

- di: Redazione
 
Quasi tutti gli osservatori concordano sul fatto che: primo, il dibattito tra i due candidati al ballottaggio per le presidenziali in Francia sia stato abbastanza scialbo; secondo, che forse la vittoria ai punti è andata a Emmanuel Macron, che, come un maratoneta, ha saputo correre non inizialmente più veloce, ma con il ritmo giusto per arrivare primo. Come confermano i sondaggi fatti dopo il dibattito e che hanno attribuito a Macron il 59% dei consensi, contro il 39% andato a Le Pen (il 2% degli intervistati non si è espresso).

Macron prevale su Le Pen nel dibattito in vista delle presidenziali in Francia

Il dibattito, attesissimo, ha confermato lo schema che tutti si aspettavano e che, in qualche modo, ha ricalcato quello di cinque anni fa. Ma il tempo è una canaglia e il suo trascorrere ha lasciato il segno.
Macron è sembrato più padrone dello strumento dell'interazione verbale, avendo imparato, peraltro e purtroppo, il peggio dei dibattiti in televisione, interrompendo troppo spesso Le Pen, che si è innervosita davanti alle petulanti puntualizzazioni dell'avversario.

Ma, come dice la canzone, era tutto previsto: gli strateghi della comunicazione del presidente sapevano bene che Marine Le Pen si sarebbe presentata alla ribalta nazionale con toni sfumati rispetto al passato, cercando di recuperare quel sogno ''nazionale'' che è alla base del suo credo politico. Ma nel 2022 è difficile sostenere, come lei ha fatto, argomenti che potevano avere appeal qualche decennio fa, ma non più oggi.
La ''grandeur'' d'un tempo, quella su cui Charles De Gaulle basava ogni suo gesto o pensiero, oggi non è più riproponibile almeno nella formulazione di ieri e parlare di una ''potenza mondiale non continentale'' sembra un modo per fare l'occhiolino a quella parte della Francia che ricorda ancora con nostalgia i tempi andati.

Le Pen e Macron, davanti alle telecamere della televisione nazionale e quindi dell'intero Paese, hanno affrontato una grande sfida mediatica, dovendo (la prima più del secondo, ovviamente) mandare dei messaggi rassicuranti ad un popolo che vive un momento di incertezza davanti ad eventi che accadono lontano dalla Francia e che poi riverberano sulla sua gente i loro effetti.
Marina Le Pen, memore di quel che accadde nel dibattito del 2017, è sembrata abbassare i toni, smussare le puntute prese di posizione che, cinque anni fa, provocarono smarrimento in quella classe media alla quale lei si rivolgeva nella speranza di allargare la sua base elettorale.

Ma il problema della candidata del Rassemblement national - come di tutti i partiti d'opposizione al mondo - è che le critiche sono facili a farsi quando si sta fuori dal Palazzo, ma quando si tratta di proporre argomenti e progettualità arriva il difficile. E in questo Marine Le Pen ha mostrato la sua debolezza, non come politica, ma come candidata alternativa ad un presidente uscente che non è stato deleterio - agli occhi dell'opinione pubblica - come Francois Hollande, anche se non ha mai saputo conquistare le folle.
Il dibattito televisivo, insomma, ha confermato quel che già si sapeva, senza colpi di scena, con il giusto corollario di stilettate e accuse.

Niente di travolgente, comunque, anche se molti argomenti che pure potevano essere toccati e approfonditi sono rimasti sospesi nello studio. Come il finanziamento ''Made in Russia'' arrivato al partito della Le Pen qualche anno fa, come le non sempre chiare e nette prese di distanza sulle recrudescenze della destra estrema francese, xenofoba e antisemita, che Marine Le Pen ripete da tempo, ma che per qualcuno sono solo di facciata. Una preoccupazione molto avvertita dalle comunità israelite francesi, che negli ultimi anni rinnovano l'allarme sugli attacchi che subiscono e che hanno spinto molti a lasciare il Paese, non sentendosi più al sicuro.

Ma questa è politica, mentre il dibattito, per definizione, è quasi uno spettacolo, con i francesi a decidere chi dei due candidati fosse il peggiore.
Forse la definizione migliore l'hanno data Claire Gatinois e Ivanne Trippenbach, le giornaliste che hanno seguito il dibattito per Le Monde, dicendo che ''come un boa constrictor, Emmanuel Macron è sembrato stringere gradualmente la sua avversaria sino a farla soffocare''.
Ora comincia il rush finale, con Marine Le Pen che deve recuperare uno svantaggio, tra tanti problemi e un solo, grande interrogativo: se dovesse uscire nuovamente sconfitta, potrebbe essere ancora lei la vessillifera della Destra francese?
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