La crisi del turismo (ma anche l'Europa) affonda l'accordo tra Fincantieri e Stx

- di: Redazione
 
Più che una spiegazione, sembra un epitaffio quello che il Ministero dello sviluppo economico è stato costretto a scrivere per fornire una spiegazione logica alla trattativa che si sarebbe dovuta concludere con l'acquisto da parte di Fincantieri dei Chantiers de l'Atlantique, (nuova denominazione rispetto all'originaria Stx) con reciproca soddisfazione delle due parti.
Poche parole per dare forma ufficiale ad una "fine" infausta alla quale, quando il progetto aveva cominciato a prendere corpo, nessuno pensava, ritenendo che Fincantieri avrebbe potuto sfruttare, al massimo delle sue capacità, un'occasione importante ma comunque non irripetibile visto il prestigio del gruppo italiano.

"Le incertezze senza precedenti sul mercato turistico non consentono di procedere alla prevista operazione tra Chantiers de l'Atlantique e Fincantieri", ha scritto il Mise, spiegando la causa più evidentemente, ma non potendo dire altro del coté politico, forse troppo complesso da spiegare e che riguarda anche la vetustà delle regole sulla concorrenza che l'Europa ha definito e che oggi sono una palla al piede che qualcuno sa però usare molto meglio dell'Italia.
Sono passati cinque anni dall'accordo che, nelle intenzioni di Roma e Parigi, avrebbe dato il via ad un polo cantieristico di elevato livello (di cui il gruppo italiano sarebbe stato l'elemento trainante), capace di impegnare risorse e quindi maestranze in un settore in cui Fincantieri eccelle e che poteva essere oggetto di una ulteriore espansione di mercato, in considerazione dell'aumento esponenziale del settore crocieristico.

Ma tant'è ed oggi Francia e Italia devono prendere atto che le condizioni favorevoli che, cinque anni fa, avevano spinto all'operazione, pur restando tali, non sono comunque sufficienti a convincere tutti della completa bontà del progetto. E questo anche perché l'Europa, su cui si confida perché funga da volano per le ambizioni di tutti gli Stati (di tutti e non solo di alcuni) che la compongono, non riesce proprio a prendere consapevolezza che alcune delle regole che si è date, come quelle del delicatissimo settore della concorrenza - perché è questo il punto dolente - , sono rimaste un passo, o forse anche due, indietro rispetto all'evoluzione della situazione economica, politica e del mercato del lavoro. Le regole di qualche anno fa oggi restano eguali a sé stesse, che sarebbe una conferma di stabilità in tutti gli altri settori, meno in quello economico dove l'evoluzione è costante e non può essere interpretata a strappi, perché le misure adottate oggi già domani potrebbero non essere utili.



Una inadeguatezza di cui si sono fatti portavoce anche i commissari europei (Margrethe Vestager, alla concorrenza, e Thierry Breton, al mercato interno) che spesso hanno reclamato una revisione dell'attuale quadro normativo.
I cantieri francesi ora si trovano nella delicata situazione di chi aveva a portata di mano una splendida occasione di rilancio ed invece si trova a dovere sperare in un aiuto - cioè l'ultima occasione per sopravvivere - che non può che arrivare da Parigi. E per Parigi intendiamo un governo che la pandemia ha catapultato in una situazione in cui è costretto ad aprire in continuazione i cordoni della borsa per evitare gravi turbolenze sociali, di cui il fenomeno dei gilet gialli potrebbe essere solo una pallida anticipazione.

Questa situazione non sembra nuocere direttamente a Fincantieri, quanto alle sue strategie di medio periodo, in cui i cantieri francesi avrebbero potuto avere un ruolo importante. Chiudendosi la finestra sull'Atlantico, Fincantieri ha altre ipotesi su cui lavorare e qualcuna sembra guardare all'Estremo oriente, dove può presentarsi con la patente di eccellenza conquistata sotto la lunga presidenza di Giuseppe Bono (nella foto), un nome che può essere speso ovunque, sapendo di trovare sempre una grande attenzione negli interlocutori.
E, poi, stiamo parlando di un gruppo - controllato da Cassa Depositi e Prestiti - che, per la sua storia e le sue capacità, resta un caposaldo dell'economia nazionale, oltre ad essere protagonista nella finanza, come attestato dalla sua solida quotazione in Borsa.

Comunque, tra tre giorni scade l'ultima proroga concessa all'antitrust europeo per dare il suo responso all'operazione. Ma l'ultimo atto ufficiale di Bruxelles, la richiesta di ulteriori documenti, era di quelle di poca o nulla utilità perché Fincantieri ha detto semplicemente d'avere fatto tutto.
La storia di questa operazione (pensata, cullata, progettata e poi mandata a picco) è abbastanza nota ed è cominciata nel 2016 quando la gestione di Stx - all'epoca in mano ai sudcoreani (con il 66 per cento del capitale) - fu affidata al tribunale fallimentare di Seul. La procedura fu abbastanza lineare perché la sola a proporsi fu Fincantieri che, un anno dopo, incassò l'ok del governo di Parigi, che comunque si attribuì la possibilità di esercitare un diritto di prelazione da fare eventualmente valere nel giro di pochi mesi.
Ma in politica le cose come si fanno si possono disfare, a seconda di come gira il vento. Quel vento, che aveva intanto portato all'Eliseo Emmanuel Macron (prendendo il posto di Francois Hollande), consigliò al ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, di rimangiarsi l'accordo, annunciando l'intenzione di nazionalizzare i cantieri di Saint-Nazaire, con tanti carissimi saluti a intese, documenti e firme. Nell'ottica francese, si trattava solo di un modo per allentare i termini temporali. Tanto da essere definita una "decisione temporanea, che dà il tempo de negoziare nelle migliori condizioni possibili". Forse Le Maire sa tanto di economia e finanze, e poco di latino. Altrimenti saprebbe benissimo che "pacta servanda sunt".

I successivi accordi tra Macron e Paolo Gentiloni (allora primo ministro italiano) ebbero una conseguenza importante, definendo l'assetto azionario che doveva avere la nuova società: 50 per cento a Fincantieri (per 59,7 milioni di euro), con un 1 per cento concesso dallo Stato francese per un periodo fissato in dieci anni. Sempre che Bruxelles avesse dato luce verde.
Il gruppo italiano spiegò che "in ottemperanza a tale accordo, al closing dell'operazione verranno altresì firmati i patti parasociali tra gli azionisti ed il contratto di prestito a Fincantieri dell'1 per cento del capitale azionario di Stx France i cui termini sono già stati concordati tra le parti".
Ma ecco il colpo di scena, che data gennaio 2019, quando la Commissione europea accoglie l'invito di Francia e Germania a esaminare la proposta di Fincantieri di acquisire i Chantiers de l'Atlantique in base al regolamento sulle concentrazioni. Poi con la pandemia (ed anche le turbolenze politiche in Italia) il dossier si è quasi impantanato, tanto da fare dire al Mise che "nel contesto dell'epidemia e delle sue relative conseguenza sulla ripresa del mercato della cantieristica, la Commissione europea non ha raggiunto una posizione finale sulla transazione".

Tutto cancellato, quindi?
Formalmente no, perché questa potrebbe essere una ipotesi percorribile, le parti (Parigi ed Chantiers de l'Alantique; Roma e Fincantieri) potrebbero cercare un punto da cui fare ripartire la trattativa o, al contrario, accantonarla definitivamente. Ma tutto lascia pensare che il tempo trascorso abbia convinto tutti che questo matrimonio forse è meglio cancellarlo.
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