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Femminicidi in Italia, due casi in 24 ore: una violenza strutturale alimentata dal patriarcato

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Femminicidi in Italia, due casi in 24 ore: una violenza strutturale alimentata dal patriarcato
In meno di 24 ore, due donne sono state uccise in Italia. Martina Carbonaro, 14 anni, è morta ad Afragola per le ferite inferte con una pietra dal 19enne Alessio Tucci. Fernanda Di Nuzzo, maestra d’asilo di 61 anni, è deceduta in ospedale dopo essere stata accoltellata a Grugliasco dal marito Pasquale Piersanti, davanti alla figlia. I due episodi, pur avvenuti in contesti diversi, rientrano in una dinamica ricorrente nella cronaca italiana: quella della violenza maschile contro le donne, in ambito relazionale o familiare, spesso minimizzata e ricondotta a moventi passionali o personali.

Femminicidi in Italia, due casi in 24 ore: una violenza strutturale alimentata dal patriarcato

Il padre di Alessio Tucci, l’autore del femminicidio di Afragola, ha dichiarato alla stampa che il figlio “era un bravo ragazzo, innamorato” e “non era ossessionato da Martina”. Questa narrazione ripropone dinamiche retoriche ormai consolidate che finiscono per spostare il focus dalla responsabilità dell’aggressore alla sua fragilità o alla sua sofferenza emotiva. Dichiarazioni simili, quando rilanciate senza contestualizzazione critica, alimentano l’idea che l’omicidio possa essere l’esito di un sentimento amoroso non corrisposto, anziché un atto di dominio e controllo. La narrazione dell’“amore malato” è una delle forme più persistenti di normalizzazione della violenza di genere.

Le responsabilità del linguaggio e dei media

Secondo il Codice deontologico dei giornalisti italiani, aggiornato nel 2025, è dovere della stampa trattare i casi di violenza di genere con linguaggio appropriato, evitando la spettacolarizzazione e la diffusione di stereotipi sessisti o di interpretazioni che possano minimizzare la gravità dei fatti. Il codice ribadisce che è inaccettabile descrivere gli autori di femminicidio come “bravi ragazzi”, “accecati dalla gelosia” o “prede della disperazione amorosa”. Tali formule linguistico-narrative rafforzano l’idea che la violenza maschile sia un’eccezione emotiva, non una manifestazione sistemica del potere patriarcale.

La risposta politica e istituzionale

Dopo l’ennesima ondata di femminicidi, la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha chiesto l’apertura di un tavolo comune tra maggioranza e opposizione. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha risposto positivamente all’appello, riconoscendo che è necessario “fare di più tutti insieme” e affermando che serve “una svolta culturale”. Resta da vedere se alle dichiarazioni seguiranno politiche pubbliche incisive: maggiori risorse ai centri antiviolenza, educazione affettiva nelle scuole, formazione specifica per magistrati e forze dell’ordine, misure di prevenzione efficaci.

Non un’emergenza, ma una questione strutturale

I dati ufficiali confermano che in Italia viene uccisa una donna ogni tre giorni. Nella maggior parte dei casi, l’autore è un partner o un ex. Le vittime spesso avevano segnalato situazioni di violenza o controllo, senza che venissero attivati strumenti efficaci di protezione. Parlare di “emergenza” è fuorviante: si tratta di una realtà radicata in una cultura patriarcale che assegna ruoli, poteri e diritti in modo diseguale. La violenza contro le donne non è un problema individuale o psicologico, ma sociale, giuridico e culturale.
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