La riforma sull'accesso alle facoltà di Medicina rappresenta una vera svolta per l'Italia e affronta un problema sistemico: la crescente carenza di personale medico e sanitario. Il governo, guidato dalla ministra dell’Università Anna Maria Bernini (Forza Italia), ha deciso di abolire il tradizionale test d’ingresso, sostituendolo con un nuovo sistema di selezione basato sulle prestazioni accademiche dei primi mesi di studio. Questa decisione è vista come una necessità urgente a causa della situazione critica in cui si trova il settore sanitario italiano.
Il contesto sanitario italiano
Il Paese soffre di una grave carenza di personale medico e sanitario, con numeri allarmanti: mancano circa 11mila medici ospedalieri, 3mila medici di base e 70mila infermieri. Le previsioni sono preoccupanti, poiché molti medici si avvicinano all’età pensionabile, e senza un adeguato ricambio generazionale, il sistema rischia di collassare. Questa crisi del personale, già aggravata durante la pandemia di Covid-19, ha reso evidente l'importanza di una pianificazione a lungo termine.
Addio al test d’ingresso
La novità più significativa introdotta dalla riforma riguarda l’eliminazione del tradizionale test d’ingresso per le facoltà di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria, un passaggio che potrebbe entrare in vigore già dall’anno accademico 2025-2026. In passato, migliaia di studenti si trovavano a gareggiare per un numero limitato di posti, affrontando una selezione estremamente competitiva attraverso un "concorsone" con domande spesso criticate per la loro scarsa attinenza con il futuro percorso di studi.
Questa prova è stata considerata da molti come un ostacolo "schizofrenico", con domande che non sempre riflettevano le reali competenze richieste per intraprendere una carriera in campo medico. Francesco Zaffini, presidente della commissione Sanità del Senato, ha dichiarato che il test rappresentava una forma di valutazione estemporanea basata su risposte a crocette, che spesso non premiava il merito.
La riforma, invece, introduce un nuovo modello che sostituisce il test con un percorso di valutazione più progressivo: gli studenti, una volta iscritti, affronteranno nei primi mesi di corso alcuni esami caratterizzanti (il numero esatto sarà definito dal ministero). I risultati di questi esami creeranno una graduatoria nazionale, che determinerà chi potrà proseguire il percorso accademico dal secondo semestre. In questo modo, la selezione sarà basata su performance accademiche concrete, e non su una singola prova d’ingresso.
Più posti disponibili
Un altro aspetto centrale della riforma riguarda l'ampliamento del numero di posti disponibili. Anche se il numero chiuso non viene del tutto abolito, poiché le università italiane continuano a limitare i posti in base alle capacità organizzative e alle esigenze del sistema sanitario (in accordo con le Regioni), il contingente verrà ampliato. Si prevede un aumento di circa 5mila unità, portando il totale dei posti disponibili a circa 25mila.
Nuovo sistema di selezione e flessibilità
Il nuovo sistema introduce maggiore flessibilità per gli studenti. Chi non dovesse riuscire a superare la selezione per accedere al secondo semestre di Medicina potrà comunque sfruttare i crediti acquisiti durante i primi mesi di studio per iscriversi ad altri corsi di laurea, anche a semestre già iniziato. In questo modo, non si rischia di perdere tempo prezioso, un aspetto particolarmente importante in un contesto competitivo come quello del mercato del lavoro.
La reazione politica
«Un passo storico per garantire a tutti i ragazzi l’opportunità di diventare professionisti in ambito medico», commenta la titolare dell’Università, l’azzurra Anna Maria Bernini. La novità, rivendica la ministra, aiuterà a coprire il «fabbisogno di futuri nuovi medici» pari a «30 mila professionisti nei prossimi sette anni». Per il vicepremier Antonio Tajani, «grazie a Forza Italia e al lavoro del ministro Bernini, si aprono le porte della facoltà di Medicina». Per Matteo Salvini, invece, «è un’altra promessa mantenuta della Lega». I senatori di Pd, M5s e Avs della commissione Istruzione, favorevoli al superamento del test d’ingresso, mettono in evidenza delle «criticità». Il disegno di legge, sostengono, «rischia di creare l’illusione del superamento del numero chiuso senza attuarlo davvero». Inoltre, il «provvedimento prevede che gli studenti possano proseguire il percorso sulla base di una graduatoria nazionale, che non è chiaro come si comporrà», sottolinea la dem Cecilia D’Elia. «La maggioranza – aggiunge Mariolina Castellone del M5s – ha bocciato un emendamento delle opposizioni che chiedeva di escludere le università telematiche».