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Sharm el-Sheikh, l’Italia si candida a regista della tregua

- di: Marta Giannoni
 
Sharm el-Sheikh, l’Italia si candida a regista della tregua
Sharm el-Sheikh, l’Italia si candida a regista della tregua
Tra tregua e scambio di ostaggi, Roma spinge per una forza di stabilizzazione e per riaprire Rafah sotto monitoraggio Ue. Meloni: “Il riconoscimento della Palestina è più vicino se gli impegni saranno rispettati”. Ma restano nodi su governance, tempi e garanzie.

La giornata a Sharm el-Sheikh si chiude con un messaggio netto: l’Italia vuole stare nella stanza dei bottoni della fase due della crisi di Gaza. La premier Giorgia Meloni, dopo i lavori del vertice sul Mar Rosso, fa capire che Roma è pronta a contribuire alla sicurezza sul terreno, alla ricostruzione e alla nuova amministrazione della Striscia, a partire da una partecipazione a una forza di stabilizzazione se una risoluzione del Consiglio di Sicurezza la renderà operativa. “Se accadrà, lo chiederò al Parlamento: mi aspetto un voto larghissimo”, afferma, legando l’impegno italiano alla cornice Onu e alla tenuta della tregua.

Dalla foto di famiglia alla regia diplomatica

Nella foto di famiglia Meloni è l’unica donna tra oltre trenta leader. Ma il centro della scena arriva nel finale, quando il presidente statunitense Donald Trump la cita due volte: “Una leader molto forte”, e poi, con la consueta spavalderia, “giovane, bella, incredibile”. La premier sorride e riporta il baricentro sulla sostanza: “Questa è una prima tappa di un percorso lungo verso una pace giusta e duratura, che per l’Italia si fonda su due Stati. Nel perimetro del summit si saluta lo scambio di ostaggi e detenuti e la prospettiva di aiuti umanitari su larga scala, benché la road map resti da riempire di contenuti verificabili.

Carabinieri, da Gerico a Rafah

Qui l’Italia gioca una carta storica: la cooperazione dei Carabinieri con le forze palestinesi. Dalle missioni Miadit a Gerico alla presenza a Rafah, Roma porta competenze di polizia e controllo di frontiera. Il ministero della Difesa ha confermato che il varco di Rafah riapre sotto monitoraggio europeo (Eubam) con il coinvolgimento di unità italiane. L’obiettivo è filtrare persone e merci, garantire flussi umanitari e ridurre il contrabbando. “Possiamo inviare Carabinieri e, se necessario, altre unità: conosciamo territorio e procedure”, è il messaggio politico.

Riconoscimento della Palestina: tempi e condizioni

La premier alza l’asticella: “Con il piano di pace, il riconoscimento dello Stato di Palestina è più vicino, purché le condizioni poste anche dal Parlamento siano rispettate”. Roma lega l’atto a impegni verificabili: sicurezza per Israele, fine degli attacchi, riforme e amministrazione credibile a Gaza e in Cisgiordania. È una leva per tenere allineati partner europei e arabi evitando corse in avanti simboliche.

Ricostruzione e ruolo del privato

Nella cassetta degli attrezzi italiana c’è un paper di iniziative: dal programma “Food for Gaza” agli strumenti della Cooperazione, dalle evacuazioni sanitarie all’ipotesi di ospedali da campo con Protezione Civile e Croce Rossa, fino al capitolo ricostruzione dove il settore privato italiano è chiamato a investire. La sfida è progettare infrastrutture resilienti e trasparenti, evitando il circolo vizioso di fondi dispersi e cantieri infiniti.

Le incognite della governance di Gaza

Il Board di transizione che dovrà amministrare Gaza è la casella più scivolosa. Chi siederà al tavolo? Quali poteri esecutivi avrà? Quali garanzie di sicurezza per Israele e quali tutele civili per i palestinesi? Meloni non rincorre poltrone: “Non è il tempo della prima fila, ma del lavoro”. Senza una catena di comando chiara, però, la missione rischia di restare lettera morta. Roma spinge per una architettura multilaterale con presenze arabe, Ue e Onu, evitando sia il commissariamento sia il vuoto di potere.

Perché l’Italia può incidere (e dove rischia)

Punti di forza: reputazione di operatore imparziale nella formazione di polizie civili, credibilità tecnica sui confini, rete Ue e legami nel Mediterraneo allargato. Rischi: se la tregua salta o se le parti contestano la missione, Rafah può richiudersi in ore. Sul fronte politico, Roma dovrà allineare la propria linea alla strategia Ue, evitando ambiguità.

Cosa guardare adesso

  • Riapertura stabile di Rafah con flussi umanitari costanti.
  • Consolidamento dello scambio ostaggi-detenuti e cessazione delle ostilità.
  • Nascita del Board con mandato operativo e calendario per elezioni e riforme
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