Energia: il mercato boccia il piano industriale di Eni, che minaccia di denunciare Greenpeace

- di: Redazione
 
Nella foto, Claudio Descalzi, Amministratore Delegato di Eni

Nel mondo della finanza credere nelle congiunzione astrali non è permesso, basandosi, essenzialmente, su conoscenza e intuizioni. Eppure qualcosa ci deve pure essere perché, ad esempio, accade sovente che Eni, mentre cerca di mostrare il meglio di sé, incappi in un paio di ''cosucce'' poco positive.
Come può essere, dal punto di vista della finanza, la bocciatura degli investitori dopo la presentazione del piano quadriennale e, da quello dell'immagine, la denuncia per diffamazione minacciata nei confronti dell'associazione ambientalista Greenpeace.

Energia: il mercato boccia il piano industriale di Eni, che minaccia di denunciare Greenpeace

Nell'imbarazzo di scegliere da quale delle due cose (forte calo del titolo e denuncia) cominciare, lo facciamo parlando della scoppola che Eni ha avuto in Borsa che, dopo avere appreso il contenuto del piano quadriennale, si è tradotta in un secco -2,48 per cento. Né forse ci si poteva aspettare niente di diverso dal momento che il piano porta con sé la previsione di tagli agli investimenti per un ammontare di 27 miliardi (-20%) e di un aumento del torno per gli azionisti che vede un dividendo a un euro (+6%) e buyback da 11 miliardi nel 2024.

Il calo di oggi del titolo è un segnale inequivocabile sul fatto che il mercato, sempre molto attento a interpretare le tendenze, forse si aspettava ''numeri'' e prospettive diversi.
Comunque oggi a fare rumore non sono stati soli i risultati economici e finanziari di Eni relativi al 2023 e le strategie per il futuro, presentati in occasione del Capital Market Day di Eni, quanto il fatto che, contestualmente, è stato reso noto da Greenpeace Italia che il gruppo energetico ha minacciato una causa per diffamazione, di cui ha dato notizia il gruppo ambientalista. Una scelta, quella di minacciare di portare gli ''avversari'' in un'aula di giustizia che in Italia sta diventando drammaticamente, al netto delle ragioni dei denunzianti, che evidentemente scelgono la via giudiziaria piuttosto che il confronto.
Per Greenpeace Italia si tratta di un ''ennesimo atto di intimidazione da parte del colosso italiano dell’oil&gas che, pochi giorni fa, ha comunicato all’organizzazione ambientalista di avere richiesto un nuovo iter di mediazione che potrebbe precedere una seconda causa per diffamazione''.

Stando ad un comunicato di Greenpeace, Eni ''ritiene lesivi per la sua reputazione i contenuti del rapporto 'Emissioni di oggi, morti di domani. Come le principali compagnie petrolifere e del gas europee mettono a rischio le nostre vite' e la raccolta di pareri di esperti in legge 'Omicidio climatico: le aziende fossili scamperanno all’accusa?''.
I due rapporti sono stati pubblicati dal ramo olandese dell'associazione e le cui sintesi sono state messe sul sito di Greenpeace Italia e diffuse sui suoi canali social.
Nello studio "Emissioni di oggi, morti di domani" si sostiene, sulla base di rilevazioni scientifiche, che ''le emissioni di gas serra autodichiarate nel 2022 delle nove principali compagnie petrolifere e del gas europee Shell, TotalEnergies, BP, Equinor, Eni, Repsol, OMV, Orlen e Wintershall Dea potrebbero causare collettivamente un totale stimato di 360 mila morti premature correlate alle variazioni di temperatura, ovvero causate da calore estremo o freddo intenso, entro la fine del secolo. Secondo il rapporto di Greenpeace Paesi Bassi, le emissioni di gas serra di Eni nel 2022 potrebbero causare un totale stimato di 27 mila morti premature entro il 2100''.

Ora, fermo restando che ciascuno, davanti ad affermazioni del genere, ha il diritto di difendersi come crede, Eni ha forse scelto la strada ''muscolare'' minacciando una querela per diffamazione che, lo ricordiamo, è un reato che riguarda ''chiunque comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione''. Le pene possono essere molto pesanti, fino a tre anni di reclusione se consumato a mezzo stampa.
Come minaccia, niente male.
A sua difesa, Greenpeace Paesi Bassi sostiene di avere dato a Eni ''la possibilità di diritto di replica''. Possibilità che il gruppo energetico ha ritenuto, sempre secondo l'organizzazione, di non esercitare, ''limitandosi'' a minacciare ''nuove iniziative legali''.

Una cosa, comunque, Greenpeace Italia ci tiene a sottolineare, evidenziando la linea di comportamento che Eni ha voluto adottare e che si differenzia da quelle delle altre compagnie dell’oil&gas europee chiamate in causa nel rapporto, ma che, al momento, non hanno ritenuto di reagire in sede giudiziaria.
Quanto deciso da Eni sembra rientrare in una opportunità concessa dal codice penale, ovvero di ricorrere alla tutela giudiziaria, ma usandola come strumento di pressione al fine di fare recedere i probabili denunciati dalle proprie posizioni o dalle tesi che si sostengono.

Per Greenpeace la minaccia di denuncia per diffamazione altro non è che ''l’ennesimo atto intimidatorio da parte di Eni nei nostri confronti; sembra che minacciare cause per diffamazione sia la nuova disciplina sportiva in cui l'azienda ha deciso di eccellere. Ma non ci facciamo intimidire'', ha detto Chiara Campione, a nome dell'associazione, rendendo noto che la possibile denuncia per diffamazione ha un precedente poco rassicurante in un ''analogo procedimento avviato da Eni verso Greenpeace Italia solo pochi mesi fa''.
Quindi non un atto isolato, ma parte di una strategia, come, secondo Greenpeace, confermato da una ''grave forma di intimidazione nei confronti di una trasmissione RAI che avrebbe voluto parlare della causa climatica che Greenpeace Italia e ReCommon hanno promosso nei suoi confronti a maggio 2023. Insomma, il segnale è chiaro: Eni non vuole ostacoli sul suo cammino e cerca di zittire con il suo enorme potere chiunque osi denunciare le responsabilità dell’azienda per la crisi climatica''.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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