Elezioni 2022 - Lega e Forza Italia: il lento crepuscolo degli dei

- di: Diego Minuti
 
Se una elezione si conclude sancendo che il partito che guidi ha perso tre elettori su quattro (rispetto al 2019), dovresti prenderne atto e, come si dice, assumere le conseguenti determinazioni. Vale per tutti, a meno che non ci si chiami Matteo Salvini, che ora, però, sarà costretto a confrontarsi con un partito che, in alcune importanti componenti, non gli può perdonare scelte dissennate, capaci di erodere un consenso politico che era per il movimento e che lui, invece, ha considerato solo personale.
Se l'ufficialità dovesse confermare che la Lega è andata sotto il 10 per cento o addirittura sotto il 9 e che è ormai il quarto partito (dopo Fratelli d'Italia, Pd e Cinque Stelle, ma tallonato da Forza Italia e forse anche da Azione) Salvini non potrà fare finta che nulla sia accaduto, perché i nuovi rapporti di forza all'interno della coalizione di centro-destra lo relegano ad un ruolo secondario, da supporting cast. Un'etichetta sicuramente indigesta per chi, come lui, ha condotto una campagna elettorale dai toni trionfalistici, ergendosi a solo difensore del popolo delle bollette e non capendo che lo sfrenato ricorso agli stereotipi di un tempo non avrebbe avuto lo stesso effetto di pochi anni fa.

Le Elezioni 2022 certificano il calo della Lega

Salvini oggi ha ancora un seguito elettorale, ma che è ben poca cosa rispetto a quando, con il vento in poppa, decise che a lui il Viminale ormai stava stretto e che poteva quindi, tra mojitos e cubiste, reclamare ben altro. Una politica di sole parole (come d'altra parte fanno tutti), ma che non ha saputo disinnescare le trappole che lui stesso aveva posto lungo il suo cammino. L'innamoramento quasi carnale per Vladimir Putin gli è costato tantissimo e la sua presa di coscienza delle nefandezze che, sull'altare nello neozarismo, si stanno facendo in Ucraina è apparsa oltre che tardiva anche un tantino strumentale, perché ormai non si poteva fare altrimenti.
La Lega, oltre che consensi, sembra avere perso anche la capacità di un tempo di comprendere e farsi interprete del sentimento di una classe economica (i piccoli imprenditori, vero nerbo del Paese) , ancorata sul territorio (soprattutto nel Nord), che ha poco capito il progetto di partito nazionale, tanto caro a Salvini, segnando progressivamente un distacco che, prima ancora che politico, è stato ideologico.

Il popolo di Pontida, che pure si era espanso a dismisura pochi anni fa (quando il mezzo di locomozione preferito dal Capitano era la ruspa), si è progressivamente ritratto, non capendo le scelte di Salvini che credeva di avere plasmato il partito a sua immagine, sbagliando clamorosamente le previsioni. Le stesse linee seguite nella composizione delle liste, relegando in un angolo esponenti del partito che lui non riteneva più affidabili o non valorizzando il ''partito dei governatori'', gli hanno scavato intorno un fossato da quale sarà difficile, anche se non impossibile, uscire.
L'isolamento reale di Salvini è cosa ben diversa dal popolo tumultuoso ed acclamante delle adunate leghiste, belle da vedere e sentire, ma che poi poco portano in termini di nuovi voti, trattandosi dello zoccolo storico di sempre, che però è andato lentamente restringendosi. L'elettorato non leghista, ma solo simpatizzante, sembra quindi avere abbandonato Salvini preferendo approdare tra le braccia di Giorgia Meloni, forse più rassicurante perché, pur dicendo le stesse cose, ha fatto meno sfoggio di muscoli e rosari.

Se Giorgia Meloni solo in Spagna ha usato il grimaldello della religione, Salvini ne ha fatto sfoggio costante.
Se perché credente convinto, buon per lui.
Ma il farsi ritrarre davanti, durante le interviste televisive, ad una parete-altarino è stato qualcosa che ha colpito, ma solo per l'ostentazione dei simboli cristiani. Anche la scelta di incalzare il governo (di oggi, ma anche quello di domani) su temi come lo scostamento di bilancio per aiutare le famiglie italiane non ha pagato in termini di voto. Certo, un argomento importante, ma non tanto da convincere gli elettori a votare Lega.
Nel centro-destra ormai la terza gamba è di Forza Italia che, in qualche modo, pur perdendo consensi (in modo brutale, rispetto alle precedenti tornate elettorali), ha almeno contento in meno di un punto percentuale il distacco dalla Lega. Ma, con voti sotto il nove/dieci per cento, Lega e Forza Italia sembrano Atene e Sparta, tra lacrime e ''non risate''.

La parabola di Forza Italia è la stessa del suo demiurgo. Silvio Berlusconi è probabilmente al passo di addio, almeno delle campagne elettorali, perché questa che si è appena conclusa ha restituito alla gente l'immagine di quel che l'ex Cavaliere è, non di quello che, ostinatamente, egli vuole mostrare. Un uomo di 86 anni, che ha cercato di riproporsi come se il tempo fosse passato solo per gli altri, utilizzando gli stereotipi di sempre: affabulatore seriale, instancabile promettitore di miracoli, battutista ripetitivo (le barzellette restano quelle di sempre), prototipo di un machismo che forse faceva presa trent'anni fa e che ora cerca di rinverdire andando in giro con la giovanissima compagna.

Il Berlusconi 2022 ha poi aggiunto altre frecce al suo arco, svelando delle ''verità'' che hanno fatto sorridere molti. Come quando ha detto che a dodici anni correva i cento metri in undici secondi netti (all'epoca il record italiano era di 10.6) o che, sempre dodicenne, raggiunse Roma da Milano in treno, riuscendo a farsi ricevere da De Gasperi che forse, visti i tempi, qualcosa di più importante ce l'aveva pure da fare.
Parole su parole, che si aggiungono ai messaggi affidati ai social che sono apparsi fuori fuoco, una ricerca del consenso affidata a battutine ed ammiccamenti.
La verità, al di là del numero e della composizione della pattuglia degli azzurri in Parlamento, è che Forza Italia è un partito ''vecchio'', non solo nel modo di pensare e dire le cose, ma anche per chi lo rappresenta, con i giovani sempre i posizione di retroguardia. Ma ''vecchio'' non significa non importante, perché Forza Italia nella coalizione è l'elemento dialogante con l'Europa che conta. E questo Berlusconi lo sa benissimo.
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