Le Borse americane chiudono in forte rialzo grazie alla corsa dei titoli tecnologici e alle aspettative di un nuovo taglio dei tassi a dicembre. L’Europa aggancia la scia positiva, mentre il dollaro resta vicino ai massimi recenti e petrolio e oro oscillano tra la prospettiva di una possibile pace in Ucraina e i dubbi sulla crescita globale.
La settimana di Thanksgiving si apre con un colpo di reni dei mercati azionari globali. A Wall Street la seduta di lunedì 24 novembre 2025 si chiude con tutti i principali indici in deciso progresso: il Dow Jones sale intorno a 46.450 punti (+0,44%), lo S&P 500 si porta a circa 6.705 punti (+1,55%) e il Nasdaq Composite vola a quota 22.872 punti (+2,69%), trainato dai colossi dell’intelligenza artificiale e da quella che molti gestori descrivono come una vera e propria “caccia al rimbalzo” dopo le correzioni di novembre.
Dietro il rally c’è un mix potente: da un lato l’idea che la Federal Reserve possa mettere a segno a dicembre il terzo taglio dei tassi dell’anno, dall’altro il ritorno di entusiasmo sui titoli più esposti alla rivoluzione dell’AI, che continuano a polarizzare i flussi di capitale globali. Sotto la superficie, però, restano aperte le grandi incognite: inflazione non ancora domata, governo federale reduce da una lunga paralisi amministrativa, incertezze sul quadro politico e sul commercio internazionale.
La riscossa di Wall Street parte dalla tecnologia
La seduta americana nasce su basi già favorevoli. Le trimestrali delle big tech, pur con qualche delusione selettiva, hanno ribadito che l’ecosistema dell’intelligenza artificiale resta la spina dorsale della Borsa USA. I titoli del cosiddetto “supergruppo” tecnologico mettono a segno rialzi ben superiori alla media dell’indice e trascinano l’intero comparto.
A rafforzare il clima contribuiscono i dati macroeconomici diffusi in ritardo dopo il recente shutdown federale: i numeri sul lavoro mostrano primi segnali di raffreddamento del mercato occupazionale, mentre alcuni indicatori di inflazione continuano a indicare prezzi elevati ma meno esplosivi rispetto ai mesi precedenti. Per gli operatori significa una cosa sola: crescono le probabilità che la Fed possa tagliare ancora i tassi senza perdere completamente il controllo sulla dinamica dei prezzi.
Secondo i future sui Fed funds, le scommesse su un nuovo intervento espansivo nella riunione di dicembre oscillano ormai fra il 70 e l’80 per cento, con gli investitori che hanno rapidamente raddoppiato le probabilità di riduzione del costo del denaro rispetto alla settimana precedente. Non stupisce, quindi, che in molti parlino di una Borsa americana sostenuta da un raro allineamento tra narrativa sull’AI e speranza di liquidità più abbondante.
Un gestore interpellato dai desk internazionali sintetizza così la sensazione prevalente: “Gli investitori stanno finalmente vedendo una via d’uscita dall’alta inflazione, senza rinunciare del tutto alla crescita trainata dalla tecnologia”, osserva, sottolineando come il flusso di ordini stia premiando i titoli più sensibili sia ai tassi sia al ciclo dell’innovazione.
Europa agganciata alle speranze di taglio Fed
Il rimbalzo americano non resta confinato a New York. Nella stessa giornata, le principali Borse europee chiudono in progresso, premiando soprattutto i titoli tecnologici e i gruppi più esposti alla domanda statunitense. Il paniere Stoxx 600 archivia la seduta in rialzo di circa 0,3 per cento, recuperando parte delle perdite accumulate nella precedente settimana, la peggiore da fine luglio.
Tra i listini nazionali spiccano i guadagni di Francoforte e Parigi, con il Dax che gravita attorno a 23.240 punti e il Cac 40 vicino a 7.960 punti. Anche Londra, con il Ftse 100 in area 9.535 punti, beneficia del miglioramento del sentiment globale, pur rimanendo condizionata dall’attesa per il bilancio di fine anno del governo britannico.
A fare da sfondo c’è un elemento geopolitico non trascurabile: il lavoro diplomatico su una possibile intesa di pace in Ucraina. Le notizie di un intensificarsi dei contatti fra Washington e Kiev su una nuova bozza di piano negoziale, con scadenze ravvicinate, si intrecciano con il tema delle sanzioni energetiche contro Mosca. I mercati europei, fortemente esposti al prezzo del gas e del petrolio, osservano con attenzione: un accordo più avanzato potrebbe ridurre il “premio di rischio” incorporato da mesi nelle quotazioni dei titoli difensivi e dell’energia.
Non a caso i colossi del settore militare, che quest’anno hanno sostenuto buona parte della sovra-performance del listino europeo, tirano il fiato, mentre guadagnano terreno i gruppi farmaceutici e alcune storie industriali che tornano al centro dei portafogli con orizzonte di medio periodo.
Un dollaro vicino ai massimi mette pressione sull’oro
Se azioni e obbligazioni respirano, la valuta americana continua a rappresentare l’altra metà del copione. Il cambio euro/dollaro resta ancorato all’area di 1,15, il livello più debole per la moneta unica da inizio agosto. Il biglietto verde mantiene così buona parte dei guadagni messi a segno nelle ultime settimane, dopo che la Fed ha raffreddato le aspettative su una lunga serie di tagli consecutivi e ha ribadito di voler tenere alta la guardia sull’inflazione.
Il movimento non riguarda solo l’euro. Il dollaro si conferma forte anche contro franco svizzero e yen, con rapporti di cambio che segnalano ancora un divario molto ampio nei tassi reali tra Stati Uniti ed economia giapponese. Per gli investitori europei significa che coprirsi dal rischio cambio resta una scelta quasi obbligata quando si va a caccia di rendimenti sugli asset denominati in dollari.
La forza della valuta statunitense pesa direttamente sulle materie prime quotate in dollari, in particolare sui metalli preziosi. L’oro spot, dopo la corsa degli ultimi mesi, oscilla attorno a 4.140 dollari l’oncia, leggermente sotto i massimi recenti ma comunque su livelli storicamente elevatissimi. I contratti sul metallo giallo trattati sulle piazze americane si muovono nell’ordine di pochi decimi di punto percentuale, segnale di un mercato in attesa, sospeso fra l’idea di un bene rifugio ancora necessario e la tentazione di prendere profitto.
Come sintetizza un analista dei metalli preziosi, “finché il dollaro rimane robusto e la Fed non chiarisce definitivamente il percorso dei tassi, l’oro faticherà a trovare una direzione netta”. In altre parole, il metallo giallo è stretto fra la protezione offerta contro rischi geopolitici e inflazione e il costo opportunità rappresentato da rendimenti reali ancora positivi sui titoli di Stato USA.
Petrolio sospeso tra pace in Ucraina e scorte abbondanti
Anche il petrolio vive una seduta interlocutoria. Il riferimento americano WTI veleggia intorno ai 58–59 dollari al barile, mentre il Brent resta poco sopra i 62 dollari. I prezzi recuperano leggermente dopo la brusca correzione della settimana precedente, quando il mercato aveva reagito in modo nervoso ai primi segnali di avanzamento dei colloqui sulla guerra in Ucraina e all’ipotesi di una progressiva revisione delle sanzioni su Mosca.
Gli operatori di energia si muovono su un crinale sottile. Da un lato, l’eventualità di una pace negoziata e di restrizioni meno rigide sulle esportazioni di greggio russo alimenta il timore di un’offerta globale più abbondante nei prossimi trimestri. Dall’altro, i tagli produttivi in corso in diversi Paesi esportatori e l’incertezza sulla crescita mondiale impediscono ai prezzi di scivolare troppo in basso.
Il risultato è un mercato “a elastico”, nel quale le quotazioni reagiscono con ampiezza a ogni nuovo titolo di agenzia su guerra, riduzione dei tassi, dati macro e mosse dell’Opec+, senza però trovare una traiettoria chiara. Per i Paesi importatori europei, Italia inclusa, il quadro resta comunque favorevole rispetto ai picchi di crisi energetica degli ultimi anni, ma la volatilità scoraggia decisioni di investimento di lungo periodo in alcuni settori ad alta intensità energetica.
Asia in scia, ma con qualche distinguo
Lo scacchiere globale è completato dall’Asia, dove i principali listini chiudono in area positiva in scia al rimbalzo americano. Il Nikkei di Tokyo si muove vicino a 48.700 punti, mentre l’Hang Seng di Hong Kong recupera terreno portandosi attorno a 25.990 punti. Anche l’India, con il Sensex oltre 84.900 punti, continua a rappresentare uno dei poli più dinamici per gli investitori internazionali.
Sotto la superficie, però, emergono differenze marcate. I mercati più dipendenti dall’export verso gli Stati Uniti guardano con favore alla prospettiva di tassi americani più bassi e a un ciclo del dollaro meno aggressivo, ma devono fare i conti con la fragilità della domanda cinese e con le tensioni commerciali riaccese dalla presidenza Trump, soprattutto sul fronte tecnologico.
Le Borse più legate alla finanza digitale e ai semiconduttori vivono invece un’ennesima fase di euforia selettiva: non mancano i richiami alla prudenza di fronte a valutazioni già estreme e a un contesto regolatorio sempre più imprevedibile, in particolare per le piattaforme e le società di AI generativa.
Che cosa significa tutto questo per i risparmiatori europei
Il quadro che emerge da questa giornata di contrattazioni è quello di un mercato globale ancora fiducioso ma molto dipendente da pochi driver chiave: intelligenza artificiale, scelte della Federal Reserve, destino del dollaro e sviluppi dei negoziati sulla guerra in Ucraina.
Per i risparmiatori europei e italiani in particolare, le implicazioni sono almeno tre. La prima riguarda il posizionamento azionario: agganciarsi al rally americano significa esporsi in modo consistente ai temi tecnologici e all’AI, accettando una volatilità elevata e l’eventualità di correzioni improvvise se il mercato dovesse rimettere in discussione le valutazioni stellari dei grandi gruppi digitali.
La seconda concerne il rischio cambio. Con un euro fermo intorno a 1,15 contro dollaro e prospettive di un differenziale di tassi ancora favorevole agli Stati Uniti, ignorare il tema valutario equivarrebbe a trascurare una componente decisiva del rendimento finale. La scelta fra copertura totale, parziale o assente può fare la differenza nel medio periodo.
La terza riguarda le materie prime. Un oro che resta su livelli record e un petrolio relativamente moderato, ma capace di improvvise impennate, suggeriscono di non considerare più questi asset come semplici “assicurazioni” passive. La loro dinamica è oggi strettamente intrecciata con fattori geopolitici e monetari, dal negoziato su Kiev alla direzione del dollaro, e richiede quindi un approccio più attivo e consapevole nella costruzione del portafoglio.
In sintesi, la giornata che vede Wall Street correre con l’AI e l’Europa agganciarsi al convoglio rialzista offre una fotografia chiara: il ciclo dei mercati resta aperto e ricco di opportunità, ma non perdona chi sottovaluta i rischi di concentrazione, di cambio e di liquidità. Per i piccoli e medi investitori è il momento di alzare il livello di analisi, non di abbassare la guardia.