Siccità: oggi la Sicilia, a chi toccherà domani?

- di: Redazione
 
Il calvario comincia quando ancora l'alba non è arrivata: per chi non ha un serbatoio, magari messo sul tetto di casa o anche nel balcone, inizia l'attesa che dal rubinetto cominci a uscire qualcosa. Non un getto forte e continuo, come sarebbe lecito aspettarsi (siamo o non siamo nel 2024?), anche anche un filo, per riempire vasche da bagno, pentole, taniche. Nella speranza che quanto raccolto, con tanta fatica, concentrata in un paio d'ore, basti per arrivare al giorno dopo.
È questa la quotidianità che si vive a Messina, come in molte altre parti della Sicilia. dove la penuria d'acqua è compagna da decenni, ma di cui solo ora si parla, perché il tema dominante non è quello di migliaia di persone ostaggio di questa ingiuriosa carenza, ma che oggi lo si addebiti alla siccità.

Siccità: oggi la Sicilia, a chi toccherà domani?

Che è un problema serio, certo, ma che si è sovrapposto ad una atavica piaga che in Sicilia si vive in molte aree dove l'obsolescenza degli acquedotti è stato un problema sempre sottovalutato.
Quasi che non fosse una cambiale che, prima o poi, si sarebbe dovuta pagare.
Ma si incorrerebbe in un errore marchiano se si mischiassero i due problemi, pensando alla siccità come la causa della carenza di acqua, perché la seconda in Sicilia è talmente antica da sembrare scontata, meravigliandosi magari quando i rubinetti ''funzionino'' oltre le due-tre ore canoniche.

In passato ci sono stati anche periodi peggiori, quando, magari in uno stabile con più appartamenti, per un mistero delle leggi dell'idraulica, a solo uno arrivava acqua, mettendo in moto una catena di solidarietà, con gli altri condomini a fare la fila, come pompieri dei primi dell'800, riempiendo e svuotando, riempiendo e svuotando.
E, con l'apparire delle prime autoclavi, se finiva la sofferenza di uno, aumentava quelli degli altri, ai quali la pompa sottraeva l'acqua dalle tubature comuni.
Oggi la situazione non è più così, ma è sconfortante apprendere che, sempre restando a Messina, a dare ristoro e, in qualche modo conforto, sono le autobotti che percorrono incessantemente le strade dei quartieri per rispondere a disperate richieste di aiuto.

Le amministrazioni locali fanno il possibile, ma è lo stato generale del sistema acquedottistico dell'Isola che suona a condanna di chi, in passato, sebbene consapevole di quanto accadeva e di come sarebbe peggiorata nel tempi, si è limitato a guardare e non ha preso alcuna iniziativa. Ad abbassare il flusso potenziale, quindi, non è solo la bassa capacità dei bacini e dei corsi d'acqua, ma anche le numerose falle nelle condutture, cui si deve aggiungere il pernicioso fenomeno degli allacci abusivi, spesso realizzati per irrigare le campagne, con un danno enorme non solo in termini economici, quanto sociali.

Senza volere fare grandi discorsi, c'è da chiedersi se i reggitori della cosa pubblica si stanno rendendo conto dei danni incalcolabili che questa situazione causa all'immagine dell'Isola e, di conseguenza, all'industria turistica alla quale le notizie su laghi diventate lande desertiche e acqua con il contagocce non servono affatto. Anzi sono talmente negative che ci vorranno anni, forse anche molte, per riconquistare un'immagine che potrebbe essere irrimediabilmente compromessa. Non lo diciamo solo noi, se n'è accorto anche il New York Times, che ha dedicato un articolo su questa situazione.
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