Disturbi alimentari: emergenza su, fondi giù

- di: Barbara Leone
 
Da tempo si parla di emergenza disturbi del comportamento alimentare. I dati dell’Istituto superiore di sanità ci restituiscono, infatti, un quadro decisamente allarmante: 3 milioni di persone, di cui circa il 95% donne, soffrono di DCA. Tra le forme più diffuse, l’anoressia e la bulimia rappresentano quelli più noti, ma cresce anche il numero di casi di disturbo da alimentazione incontrollata (BED). A preoccupare, anche il tasso di mortalità, che nel caso dell’anoressia è tra i più alti di tutte le patologie psichiatriche, con il 10-15% dei pazienti che non sopravvive a lungo termine. Non solo. Perché se un tempo i sintomi si manifestavano prevalentemente in età adolescenziale, oggi i casi tra i bambini di 9-11 anni sono in preoccupante aumento. Secondo una ricerca realizzata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, si segnalano casi già all’età di 6-7 anni, con un’incidenza maggiore dopo la pandemia. Alcuni tra i dati più recenti, raccolti nell’ambito di un progetto finanziato dal Ministero della Salute, mostrano che nel periodo dal 2019 al 2021, il numero di bambini e ragazzi affetti da un disturbo alimentare è aumentato di quasi il 40%.

Disturbi alimentari: emergenza su, fondi giù

In questo scenario, appare veramente irragionevole la notizia dei fondi tagliati di un terzo nel Lazio. Rispetto al biennio 2023-24, quando sono stati stanziati su scala nazionale oltre 20 milioni (due per il Lazio), per l’intero 2025 e fino a giugno del 2026 i fondi saranno in totale dieci milioni. Di cui solo uno per il Lazio. Ovvero la seconda regione (prima è la Lombardia con il 27% dei casi) con la percentuale più alta (11%) di malati di DCA. Un taglio drastico, che mette a rischio molte attività avviate in passato, soprattutto nelle aree più fragili. Le ASL di Frosinone e Latina, ad esempio, stanno già affrontando difficoltà significative nella gestione dei servizi. Per tamponare l’emergenza, la Regione Lazio ha deciso di intervenire con un piano specifico, che dovrebbe essere approvato entro la fine dell’anno. Il piano parte dall’attuale dotazione, basata sul decreto del 2016, che risulta chiaramente insufficiente per rispondere all’aumento dei casi. Attualmente, la regione può contare su 66 posti in strutture semiresidenziali (centri diurni) e 70 in quelle residenziali, di cui solo 10 pubblici presso l’ospedale Santa Maria della Pietà e i restanti in strutture private accreditate. A livello di day hospital, esistono solo quattro posti all’Umberto I, due al San Giovanni e sei al Bambino Gesù.

Il nuovo piano regionale mira a espandere questa rete con un aumento del numero di ambulatori, percorsi di cura dedicati e l’integrazione tra servizi territoriali e ospedalieri. L’obiettivo è coinvolgere strutture di rilievo come il Policlinico Tor Vergata, il Sant’Andrea e l’Umberto I. Tra le priorità individuate, c’è la necessità di ampliare il numero di posti letto nelle strutture residenziali e di aprire centri diurni in ogni ASL della regione. Questi centri sono essenziali per la riabilitazione e l’assistenza durante i pasti, momenti critici per chi soffre di disturbi alimentari. La rete ambulatoriale, inoltre, dovrebbe essere potenziata fino a garantire un centro ogni mezzo milione di residenti. Un altro punto cruciale è la necessità di decentralizzare l’offerta di servizi, che attualmente vede Roma al centro di gran parte delle risorse. L’obiettivo è dotare anche le altre province di strutture con équipe multidisciplinari, formate da nutrizionisti, dietologi, psicologi e psichiatri, per evitare alle famiglie di affrontare lunghe liste di attesa nella capitale e spostamenti forzati in altre regioni.

L’emergenza sociale è evidente, e il sistema sanitario non può più permettersi di sottovalutare la gravità del problema. Come affermano gli esperti, una diagnosi precoce e un intervento tempestivo sono essenziali per aumentare le possibilità di guarigione, ma la mancanza di fondi adeguati rischia di rallentare ulteriormente un processo di guarigione già di per sé ad ostacoli. La sfida per il futuro è quindi quella di garantire risorse sufficienti e una rete di assistenza capillare e ben strutturata, in grado di rispondere con efficacia all’aumento dei casi e alla complessità di una malattia (anzi, una serie di malattie) che paralizzano l’anima e la vita di migliaia e migliaia di persone.
Tags: salute
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