È un fronte culturale compatto e trasversale quello che si è mosso in difesa di Francesca Albanese, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi occupati, recentemente colpita da sanzioni decise dal governo degli Stati Uniti. L’iniziativa porta la firma del progetto Tlon, nato dall’impegno civile e filosofico di Andrea Colamedici e Maura Gancitano, e ha raccolto l’adesione di oltre ottanta personalità del panorama artistico e intellettuale italiano. Tra i primi nomi a sottoscrivere l’appello spiccano attori come Pierfrancesco Favino, Valeria Golino, Luca Zingaretti, Stefano Accorsi, Claudio Santamaria e Valerio Mastandrea, ma anche figure autorevoli del pensiero critico come Tomaso Montanari e Lidia Ravera, e voci della scena musicale contemporanea, tra cui Marracash, Francesca Michielin, Cosmo e La Rappresentante di Lista.
L’appello del mondo della cultura per Francesca Albanese: “Il silenzio su Gaza è complicità”
La lettera aperta è una risposta diretta alla decisione annunciata il 9 luglio dal Segretario di Stato americano Marco Rubio, che ha inserito Francesca Albanese tra le personalità sanzionate, accusandola di avere oltrepassato il suo mandato. Ma per i firmatari il significato politico del gesto è chiaro: “un tentativo esplicito di distogliere l’attenzione mondiale dalla catastrofe umanitaria in corso a Gaza”, dove – si legge nel documento – “oltre 60.000 palestinesi hanno perso la vita, più della metà donne e bambini”. L'appello rivolge un messaggio diretto alle più alte cariche dello Stato: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Ministro degli Esteri Antonio Tajani sono chiamati a “difendere una cittadina italiana sanzionata per aver svolto il proprio mandato ONU”.
Dal diritto internazionale all’urgenza politica
Il lavoro di Francesca Albanese, secondo i promotori dell’iniziativa, è stato tanto rigoroso quanto coraggioso. In particolare, il report “From Economy of Occupation to Economy of Genocide”, presentato nell’ambito del suo mandato, ha evidenziato come le sofferenze inflitte al popolo palestinese siano diventate fonte di profitto per un sistema organizzato di interessi economici. Il documento ha identificato 48 multinazionali direttamente coinvolte nella gestione e nel sostegno dell’occupazione. Un’indagine che ha scosso gli equilibri geopolitici, toccando nervi scoperti tra politica e finanza, e che ora costa alla relatrice italiana una sanzione con risvolti potenzialmente lesivi della sua funzione e della libertà d’espressione nel quadro multilaterale.
Il Parlamento chiamato a un gesto di responsabilità
Oltre al richiamo alla protezione diplomatica da parte del governo, la lettera chiede che anche il Parlamento italiano si esprima con una mozione unitaria, ponendo fine al silenzio istituzionale attorno alla vicenda. “Non possiamo permettere che le sanzioni contro chi documenta le violazioni dei diritti umani diventino uno strumento per perpetuare l’impunità”, scrivono i firmatari, ribadendo che “il silenzio su Gaza è complicità”. Le parole finali del documento sono un appello alla memoria e alla responsabilità: “La storia ci giudicherà per quello che avremo fatto o non fatto di fronte a questa tragedia. Scegliamo di stare dalla parte di chi ha il coraggio di documentare la verità, di chi non distoglie lo sguardo, di chi continua a credere che un altro mondo sia possibile”. La chiusa è semplice ma potente: “Per Gaza. Per la verità. Per la giustizia”.