Marah Abu Zuhri, 20 anni, è deceduta all’ospedale Cisanello di Pisa in seguito a una crisi respiratoria e a un arresto cardiaco. Era arrivata in Italia meno di 24 ore prima con un volo C-130 della 46ª Brigata Aerea partito da Eilat, nell’ambito di una missione di evacuazione sanitaria che ha portato in cura nel Paese altri 31 pazienti palestinesi.
Il corpo provato dalla fame, avvolto in una coperta termica, lo sguardo scavato: così la giovane è sbarcata nella notte tra mercoledì 13 e giovedì 14 agosto all’aeroporto militare toscano, accompagnata dalla madre. Le condizioni all’arrivo erano già gravissime, segnate da un profondo deperimento organico dovuto a un periodo prolungato di denutrizione nella Striscia di Gaza.
Cosa è successo nelle ultime ore
Trasferita al Cisanello e ricoverata nell’unità di Ematologia, la ragazza è stata sottoposta agli accertamenti urgenti e a una terapia di supporto. Nella giornata di Ferragosto si è verificata un’improvvisa crisi respiratoria, seguita da un arresto cardiaco che le manovre rianimatorie non hanno potuto ribaltare.
“Esprimiamo profondo cordoglio per la sua morte”, ha fatto sapere l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, precisando che Marah era arrivata con un quadro clinico “molto compromesso e in stato di profondo deperimento organico”.
Una missione sanitaria ampia
Quella che ha condotto in Italia Marah è stata la 14ª evacuazione sanitaria organizzata dal governo dall’inizio del 2024 e, per numero di coinvolti, la più ampia. Negli ultimi mesi il sistema sanitario nazionale ha accolto oltre 180 bambini e circa 400 familiari. Gli altri 30 pazienti atterrati con lei sono stati distribuiti in vari ospedali, con ferite da bombardamento, patologie gravi e malattie che nella Striscia non possono essere trattate.
Le reazioni in toscana
Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha espresso vicinanza ai familiari: “Il nostro personale sanitario sarà sempre in prima fila per garantire il massimo sostegno alla popolazione di Gaza”, ha dichiarato.
Il presidente del Consiglio regionale, Antonio Mazzeo, ha usato parole nette: “Marah non è morta di malattia, ma è stata uccisa dalla fame. A vent’anni si dovrebbe correre incontro ai sogni, ma lei ha dovuto combattere contro l’arma più crudele: la privazione del pane, dell’acqua, del diritto alla vita”. E ha aggiunto: “Non voltiamoci dall’altra parte”.
Accuse e responsabilità
Per Lorenzo Falchi, sindaco di Sesto Fiorentino e membro della segreteria nazionale di Sinistra Italiana, “si tratta di un crimine con responsabilità precise: il governo di Netanyahu, e complicità altrettanto precise, gli Stati Uniti e la comunità internazionale occidentale, incapace di isolare Israele”.
Il segretario di Rifondazione comunista, Maurizio Acerbo, ha commentato: “Ora Marah è un nome, un cognome e un corpo che testimoniano quante menzogne continuino a circolare tra opinionisti e politici: non si abbia timore di usare la parola ‘genocidio’”.
Il contesto umanitario
La vicenda di Marah restituisce il volto più fragile del conflitto: la denutrizione come arma, i corridoi sanitari come unica via di scampo, l’arrivo in Italia come promessa di cura talvolta troppo tardiva. La cronaca di queste ore ricorda la necessità di interventi umanitari rapidi e di un accesso sicuro all’assistenza medica per chi resta intrappolato nelle aree di guerra.