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Credito alle imprese in difficoltà: mafie entrano da porta socchiusa

- di: Bruno Legni
 
Credito alle imprese in difficoltà: mafie entrano da porta socchiusa
Credito alle imprese in difficoltà: la mafie entrano dalla porta socchiusa

Quando il rubinetto del credito si chiude le imprese sane diventano terreno fertile per i soldi sporchi.

(Foto: Fabio Panetta, Governatore di Bankitalia).

Un recente studio condotto dalla Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF) della Banca d’Italia, intitolato “Un prestito che non puoi rifiutare: razionamento del credito e infiltrazione della criminalità organizzata”, pubblicato nell’ottobre 2025, mette in luce una dinamica tanto insidiosa quanto cruciale: quando le banche serrano i cordoni del credito verso imprese che mostrano segnali di vulnerabilità, le organizzazioni mafiose possono agganciarsi offrendo liquidità a condizioni distorte e generare così imprese-zombie a propria disposizione.

Il meccanismo messo a nudo dallo studio UIF

Secondo lo studio, un’azienda che subisce un declassamento del merito creditizio (cioè viene considerata a rischio insolvenza) vede ridursi la disponibilità di credito di oltre il 30 % nell’arco di cinque anni. Nel medesimo arco temporale, la probabilità che quella stessa impresa venga infiltrata dalla criminalità organizzata aumenta di circa il 5 % (e fino al 10 % per il comparto immobiliare).

L’effetto è ancora più marcato nelle imprese di maggiori dimensioni e nei settori considerati più esposti al riciclaggio, come l’edilizia e i servizi immobiliari. Lo studio segnala che imprese già in difficoltà da un lato trovano i rubinetti bancari chiusi, dall’altro possono accogliere flussi alternativi di finanziamento provenienti da capitali illegali che puntano a controllare, infiltrare o sfruttare l’attività economica.

Non solo Sud: Nord coinvolto e imprese vulnerabili a rischio

La ricerca, basata su dati riservati a livello nazionale, evidenzia che la vulnerabilità finanziaria concernente l’accesso al credito non è un’esclusiva delle regioni meridionali: anche province del Nord Italia, specie quelle ad alta concentrazione imprenditoriale, mostrano casi di imprese finite nelle maglie dell’infiltrazione mafiosa. Lo studio cita, ad esempio, imprese lombarde operanti nell’edilizia che hanno beneficiato di capitali della ’Ndrangheta. La correlazione fra crisi aziendale, stretta creditizia e ingresso di capitali illeciti appare evidente.

Perché è un allarme sistemico

Il fenomeno rappresenta una doppia vulnerabilità: da un lato mette a rischio la concorrenza leale fra imprese sane; dall’altro mina la stabilità del sistema finanziario. Le imprese che integrano finanziamenti mafiosi tendono a sopravvivere più a lungo delle altre imprese “in crisi” grazie a capitali alternativi, ma restano effettivamente “zombie”, cioè funzionali a interessi esterni piuttosto che all’innovazione e al rilancio economico.

Quali strumenti per contrastare il fenomeno

Gli autori dello studio indicano che la battaglia non può essere solo repressiva. È necessario intervenire su più fronti:

  • garantire che le imprese sane ma fragili abbiano accesso al credito bancario o a strumenti alternativi di finanziamento;
  • rafforzare gli strumenti di segnalazione e controllo da parte delle autorità competenti per individuare con rapidità casi sospetti di infiltrazione;
  • promuovere politiche attive nei settori più vulnerabili (edilizia, servizi immobiliari) per evitare che la devianza economica trovi terreno fertile.

Da osservazione a proposta: il ruolo delle banche e del Paese

In un contesto economico segnato da inflazione, rallentamento della domanda e crescente costo del capitale, le banche tendono a restringere i crediti verso le imprese percepite come a rischio elevato. Ma è proprio in quei momenti che l’intervento pubblico e la vigilanza bancaria devono farsi più energici per evitare che chiudere le vie legali significhi spalancare quelle illegali. Come recita metaforicamente lo studio: «un prestito che non puoi rifiutare». Un prestito che però, se accettato, diventa spesso trappola. Le imprese che accettano capitali mafiosi finiscono per subire logiche esterne e perdere autonomia.

Le implicazioni per il sistema economico italiano

Per un Paese come l’Italia, in cui il tessuto delle piccole e medie imprese rappresenta la spina dorsale dell’economia reale, il messaggio è chiaro: la crisi del credito non è solo un problema aziendale, ma un punto di vulnerabilità nazionale. Le regioni del Sud già segnate dalla presenza mafiosa vedono aggravata la loro fragilità, mentre nel Nord-Italia emerge che la capacità imprenditoriale non salva da rischi sistemici se mancano liquidità, affidamento bancario e controllo dell’accesso al finanziamento.

Un monito chiaro

Il rapporto UIF della Banca d’Italia lancia un monito chiaro: l’accesso al credito alle imprese non è solo questione di redditività, ma di resilienza del sistema economico e della democrazia economica. Quando il canale bancario si chiude, si apre quello della criminalità. Garantire liquidità e trasparenza oggi significa mettere al sicuro l’impresa, la concorrenza e la legalità domani.

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