La vicenda Copasir tra leggi, richieste e opportunismi

- di: Diego Minuti
 
Piccolo, anche se difficile, esercizio di forza di volontà: mettere, per pochi minuti, da parte ideologie o semplici antipatie. È un passo necessario per capire quello che sta accadendo intorno alla presidenza del Copasir, il comitato interparlamentare di controllo (ma anche di garanzia) sulle attività della nostra intelligence, da qualsiasi agenzia essa venga portata avanti.
Con la nascita del governo Draghi, imposta dalla gravità della situazione nazionale e che ha imbarcato tutti i partiti, ad eccezione di Fratelli d'Italia e Sinistra Italiana, si è posto un problema che sarebbe stato di facile soluzione, se solo si fosse rispettata la legge.

E questo non deve suonare come una assurdità perché è una legge (quella del 2007) che consegna all'opposizione la guida del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, nella sua formulazione per esteso) che, al sorgere del secondo governo Conte, fu per questo assegnata alla Lega, appena uscita dalla maggioranza, nella persona del deputato leghista Raffaele Volpi (nella foto). Che, a rigore di logica, tacendo del fatto di quel che dice la legge, con il varo del governo Draghi e, quindi, il passaggio della Lega nella coalizione di maggioranza, avrebbe dovuto lasciare la poltrona di presidente, magari al suo vice, Adolfo Urso, esponente di FdI. Ma così non è stato e continua a non essere perché l'onorevole Volpi a lasciare il suo ufficio proprio non ci pensa, forte del precedente di Massimo D'Alema che continuò a fare il presidente del Copasir anche quando il suo partito era approdato al governo.

Come si vede, una situazione intricata ed anche inspiegabile perché tutto lascerebbe pensare alla legittimità della richiesta di Fratelli d'Italia di una presidenza che dà accesso a molte cose, anche a dossier che potrebbero essere d'imbarazzo per qualcuno e nei quali i nostri servizi di intelligence in qualche modo sono potenzialmente coinvolti e abilitati a dire la loro.
Quindi, facendo una sintesi brutale, Fratelli d'Italia ha ragione, forse anche troppo, ma questo non sblocca l'impasse in cui il Parlamento (il Copasir è composto da senatori e deputati) si è infilato per motivi che sono intuibili, ma che non possono essere messi alla base di un contenzioso - che coinvolga i vertici di Camera e Seneto - essendo squisitamente politici.
La frattura che si sta manifestando riguarda i due maggiori partiti del centrodestra, Lega e FdI, che vivono la strana situazione di pensarla allo stesso modo su tante cose, ma di farlo la prima da partito di governo e, i secondi, da forza politica d'opposizione.

Se fosse solo una questione di prestigio o formale, probabilmente Giorgia Meloni avrebbe fatto un passo indietro. Ma probabilmente non è solo per questo perché, se ''conquistasse'' il Copasir, Fratelli d'Italia guadagnerebbe tantissimo in termini di immagine, accreditandosi nei confronti dell'elettorato come il solo partito di "centrodestra-destra" che contrasta Draghi e non come la Lega che fa la voce grossa in favore di telecamere, ma poi sostiene il governo, per com'è naturale, almeno fin quando siede nell'esecutivo.
A spiegare molto, se non tutto, è un piccolo paragrafo della lettera inviata da Giorgia Meloni a Matteo Salvini, talmente riservata da essere stata recapitata al "capitano" a mezzo stampa (il Corriere della Sera): "Il tuo ruolo nella nostra coalizione è centrale e questa è l'occasione per essere all'altezza della prospettiva di governo futuro dimostrando rispetto per le norme e le istituzioni. Lanciamo insieme il segnale che il centrodestra continua a essere compatto e che non intende fare favori ai nostri avversari".

Frasi e concetti che appaio intinti nel giulebbe, ma che sembrano dimenticare che la Lega è al governo e FdI no, e che invece sostengono un ruolo da ''quinta colonna'' del centrodestra della Lega in seno alla maggioranza, in cui si troverebbe solo per logorarle.
Ma, guardando la cosa da una prospettiva diversa, come la Lega potrebbe ancora dirsi parte della coalizione di maggioranza se agevolasse apertamente le aspettative di un partito formalmente rivale dopo averne così platealmente osteggiato le richieste?
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