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Contratti pirata, salari più bassi di 8.200 euro l’anno

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Contratti pirata, salari più bassi di 8.200 euro l’anno

Secondo Confesercenti, i cosiddetti “contratti pirata” — quelli firmati da sigle scarsamente rappresentative e utilizzati per applicare salari e tutele inferiori — costano caro all’Italia. Caro ai lavoratori, che arrivano a perdere fino a 8.200 euro l’anno rispetto ai contratti di maggiore qualità, e caro al sistema economico, che ogni anno rinuncia a 1,5 miliardi di euro in consumi, contributi e gettito.

Contratti pirata, salari più bassi di 8.200 euro l’anno

È un gioco al ribasso che non premia davvero nessuno: impoverisce chi lavora, alimenta concorrenza sleale e mette in difficoltà le imprese corrette — quelle che rispettano i contratti firmati dalle principali organizzazioni rappresentative e che sostengono costi più elevati per garantire retribuzioni e tutele adeguate.

La proposta: detassare gli aumenti solo a chi applica contratti di qualità
Per invertire questa rotta, l’associazione rilancia una misura precisa: estendere la detassazione al 5% degli incrementi retributivi prevista dalla Legge di Bilancio per i contratti rinnovati nel 2025 anche ai contratti di Commercio e Turismo firmati nel 2024 e alle successive tranche di aumento previste per il 2026.
Una mossa che, nelle stime di Confesercenti, metterebbe 148 milioni l’anno nelle tasche dei lavoratori. Un beneficio che però dovrebbe valere solo per le imprese che applicano contratti corretti, siglati da parti sociali realmente rappresentative. Non un premio a pioggia, ma uno strumento selettivo per sostenere chi sostiene la legalità contrattuale.

La battaglia per la concorrenza leale
Il messaggio è chiaro: senza un argine ai contratti pirata, non c’è concorrenza sana. Le aziende che rispettano le regole pagano il doppio prezzo di costi più alti e mercato più frammentato. Quelle che si avvalgono di contratti minori risparmiano sulle buste paga, ma a spese della qualità del lavoro e della competitività collettiva.
Per Confesercenti è arrivato il momento di un salto di qualità normativo, che colleghi in modo esplicito salari, legalità e sviluppo produttivo. Una linea non ideologica, ma economica: migliorare le retribuzioni nei settori più fragili — commercio, turismo, servizi — significa rafforzare consumi, stabilità sociale e fiducia.

Il sostegno del Quirinale: “Pmi e autonomi sono motori di coesione”
Un richiamo alla centralità del lavoro arriva anche dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che all’assemblea di Confesercenti ha inviato un messaggio di grande nettezza. Le piccole e medie imprese, ricorda il Capo dello Stato, sono “veicoli fondamentali di crescita occupazionale e sviluppo”: presidiano i territori, contrastano lo spopolamento, nutrono la convivenza civile nelle periferie, tramandano competenze ai giovani.
Ecco perché, avverte, è decisivo che salari e redditi rispecchino davvero lo spirito della Costituzione. Non è solo un tema economico: è una questione di dignità, giustizia e coesione sociale.

L’Italia che rischia di spaccarsi e quella che resiste
Il mondo del commercio e del turismo è ancora oggi una colonna portante dell’occupazione, ma è anche uno dei più esposti alla competizione aggressiva e al rischio di perdita di qualità del lavoro. I contratti pirata, in questo scenario, rappresentano una faglia: spingono verso una compressione salariale che acuisce diseguaglianze, indebolisce la domanda interna e rende meno attrattivi i mestieri dei servizi, già oggi colpiti da carenza di personale qualificato.

La sfida che resta sul tavolo: legare salari e sviluppo

La proposta di Confesercenti e il monito di Mattarella convergono su un punto centrale: non si può costruire crescita duratura su salari troppo bassi. Premiare chi rispetta le regole è un modo per garantire che il mercato del lavoro non diventi una corsa verso il fondo, ma un percorso verso migliori condizioni, maggiore produttività e più solidità del tessuto economico.
È qui che si giocherà una parte fondamentale della competitività italiana nei prossimi anni: nel riuscire a conciliare libertà d’impresa, tutele dei lavoratori e qualità dei contratti.

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