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Consumi: una famiglia su tre taglia la spesa per il cibo nel 2024

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Consumi: una famiglia su tre taglia la spesa per il cibo nel 2024

Nel 2024 la spesa media mensile delle famiglie italiane si è attestata a 2.755 euro, in lieve aumento rispetto ai 2.738 euro del 2023, ma senza una vera crescita in termini reali. Il dato, diffuso dall’Istat, conferma la fase di stagnazione dei consumi, che restano sostanzialmente fermi dopo l’ondata inflattiva del biennio precedente.

Consumi: una famiglia su tre taglia la spesa per il cibo nel 2024

L’andamento riflette una condizione di potere d’acquisto incerto: l’inflazione si è attenuata, ma l’effetto delle precedenti fiammate dei prezzi e il costo del denaro ancora elevato hanno spinto molti nuclei a rinviare o limitare le spese non essenziali.

Il carrello della spesa sotto pressione
La voce più esposta ai tagli è quella degli alimentari e delle bevande, un segnale che misura in tempo reale la percezione di insicurezza economica.
Nel 2024 una famiglia su tre (31,1%) dichiara di aver ridotto in quantità e/o qualità la spesa per il cibo rispetto all’anno precedente; la percentuale era del 31,5% nel 2023.
Stabile anche la quota di famiglie che hanno limitato la spesa per le bevande (35,3%), in lieve crescita rispetto al 35% dell’anno precedente.

Dietro questo dato c’è il tentativo delle famiglie di riequilibrare il bilancio domestico comprimendo le voci più flessibili, come l’acquisto di prodotti alimentari di qualità superiore, o ricorrendo a promozioni e marchi meno costosi.
L’Istat segnala che le famiglie a reddito più basso e numerose restano quelle che hanno dovuto fare i sacrifici maggiori.

La geografia dei consumi
Il report conferma un’Italia divisa in due. La spesa media mensile nel Nord-Est è risultata di 834 euro superiore a quella del Sud, con una differenza percentuale del 37,9%.
Il divario non dipende solo dai prezzi, che in alcune regioni meridionali sono inferiori, ma soprattutto dal reddito disponibile e dalla capacità di spesa delle famiglie.
Nel Nord, i nuclei riescono a mantenere consumi più stabili anche grazie a un mercato del lavoro più dinamico e a salari mediamente più elevati; al Sud la quota di spesa destinata ai beni alimentari resta più alta, segnale di una minore disponibilità per beni e servizi non essenziali.

Prudenza e rinunce
Gli analisti economici interpretano il dato come il riflesso di un atteggiamento prudente: molte famiglie preferiscono risparmiare piuttosto che aumentare i consumi, anche in presenza di una minore pressione inflattiva.
A pesare sono l’incertezza sull’evoluzione economica, i tassi d’interesse ancora elevati, la preoccupazione per le spese future, come mutui, bollette e sanità.
Questa prudenza è diventata una costante dopo gli shock della pandemia e della crisi energetica, e limita la ripresa della domanda interna, che rappresenta oltre il 60% del PIL italiano.

L’impatto sociale
Il taglio della spesa alimentare ha implicazioni che vanno oltre il dato economico.
Una compressione dei consumi di cibo, soprattutto in famiglie a reddito basso, può incidere sulla qualità dell’alimentazione e, nel lungo periodo, sul benessere.
Le associazioni dei consumatori avvertono che la rinuncia a prodotti freschi e di qualità è già visibile in molte aree del Paese e chiedono interventi mirati: sgravi su beni di prima necessità, sostegni per le famiglie numerose e agevolazioni sui prezzi dei prodotti di base.

Effetti sulla filiera agroalimentare
La contrazione della spesa per alimentari e bevande si riflette anche sul lato dell’offerta.
Le imprese del settore agroalimentare e della distribuzione segnalano un aumento della competizione sui prezzi, una crescente domanda di promozioni e un rallentamento della crescita delle vendite di prodotti premium.
Per una filiera che rappresenta una quota importante del PIL e dell’export italiano, il calo della domanda interna è un fattore di preoccupazione.

Un nodo per la politica economica
Per il governo, il rapporto Istat è un campanello d’allarme.
Se la spesa delle famiglie rimane stagnante o in calo, la ripresa economica rischia di indebolirsi. Le misure su detrazioni fiscali, taglio del cuneo e sostegni mirati ai redditi bassi saranno cruciali per invertire la tendenza.
Gli esperti ricordano che la fiducia dei consumatori è un elemento determinante per stimolare i consumi: senza un miglioramento del clima economico e della percezione di stabilità, è difficile attendersi un rimbalzo significativo.

Guardando avanti
Il quadro che emerge dal rapporto Istat è quello di un Paese che ha retto agli shock recenti ma che non riesce a ripartire con forza.
La stabilità dei consumi nasconde in realtà un arretramento qualitativo per una parte consistente delle famiglie e conferma il divario strutturale tra Nord e Sud.
Per affrontare il 2025 e rilanciare la crescita, la politica economica dovrà conciliare il controllo della spesa pubblica con misure che rafforzino il potere d’acquisto e sostengano il mercato interno, evitando che i tagli al carrello alimentare diventino una nuova normalità.

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