Un fiume arcobaleno invade Budapest: record di partecipazione, politici europei in corteo, Meloni nel mirino, ma il silenzio Ue sorprende.
Sotto un sole cocente e tra una folla festosa stimata tra le 180.000 e le 200.000 persone, Budapest ha vissuto una delle sue edizioni più significative del Pride. La marcia, sebbene formalmente vietata dal governo di Viktor Orbán tramite una legge sulla “protezione dei minori”, si è trasformata in un potente simbolo di resistenza alle politiche illiberali del regime ungherese.
Il divieto e la risposta delle istituzioni
A marzo 2025 il parlamento ungherese ha approvato un emendamento costituzionale che impedisce qualsiasi evento “promozionale” per persone LGBTQ+ destinato ai minori: sanzioni fino a 500 €, fino a un anno di carcere per gli organizzatori e l’uso di riconoscimento facciale per identificare i partecipanti. Orbán ha avvertito: “niente arresti fisici, ma pesanti conseguenze legali”.
Dal versante europeo sono arrivate condanne e pressioni: il Commissario per l’Uguaglianza Hadja Lahbib, una cinquantina di europarlamentari (tra cui spagnoli), e ben 20 Stati Ue hanno sollecitato sanzioni contro Budapest. La presidente Ursula von der Leyen, pur definendo il divieto “inaccettabile”, ha evitato di presenziare direttamente, scatenando critiche per il suo “silenzio timido”.
Il corteo: tra colori e politica
Bandiera arcobaleno e dell’Ucraina, applausi, oralità di “Bella ciao” e slogan a favore dei diritti hanno segnato la giornata. Carlo Calenda ha guidato un coro europeo: “Sì all’Europa dei diritti, no a quella di Orbán”, ricordando la presenza di oltre 70 parlamentari Ue.
Dal palco ha parlato anche la leader del Pd Elly Schlein: “Non si può vietare l’amore per legge”, denunciando anche i rallentamenti in Italia delle leggi anti omofobia.
Il Movimento 5 Stelle ha richiamato l’“Europa sana” che non retrocede sui diritti, mentre l’europarlamentare Zan ha attaccato Giorgia Meloni per il suo “silenzio complice”. Intanto, Forza Italia – tramite Alessandro Cattaneo – ha difeso i diritti civili.
Budapest come simbolo europeo
La polizia ungherese ha autorizzato manifestazioni di estrema destra simultanee, lasciando il corteo pacifico nonostante i timori per disordini. Il sindaco progressista Gergely Karácsony ha ribaltato il veto dichiarando il Pride “evento municipale”, dando ai cittadini il via libera.
L’Italia e la premier Meloni sotto la lente
Rispetto all’ansia mediatica, il governo italiano è stato assente: nessun commento ufficiale o prese di posizione da Roma. Per gli oppositori interni, è una posizione vergognosa. Alcuni sostengono che il silenzio della Meloni stia “dalla parte sbagliata della storia”; Forza Italia resta eccezione.
Un commento categorico
Budapest non è stata solo una festa: è stata una manifestazione di dignità europea e democratica. Ha evidenziato la frattura tra chi vuole ristabilire spazio pubblico ai diritti e chi, sotto il pretesto della “protezione infantile”, reprime la pluralità. L’Unione europea è chiamata non solo a sanzioni ma a coerenza: sul Pride non si può stare a metà.