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Borse europee travolte dalla paura bolla AI

- di: Matteo Borrelli
 
Borse europee travolte dalla paura bolla AI
Piazza Affari maglia nera, giù Tim e Stellantis, salva solo Hera. Raffica di vendite su tutti i listini Ue, spread in risalita e Wall Street ancora in correzione in attesa dei conti Nvidia e delle prossime mosse della Fed.

La giornata che doveva essere solo di attesa per i conti di Nvidia si è trasformata in un test di nervi per i mercati. Le principali Borse europee hanno archiviato una seduta di forti ribassi, colpite dai timori di una bolla sui titoli legati all’Intelligenza artificiale e dal progressivo ridimensionamento delle scommesse su un taglio dei tassi statunitensi già a dicembre. In questo quadro, Piazza Affari è la più debole, con il Ftse Mib in flessione di circa il 2,1% intorno a quota 42.800 punti dopo aver lambito i minimi di giornata nella zona dei 42.600 punti.

“Il mercato sta spegnendo l’euforia sull’Intelligenza artificiale e iniziando a fare i conti con le valutazioni e con una Fed che non ha fretta di allentare”, osserva un gestore milanese. Il risultato è una fuga dal rischio generalizzata: le vendite colpiscono tecnologia, banche, auto e ciclici, mentre si salvano solo pochissimi titoli difensivi e le asset class considerate rifugio.

La scossa dell’Intelligenza artificiale sui listini

Il detonatore della correzione è sempre lo stesso: l’Intelligenza artificiale. Dopo due anni di rialzi vertiginosi, molti operatori temono che i prezzi dei campioni dell’AI abbiano corso più dei loro fondamentali. I risultati trimestrali di Nvidia, attesi per domani a mercati chiusi, vengono letti come un vero giudizio di verifica sul boom che ha trascinato in alto Wall Street e, a cascata, i listini globali.

Le grandi case d’investimento ricordano che la capitalizzazione dei colossi AI si è gonfiata di centinaia di miliardi in pochi mesi. Finché la narrativa della crescita infinita ha retto, gli investitori hanno chiuso un occhio su multipli e indebitamento. Ora, con l’idea di una Fed più cauta sui tagli dei tassi e con dati macro non più scintillanti, il dubbio è che la storia dell’AI si stia trasformando da motore del rialzo a rischio di bolla tech.

“Non siamo di fronte alla fine dell’AI, ma alla fine dell’idea che i titoli possano salire per sempre senza pause”, sintetizza un trader europeo, sottolineando come ogni segnale di rallentamento sugli ordini o di pressione sui margini venga punito in modo molto più duro rispetto a qualche mese fa.

Piazza affari, vendite a pioggia su Tim, Stellantis e banche

A Milano la seduta è pesantissima: il Ftse Mib cede poco più del 2% e prolunga una scia ribassista che dura ormai da quattro giorni consecutivi. Il listino principale, che la scorsa settimana aveva ritoccato i massimi dal 2001, viene travolto dalle prese di beneficio e dal nervosismo internazionale.

In coda al paniere finiscono Telecom Italia, affondata di circa il 6,5%, e Stellantis, che lascia sul terreno oltre il 4%. Male anche le banche: Monte dei Paschi perde quasi il 3,7%, Banco Bpm arretra di circa il 2,7% e Banca Popolare di Sondrio scende oltre il 3,5%. Nemmeno le recenti attenzioni dei grandi gruppi esteri, come il francese Crédit Agricole, bastano a sostenere il comparto, messo sotto pressione da utili già molto tirati, dall’incertezza regolamentare e da un contesto di mercato nettamente più avverso al rischio.

Nel mare di vendite emerge però un’eccezione: Hera. Il titolo del gruppo multiutility chiude in territorio positivo con un progresso intorno allo 0,8%, unico segno più tra le blue chip di Piazza Affari insieme a un Italgas che riesce quantomeno a contenere i danni. Gli investitori cercano riparo in società con flussi di cassa più stabili e meno esposte alle oscillazioni del ciclo economico globale.

Mid cap e small cap, tra rimbalzi e scivoloni

La correzione non risparmia il resto del mercato italiano. L’indice Ftse Italia Mid Cap cede circa l’1,3%, mentre lo Star, tradizionale casa delle mid cap di qualità, arretra di poco meno dell’1,3%. Nel segmento delle small cap il ribasso è più contenuto, nell’ordine di mezzo punto percentuale, ma il clima resta di cautela.

Tra i titoli a media capitalizzazione spiccano i rimbalzi di alcune storie industriali e tecnologiche: D’Amico mette a segno un rialzo di oltre il 2,5%, El.En sale di circa il 2,4%, Technoprobe guadagna oltre l’1,4% e Ariston Holding cresce di circa l’1,4%. Segnali che mostrano come, anche nelle giornate più difficili, il mercato continui a selezionare società con business solidi e un posizionamento di nicchia su filiere globali.

All’estremo opposto, sullo stesso indice, si registrano discese marcate per Avio (quasi -5%), Reply (quasi -4%), Alerion Clean Power (oltre -3%) e Banco di Desio e della Brianza (poco meno del -3,5%). Un segnale che conferma come il repricing del rischio non risparmi né le storie di crescita legate alla transizione energetica né i finanziari più piccoli.

Nel complesso, la fotografia è quella di un mercato che, pur restando sopra i minimi di inizio anno, sta ricalibrando le valutazioni dopo mesi di entusiasmo. Le correzioni più violente arrivano sui titoli che avevano beneficiato delle aspettative più ottimistiche, mentre tengono meglio i profili difensivi e le società con business regolati o contratti di lungo periodo.

Le altre Borse europee e lo Stoxx 600

Fuori dall’Italia, il rosso è generalizzato. Il paniere paneuropeo Stoxx 600 scende di circa l’1,7-1,8%, scivolando sui minimi da alcune settimane, con forti pressioni sui comparti tecnologico, auto e materie prime. A Francoforte il Dax arretra di circa l’1,7%, scendendo su livelli che non si vedevano da alcuni mesi. A Parigi il Cac 40 lascia sul terreno l’1,86%, con il settore auto e i consumi discrezionali tra i più penalizzati. Londra non va meglio: il Ftse 100 chiude in calo di circa l’1,3%, alla peggiore seduta da aprile, risentendo sia del sell-off globale sia delle incertezze interne sulla crescita britannica.

Ad Amsterdam l’Aex chiude con un ribasso superiore all’1,5%, mentre a Madrid l’Ibex 35 segna una flessione intorno ai due punti percentuali, tra i listini più colpiti del Vecchio continente. La correzione è trasversale: banche, industriali e grandi gruppi dell’energia scivolano in scia alle prese di profitto globali e ai timori che il ciclo dei tassi sia ben lontano da una svolta espansiva.

“Le valutazioni complessive dell’azionario europeo restano meno tirate rispetto a quelle americane, ma con i tassi reali su livelli elevati gli investitori non sono più disposti a pagare qualsiasi prezzo per la crescita”, commenta un analista di una casa estera, spiegando come il rischio sia quello di una fase di mercato più volatile e selettiva, in cui i singoli temi settoriali peseranno molto più degli indici.

Valute, oro, petrolio e gas: il quadro delle altre asset class

Sul mercato dei cambi, l’euro si mantiene in lieve flessione contro il dollaro, in area 1,16, segnale di una moneta unica che non riesce a sfruttare appieno il rialzo dell’oro e il clima di avversione al rischio. Il cambio euro/yen resta vicino a quota 180, mentre il dollaro si muove attorno a 155 yen, a conferma di una valuta giapponese ancora debole.

L’oro, tradizionale bene rifugio, consolida sopra i 4.000 dollari l’oncia, con quotazioni nell’area 4.050–4.070 dollari, sostenuto dalla ricerca di protezione e dal timore che il ciclo dei tassi elevati possa alla lunga pesare sulla crescita globale. Il movimento resta però ordinato, lontano dalle fiammate tipiche delle fasi di panico estremo.

Sui mercati energetici il petrolio Brent oscilla attorno ai 64 dollari al barile, mentre il WTI americano viaggia poco sotto i 60 dollari. I prezzi scontano da un lato le preoccupazioni sulla domanda, dall’altro l’allentamento di alcune tensioni dal lato dell’offerta, con la ripresa di flussi da snodi chiave. Il gas naturale europeo TTF si attesta nella zona dei 31–32 euro per MWh, in lieve rialzo ma ancora su livelli distanti dalle fiammate esplosive del passato più recente.

Nel mondo cripto, bitcoin resta estremamente volatile: dopo aver toccato minimi plurimensili, oscilla poco sopra la soglia dei 90.000 dollari, ben lontano dai massimi di ottobre. Il segnale, per molti investitori istituzionali, è che anche l’asset digitale simbolo della nuova finanza non è immune dal processo di deleveraging e dal cambio di umore sul rischio globale.

Wall street e la correzione guidata dall’AI

Mentre l’Europa chiude in rosso, Wall Street prosegue la sua fase correttiva. A metà seduta l’S&P 500 viaggia in calo di oltre mezzo punto percentuale e il Nasdaq cede intorno all’1%, con i big dell’Intelligenza artificiale ancora sotto pressione. Nvidia arretra di oltre il 2% anche oggi, dopo un novembre già molto volatile, e il mercato si domanda se la trimestrale in arrivo sarà in grado di riaccendere la narrativa “AI per sempre” o se, al contrario, confermerà la fase di raffreddamento.

Gli investitori devono digerire un mix potenzialmente esplosivo: attese elevatissime sugli utili, valutazioni record, un costo del denaro ancora su livelli storicamente alti e i dati macro statunitensi rinviati o letti con crescente prudenza. In parallelo, l’uscita dei verbali dell’ultima riunione della Fed e il rapporto sul mercato del lavoro statunitense, ritardato dallo shutdown, promettono di aggiungere ulteriore volatilità.

“Probabilmente nelle prossime 48 ore capiremo se questa è solo una fisiologica correzione o l’inizio di una fase più lunga di digestione dei rialzi”, sintetizza un gestore obbligazionario. Per ora la dinamica resta ordinata, ma l’attenzione per i segnali tecnici sugli indici americani è massima, anche perché il rally di fine anno a cui molti speravano comincia ad assomigliare più a un miraggio che a uno scenario di base.

In questo contesto, la salita dello spread Btp-Bund verso gli 83 punti base, con il rendimento del decennale italiano intorno al 3,46%, viene letta come un campanello d’allarme: finché i mercati erano ubriacati dalla narrativa dell’AI, i fondamentali di debito e crescita potevano rimanere sullo sfondo. Ora tornano prepotentemente al centro della scena, e l’Europa – Italia in testa – deve fare i conti con un contesto globale che non perdona più gli eccessi di ottimismo.

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