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Schizza il prezzo della benzina e il Governo resta a guardare

- di: Redazione
 
Schizza il prezzo della benzina e il Governo resta a guardare
Non è certo una novità, quella di vedere i prezzi dei prodotti petroliferi crescere in concomitanza con i periodi canonici delle vacanze. Ma c'è modo e modo di aumentare i prezzi; verrebbe da dire che ci sono tempi e tempi per fare ruotare verso l'alto il meccanismo che, alle pompe, indica quanto dobbiamo pagare per un litro di carburante. Un malvezzo al quale, purtroppo, gli utenti italiani sembrano essersi rassegnati, piegandosi al ricatto del mercato che, quando cresce la domanda, reagisce per rendere più redditizia la vendita del prodotto.

Se però vedi che in alcuni impianti di distribuzione il prezzo di un litro di benzina è fissato a 1,624 euro allora capisci che c'è chi della devastazione che la pandemia ha determinato nelle famiglie italiane non ha capito proprio nulla e approfitta della prima occasione per recuperare quanto si è perduto. Con tanti saluti a quello spirito di solidarietà al quale i nostri governanti ed i nostri politici hanno spesso fatto appello per convincerci che dovevamo passare sotto le forche caudine delle restrizioni legate alla pandemia.

Secondo Assoutenti, la corsa al rialzo dei prezzi dei carburanti determinerà una bolletta che, nel 2021, sarà di sette miliardi di euro, a carico dei consumatori anche per gli effetti che l'innalzamento dei prezzi comporterà indirettamente, come i costi della distribuzione.
Difficile trovare una soluzione al problema, anche perché, vigendo il regime del libero mercato (si fa per dire: quante volte c'è stato il sospetto di un accordo di cartello tra i grandi gruppi energetici? ), lo Stato non può intervenire direttamente, ma solo - e questo è un discorso che porta lontano - agendo sulla tassazione.

Ma lo Stato potrebbe intervenire in un altro modo, coinvolgendo nel discorso di solidarietà l'Eni, società privatizzata nel 1992 - dopo essere nata come azienda di Stato - , quando diventò società per azioni, il 30 per cento ancora in mano pubblica, attraverso il Ministero dell'Economia e delle Finanze che di fatto controlla l'ente. Quanto sarebbe importante e anche moralmente significativo se l'Eni decidesse di abbassare significativamente i prezzi dei suoi prodotti alla pompa. Una proposta che, probabilmente, Eni considererà irricevibile perché fare profitti è il suo obiettivo. Ma, c'è da chiedersi, fare profitti anche quando il Paese sta cercando di risollevarsi dopo mesi e mesi di crisi?

Anche quando una decisione del genere farebbe capire a tutti che lo Stato può continuare a fare l'imprenditore, ma non dimenticando la gente. Un abbassamento del prezzo potrebbe essere attutito da un maggior numero di consumatori che, accorgendosi della convenienza, scelgono gli impianti di distribuzioni dell'Eni rispetto a quelli della concorrenza. Poi un'ultima considerazione, che può apparire banale, ma nemmeno tanto. Per promuovere la sua immagine Eni spende tantissimo in pubblicità, i cui risultati non spetta a noi giudicare. Ma se facesse meno pubblicità e, con i soldi risparmiati, finanziasse almeno in parte il costo alla pompa?

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