Altro che Bce: la Banca del Giappone lascia inalterato (e basso) il tasso di interesse

- di: Redazione
 
Mentre la Bce continua, imperturbabile, nella sua politica di continui aumenti dei tassi di interesse, la Banca centrale del Giappone ha confermato oggi la sua politica monetaria ''morbida'', scegliendo di sostenere la fragile crescita economica in un momento di incertezza globale.

La Banca del Giappone lascia inalterato (e basso) il tasso di interesse

La Banca del Giappone ha oggi ufficializzato, secondo le previsioni, la decisione di mantenere il suo obiettivo di tasso di interesse a breve termine a -0,1%, in linea con le aspettative degli economisti, non apportando modifiche alla sua politica di controllo della curva dei rendimenti. L'annuncio ha portato lo yen a perdere nel rapporto con il dollaro (fino allo 0,3%) , a circa 140,70, per recuperare prima della chiusura.
La dichiarazione politica con cui la Banca del Giappone ha accompagnato la sua decisione è chiara: ''Con incertezze estremamente elevate che circondano le economie e i mercati finanziari in patria e all’estero, la Banca continuerà pazientemente con l’allentamento monetario, rispondendo agilmente agli sviluppi dell’attività economica e dei prezzi, nonché delle condizioni finanziarie''.

Ovvero l'esatto contrario (o quasi) delle tesi espresse ieri dalla Bce che, per mettere un freno all'inflazione, ha deciso di proseguire nella politica della raffica degli aumenti dei tassi.
Le previsioni della banca centrale nipponico sul futuro della terza economia più grande del mondo sono cautamente ottimistiche, sostenendo che essa si ''riprenderà moderatamente intorno alla metà dell’anno fiscale 2023" a causa della domanda repressa. Anche se ha avvertito che i prezzi delle materie prime e un rallentamento della crescita all’estero probabilmente limiteranno la crescita.

Comunque, la Banca non esclude correzioni di rotta. ''È molto probabile che il ritmo della crescita rallenti gradualmente. È probabile che il tasso di aumento su base annua dell’IPC (che misura il rincaro dei prezzi, ad eccezione di quelli del cibo fresco, ndr) rallenti verso la metà dell’anno fiscale 2023, con una diminuzione degli effetti della trasmissione ai prezzi al consumo degli aumenti dei costi guidati da l’aumento dei prezzi all’importazione''.
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