Concessioni balneari: Prorogo, ergo sum

- di: Redazione
 
Se ci pensate, a meno di casi che riguardano la sicurezza delle persone, la proroga è una sconfitta per le Istituzioni che ammettono di essere finite fuori tempo massimo nella definizione di qualcosa, sia progetto che incombenza,
Ma, verrebbe da chiosare, non è che le proroghe sono tutte eguali perché ce ne sono anche che si reiterano nel tempo, dando l'impressione non tanto di inefficienza da parte delle Stato o delle amministrazioni intermedie, quanto della volontà di favorire chi, dal differimento dei termini, ci guadagnerà.
In questo contesto è emblematico il caso della proroga di cui potrebbero, per l'ennesima volta, godere i titolari di impianti balneari che continuano a godere di un regime di privilegio, pur se nelle loro strutture ci hanno speso molti soldi, ma di certo guadagnandone molti di più.

Concessioni balneari: Prorogo, ergo sum

Il nodo è quello delle concessioni che, in Italia, a dispetto delle direttive comunitarie, sono considerate una prosecuzione, nel senso che si trasmettono per via diretta nell'ambito della stessa famiglia senza che terzi possano inserirsi magari per subentrare nella gestione di un tratto di territorio italiano (quindi di competenza del Demanio) dicendosi disposto a pagare allo Stato molto di più.
Non c'è niente da fare: le concessioni resistono a tutto, persino alle determinazioni di diverse Giustizie, da quella amministrativa fino a quella comunitaria.
Eppure i ''balneari'' non fanno passi indietro nemmeno millimetrici, mostrando pervicacia del difendere un diritto che non è di derivazione divina - e quindi può essere messo in discussione -, ma che loro considerano intangibile.

Ma quando il limite è stato raggiunto (la Commissione europea si è rotta...) ecco che si manifesta la creatura mitologica, appunto la proroga, mezza abuso e mezza arroganza.
Perseguire nella difesa degli interessi di una categoria (che ormai è diventata lobby a tutti gli effetti) può essere giusto se i diritti da tutelare sono ineccepibili. Ma non sembra essere questo il caso perché l'Italia, come Paese, continua a non adeguarsi ad una direttiva comunitaria che serve a tutelare uno dei cardini dell'Ue: la libera concorrenza. Che, se consenti ai ''balneari'' di mantenere i loro privilegi (peraltro con introiti per lo Stato, derivati dai canoni di concessione, che sono risibili e, comunque, offensivi per chi, cliente, paga per accedere alla spiaggia e ai servizi offerti), non è solo ignorata, ma proprio calpestata.

Ora, rivela Il Sole 24Ore, è in dirittura d'arrivo una nuova proroga, al 31 dicembre del prossimo anno, per consentire la definizione di una mappatura delle coste italiane, cosa che forse si doveva fare da parecchi anni, per avere un quadro esatto della loro effettiva fruibilità, al fine di entrare in possesso anche dei raffronti percentuali su quelle che possono o potrebbero essere destinate a fini balneari.
L'esito di questa fotografia delle coste potrebbe favorire le intenzioni del governo di ridisegnare i termini della direttiva Bolkestein che, nel rispetto della libera concorrenza, chiede che tutte le spiagge che possano essere date in concessione. Cioè, anche quelle che già lo sono devono essere messe a gara.

Un meccanismo (quello di definire i confini e le motivazioni della proroga) estremamente delicato nella sua definizione per evitare che la Corte di giustizia europea rilevi profili anomali nella procedura, bacchettando per l'ennesima volta l'Italia. E ne avrebbe motivo se il governo portasse avanti l'idea di spostare il termine di validità delle concessioni fino al 31 dicembre del 2029, cosa che farebbe passare ai titolari delle meravigliose vacanze di fine anno.
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