Solo auto elettriche dal 2035: una scelta ecologica, ma con tempi drammaticamente sbagliati

- di: Redazione
 
I romani (quelli di un paio di migliaia di anni fa), rispetto alla superficialità dei nostri tempi, erano ben altra cosa e, usando poche parole, riuscivano a spiegare quello che noi, oggi, non sappiamo fare con un intero discorso. Loro, i nostri progenitori in toga, dicevano ''tempus fugit'' per descrivere la perenne lotta che ingaggiamo contro anni, mesi, giorni e ore che ci passano davanti per quello che per noi è un tempo lunghissimo e che invece vola via. Forse non sarebbe male se i legislatori europei dessero, di tanto in tanto, un'occhiata a come la pensavano i romani e che, quindi, ogni decisione che essi assumono tenesse conto del fatto che il tempo ha unità di misura che non sono solo ideologiche. La scelta di fissare, al 31 dicembre del 2034 ,l'ultimo giorno nel quale, in Europa, potranno essere venduti veicoli alimentati a benzina o diesel, se comprensibile dal punto di vista ambientale, lo è molto meno da quello pratico perché 13 anni (da oggi al 2035) in termini industriali sono pochissimi, un battito d'ali in un discorso che è molto più ampio e dovrebbe tenere conto di molti fattori.

Solo auto elettriche dal 2035: una scelta ecologica, ma con tempi drammaticamente sbagliati

Il primo dei quali è che, non essendoci Merlino o Harry Potter in circolazione, sarà ben difficile fare questa rivoluzione industriale a colpi di bacchetta magica, soprattutto per chi non ci lavora già da anni, accumulando le esperienze e il know how necessario per avviare, quando si potrà, la produzione. Si potrebbe dire che male hanno fatto quelle case che non hanno scommesso sull'elettrico e altre alimentazioni alternative ai carburanti tradizionali, ma questo non può diventare un discrimine potenzialmente capace di espellere dal mercato chi non si è attrezzato per tempo.
La rivoluzione, quindi, avviata da Bruxelles parte con un presupposto che rischia di essere penalizzante per quei soggetti che, per scelte sbagliate o oggettive difficoltà di profilo tecnico, dovranno cominciare una corsa contro il tempo per farsi trovare preparati. O, forse sarebbe meglio dire, per assorbire di più i colpi che riceveranno, soprattutto dal punto di vista economico, perché nessuno, dalle parte dell'Ue, sembra avere un'idea dei costi della riconversione perché è folle pensare che basterà spostare un macchinario o rimuovere un bullone per essere pronti a raccogliere la sfida.

In ogni caso, queste sono considerazioni che guardano ad una delle facce della medaglia, perché i sostenitori dell'altra - quella dell'ambiente e dell'ecologia - suonano le trombe del trionfo. Giustissimo, perché l'ambiente e la sua salvaguardia vengono prima di tutto. Ma in quel ''tutto'' ci sono anche le centinaia di migliaia di operai, dipendenti, quadri delle case automobilistiche che, non potendosi attrezzare per tempo, saranno espulse dal panorama industriale? Si dirà che altri beneficeranno della ''rivoluzione'', a cominciare dalle compagnie che distribuiscono energia e che installano le colonnine per le ricariche elettriche, ma lo squilibrio numerico già oggi appare inaccettabile. Forse sarebbe bastato avere un po' di sano realismo e considerare che le scelte, prese sedendo su una poltrona di prestigio e di potere, non sempre sono le migliori, almeno in termini di tempo.
Spostare di quattro/cinque anni il termine avrebbe vanificato la rivoluzione? Crediamo di no, ma in ogni caso avrebbe dato al settore dell'automotive il tempo per attrezzarsi al meglio, sia per chi lavora da anni all'elettrico, sia per chi l'ha sempre considerato una scommessa non necessariamente destinata a portare dividendi. Le risposte politiche sono arrivate e, come nella buona tradizione italiana, non sempre univoche. mostrano una divisione che è essenzialmente politico-ideologica. Gli eurodeputati del Pd parlano di una ''vittoria dell’ambiente e dell’industria europea ed italiana che guarda al futuro'', mentre per i Verdi si tratta di ''un voto storico''. Una decisione che, per il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, è ''folle e sconcertante contro le industrie e i lavoratori italiani ed europei, a tutto vantaggio delle imprese e degli interessi cinesi". Per il Ppe ci sarà ''un "effetto Avana": dopo il 2035, le nostre strade potrebbero riempirsi di auto d’epoca perché le nuove auto senza motore a combustione non saranno facilmente disponibili.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha detto che ''i nostri obiettivi sono il rilancio della produzione nazionale, l’innovazione tecnologica e la tutela della occupazione", mentre il suo collega all'Ambiente e alla Sicurezza energetica, Gilberto Pichettop, da parte sua ha detto che ''gli obiettivi ambientali non sono in discussione: benzina e diesel sono inquinanti per le nostre città e incidono negativamente sull'effetto serra. Crediamo però che questa 'exit strategy' debba condurre a medio termine a un comparto riconvertito più forte, con salde prospettive di sviluppo che tutelino professionalità e posti di lavoro". Dopo avere ricordato che ''l'automotive italiana esprime da sempre talento ed eccellenza, rappresenta il 20% del Pil ed è un comparto strategico che dà lavoro a 250.000 persone", Pichetto ha dettpo che ora ''dobbiamo procedere su due direttrici: da un lato promuovere una maggiore gradualità nello stop alla commercializzazione dei veicoli, dall'altro spingere al massimo nella produzione dei biocarburanti, che rappresentano una filiera pulita che consentirebbe di mantenere l'attuale impostazione del sistema produttivo dell'automotive".
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