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Giorgio Armani, l’ultimo inchino: Brera saluta il Re e chiude la Fashion Week

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Giorgio Armani, l’ultimo inchino: Brera saluta il Re e chiude la Fashion Week

Alla Pinacoteca di Brera, nel cuore di Milano, tra lanterne soffuse e le note di Ludovico Einaudi, Giorgio Armani ha consegnato alla città la sua ultima sfilata. Non una semplice passerella, ma un rito civile, un gesto che unisce il tempo che passa e la memoria che resta. Un arrivederci rivolto al pubblico e a quella Milano che lui ha vestito e, in fondo, cucito addosso all’Italia intera. Con questo evento si è chiusa, con un’emozione palpabile, la Milano Fashion Week.

Giorgio Armani, l’ultimo inchino: Brera saluta il Re e chiude la Fashion Week

La collezione si chiama “Pantelleria, Milano”: l’isola scura e ventosa che lo ha ispirato per decenni e la città che è diventata la sua casa, officina, orizzonte. Due luoghi lontani e complementari che si incontrano in abiti leggeri come respiro e in tagli che scolpiscono senza ferire: la luce mediterranea che scivola sulla pelle, la metropoli che ordina il passo. Il greige, colore simbolo di Armani, diventa filo conduttore, segno di un’eleganza che sfida il tempo.

Cinquant’anni in un’ora
In un’ora di passerella sono sfilati davanti agli occhi del pubblico più di cinquant’anni di storia della moda italiana. Il greige, i viola d’Oriente, le giacche destrutturate che hanno ridefinito il potere femminile e maschile, le silhouette allungate, l’arte del togliere per dare senso. Un’estetica che non ha mai urlato ma ha convinto, che ha reso potente la discrezione e autorevole la misura. Un riassunto di mezzo secolo in cui abbiamo imparato che l’eleganza è prima di tutto un atto morale.

La scena, il coro, la memoria
Brera, che oggi ospita anche la mostra “Giorgio Armani. Milano, per amore”, diventa palcoscenico e archivio sentimentale. Tra il pubblico, volti amici, muse storiche come Kasia Smutniak, Cate Blanchett, Richard Gere, legato a doppio filo al nome Armani dai completi di American Gigolò. Accanto a loro, modelle di diverse generazioni: Nadège Dubospertus, Gina Di Bernardo, Elda Scaenrcchia.
La sfilata è stata una processione laica di capi “very Armani”: il giorno che si trasforma in notte, la città che diventa mare, l’eleganza urbana che incontra la leggerezza isolana. Fino all’ultimo abito: un capo scintillante, con al centro l’effigie di Giorgio Armani, che ha illuminato la sala come una stella e suggellato l’addio.

Il senso del lascito
Armani non ha scelto il clamore, ma la sua firma più radicale: la sobrietà. Ha ricordato che la moda può tenere insieme memoria e futuro, che l’Italia migliore sta nel dettaglio ben fatto, nel gesto misurato, nella capacità di non cedere al rumore. “Pantelleria, Milano” non è solo una collezione, ma un testamento di stile, consegnato a chi continuerà il suo lavoro: un invito a camminare dritti, leggeri, senza dimenticare la lezione del passato.

Milano, capitale affettiva e simbolica
Se Milano è la città dell’energia e dell’ambizione, con Armani è diventata anche la città della cura e dell’eleganza. Il legame fra lo stilista e il capoluogo lombardo è sempre stato culturale, non solo professionale. Con la sua ultima sfilata, che ha chiuso la Milano Fashion Week, Armani ha trasformato l’evento in un momento di riflessione: custodire ciò che ha insegnato, che l’eleganza non si esibisce ma si pratica, e che lo stile autentico attraversa le epoche senza chiedere permesso.

Un arrivederci che diventa memoria
Il saluto finale è stato un gesto breve, quasi timido. Armani ha percorso la passerella con passo lento, come a voler imprimere nella memoria collettiva la sua ultima apparizione creativa. La sala ha trattenuto il respiro, poi si è sciolta in un applauso lungo, affettuoso. Non è stato un addio, ma un arrivederci: il punto e virgola di una storia che continuerà nelle mani dei suoi collaboratori e nel tessuto stesso della moda italiana.

La lezione di un maestro
In ogni cucitura, in ogni spalla che cade alla perfezione, in ogni tessuto che sfiora senza pesare, c’è la promessa di una continuità. La leggerezza come forza, la sobrietà come eleganza, il rifiuto del superfluo come rispetto per chi indossa. Brera, quella sera, non è stata solo il cuore della città ma il cuore della memoria di un Paese che sa riconoscere il valore di chi lo ha reso grande.

Così si è chiusa la Milano Fashion Week: con un inchino che non è un addio, ma un testimone passato a chi dovrà custodire e portare avanti il linguaggio di Giorgio Armani.

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