Tra paludi, gabbie e fauna feroce: la “Trump camp” è un incubo made in Usa.
(Foto immaginaria di Alcatraz Alligator realizzata con l'intelligenza artificiale).
L’America che sorride sui manifesti turistici nasconde ombre inquietanti. A poca distanza da Miami, nel cuore paludoso delle Everglades, sorge Alligator Alcatraz, un centro di detenzione per migranti che, inaugurato il 3 luglio 2025, assume i tratti di un sistema spietato che rimanda a visioni fosche, persino naziste.
Costruzione lampo, costo miliardario
Edificato in tempi record (solo otto giorni) su un antico aeroporto statale, il centro può ospitare fino a 5.000 persone, con una spesa stimata di 450 milioni di dollari all’anno, tra i 245 e i 411 dollari al giorno per detenuto. Il progetto, sponsorizzato da Trump, DeSantis e dal Partito repubblicano della Florida, è stato promosso come strumento di deterrenza all’immigrazione.
Testimonianze agghiaccianti
Dalle testimonianze emergono scenari da campo di concentramento disumanizzante:
- “Siamo in 32 per gabbia, bagni aperti, nessun avvocato o giudice”, racconta Gaetano Mirabella Costa (45 anni, siciliano), detenuto per otto giorni. Aggiunge: “Mi hanno portato in udienza con catene ai piedi e alle mani come un cane”.
- Fernando Eduardo Artese (63 anni, italo-argentino) denuncia: “È un campo di concentramento. Ci trattano come criminali”.
- Un turista messicano, fermato per guida irregolare il 7 luglio pur avendo un visto legale, si trova senza assistenza legale da giorni.
- In altri casi si segnalano infestazioni di mosquitos, vermi nel cibo, scarsità d’acqua, toilette rotte, isolamento psicologico e pressioni per firmare la auto-deportazione.
Reazioni politiche e legali
- I legislatori democratici della Florida (tra cui Wasserman Schultz, Soto, Frost, Moskowitz) hanno definito la struttura un “campo moderno di internamento”, denunciando sovraffollamento e rischi ambientali.
- La tribù Miccosukee ha fatto causa per l’occupazione di terre ancestrali senza alcuna consultazione, insieme a ONG ambientaliste.
- Cause legali in corso (ad esempio da parte di Friends of the Everglades) mirano a sospendere l’attività per gravi violazioni ambientali e dei diritti umani.
- Un giudice federale potrebbe bloccarne l’operatività nei prossimi giorni.
Analogie tetre: nazismo e sperimentazione psicologica
Critici si spingono a parlare di “Alligator Auschwitz” o addirittura di “esperimento psicologico”: condizioni come la luce permanente, il confinamento in gabbie e le umiliazioni sistematiche vengono paragonate ai metodi usati nei campi nazisti. L’ossimoro tra disumanità e deterrenza sociale mostra un Paese che sfrutta l’orrore per controllare, più che per difendere.
Un’immagine brutale degli Usa di oggi
Alligator Alcatraz non è solo un centro di espulsione. È un simbolo brutale della deriva autoritaria americana: costruito in paludi infestate, omette trasparenza, ignora la legge, calpesta i diritti.
Se “nazista” significa esercitare terrore sistematico contro chi è considerato indesiderabile, allora questa definizione non è un’iperbole. Colpisce l’assenza totale di un’istanza di giudizio, la criminalizzazione preventiva, l’isolamento fisico e psicologico. E il rischio concreto di esportare questo modello altrove – come suggeriscono voci interne al team di Trump – rappresenta una minaccia globale.
L’America cupa e violenta prende forma qui: tra le gabbie e le paludi, dove la paura diventa politica e la politica si fa campo di concentramento.