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Allarme Confindustria: “Con i dazi e il rallentamento della produzione, rischio crisi strutturale per l’industria italiana”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Allarme Confindustria: “Con i dazi e il rallentamento della produzione, rischio crisi strutturale per l’industria italiana”
Il termometro economico dell’industria italiana si fa sempre più critico. A lanciare un segnale d’allarme è il Centro Studi di Confindustria (CsC), che, in una nota diffusa questa mattina, mette nero su bianco una diagnosi preoccupante: l’Italia rischia una crisi strutturale del suo apparato produttivo, aggravata dal deterioramento del clima di fiducia e dalla possibile imposizione di nuovi dazi commerciali da parte degli Stati Uniti. Una combinazione di fattori interni ed esterni che potrebbe bloccare la timida ripresa degli ultimi mesi e compromettere la tenuta degli investimenti.

Allarme Confindustria: “Con i dazi e il rallentamento della produzione"

I numeri del primo trimestre del 2025 rivelano un quadro instabile. A febbraio la produzione industriale ha registrato un calo dello 0,9%, dopo il rimbalzo positivo di gennaio (+2,5%). La variazione acquisita nel primo trimestre si mantiene in terreno positivo (+0,4%), ma arriva dopo cinque trimestri consecutivi in contrazione. Segnali contrastanti che non bastano a rassicurare le imprese, soprattutto alla luce dell’andamento dei principali indicatori: l’indice Real time turnover – che misura l’andamento effettivo del fatturato – evidenzia un crollo marcato a febbraio, mentre il PMI manifatturiero continua a muoversi sotto la soglia dei 50 punti, registrando 46,6 a marzo contro i 47,4 di febbraio.

Investimenti in stallo e fiducia in picchiata

Oltre ai dati sulla produzione, a preoccupare Confindustria è il clima psicologico che si respira tra le imprese. La fiducia delle aziende, secondo l’analisi del CsC, mostra segnali di progressivo peggioramento, in particolare tra le piccole e medie imprese. La causa è da ricercare nella debolezza della domanda interna, nell’incertezza geopolitica e nella mancanza di prospettive chiare sul fronte della politica industriale. Gli investimenti, già modesti nel corso del 2024, registrano ora una fase di stallo che rischia di diventare cronica. Senza un rilancio deciso, il pericolo è quello di una stagnazione prolungata.

Dazi Usa e tensioni globali come fattore destabilizzante


A pesare sul morale degli industriali è anche il clima internazionale. L’ipotesi di nuovi dazi commerciali da parte degli Stati Uniti – già annunciata da Donald Trump e ribadita dal vicepresidente JD Vance in visita a Roma – mette in discussione l’accesso a mercati fondamentali per le esportazioni italiane. L’industria metalmeccanica, quella alimentare e il settore della moda sono tra i comparti più esposti. Confindustria chiede al governo di attivarsi subito in sede europea per scongiurare un’escalation protezionista che danneggerebbe pesantemente la manifattura italiana, soprattutto in una fase così fragile.

Richiesta di interventi urgenti e mirati


Il CsC sollecita misure immediate per sostenere la competitività del sistema produttivo nazionale. Tra le proposte avanzate ci sono il rafforzamento degli incentivi per l’innovazione, la semplificazione burocratica per gli investimenti industriali e il rafforzamento degli strumenti di garanzia pubblica per il credito alle imprese. Gli industriali chiedono inoltre una strategia chiara per la transizione energetica, che finora ha comportato più costi che opportunità. La paura di fondo è che, in assenza di un cambio di passo, l’Italia possa trovarsi a pagare un prezzo altissimo in termini di occupazione, produttività e stabilità sociale.
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