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Mogherini e Sannino indagati e fermati, bufera sull’Accademia Ue

- di: Marta Giannoni
 
Mogherini e Sannino indagati e fermati, bufera sull’Accademia Ue
Mogherini e Sannino, bufera sull’Accademia Ue

Tre fermati (va ricordato che non si tratta né di condannati né imputati, ma solo di accusati), blitz nel “ministero degli Esteri” europeo e al Collegio d’Europa: cosa c’è dietro il sospetto di un bando cucito su misura. 

(Foto: Federica Mogherini Federica, ex “ministra degli esteri” della Ue).

Il cuore della diplomazia europea si è svegliato con i lampeggianti sotto le finestre. Tre personalità di primo piano, tutte italiane, sono state fermate dalla polizia federale belga su mandato della Procura europea (EPPO), mentre gli investigatori setacciavano gli uffici del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae / EEAS) a Bruxelles e i palazzi del Collegio d’Europa di Bruges.

Nel mirino c’è un appalto sensibile: il progetto per la nuova Accademia diplomatica dell’Unione europea, un programma di formazione di nove mesi per giovani diplomatici degli Stati membri, aggiudicato al Collegio d’Europa per il periodo 2021-2022. Gli inquirenti sospettano che la gara non sia stata affatto una gara: si parla di frode sugli appalti, corruzione, conflitto di interessi e violazione delle regole di concorrenza leale.

Al centro della scena finiscono Federica Mogherini, ex Alto rappresentante Ue e oggi rettrice del Collegio, Stefano Sannino, già segretario generale del Seae e ora direttore generale della Commissione per il Mediterraneo / Medio Oriente allargato, e un terzo dirigente del Collegio, indicato da fonti belghe come un alto responsabile dell’area formazione e progetti. Tutti e tre sono al momento indagati e fermati, non condannati: la presunzione d’innocenza rimane piena.

Cosa contesta la Procura europea

È l’EPPO di Bruxelles – la Procura europea incaricata di difendere gli interessi finanziari dell’Unione – a guidare l’operazione. Nel comunicato diffuso da Lussemburgo si parla di “sospetto di frode legata a fondi Ue per la formazione di giovani diplomatici” e di tre persone fermate dopo perquisizioni simultanee: più edifici del Collegio d’Europa a Bruges, la sede dell’EEAS a Bruxelles e le abitazioni dei sospetti.

L’indagine ruota intorno al progetto della European Union Diplomatic Academy, un programma sperimentale voluto dal Seae per rafforzare l’idea di un “corpo diplomatico europeo”. Il contratto per l’anno accademico 2021-2022 viene affidato al Collegio d’Europa dopo una procedura di gara.

Secondo la Procura europea, gli investigatori stanno verificando se:

– il Collegio d’Europa o suoi rappresentanti abbiano avuto accesso anticipato ai criteri di selezione del bando;
– ci fossero elementi per ritenere che il Collegio sapesse già di avere l’appalto in tasca prima della pubblicazione ufficiale dell’avviso da parte del Seae;
– durante la procedura siano state condivise informazioni confidenziali con uno dei concorrenti, violando il principio di parità di trattamento.

Nel comunicato dell’EPPO viene esplicitamente richiamato l’articolo 169 del Regolamento finanziario Ue, che disciplina la concorrenza leale negli appalti comunitari e vieta qualsiasi vantaggio indebito per un offerente. Se i sospetti verranno confermati, le condotte potrebbero integrare frode in materia di appalti, corruzione, conflitto di interessi e violazione del segreto professionale.

Prima dei blitz, la Procura europea ha chiesto e ottenuto la revoca dell’immunità per alcuni dei sospettati, passaggio obbligato quando si tratta di funzionari europei. L’inchiesta è nata da una prima segnalazione all’Ufficio europeo antifrode (Olaf), che continua a collaborare con gli inquirenti.

Chi sono i tre italiani al centro dell’inchiesta

Federica Mogherini, la ex “ministra degli Esteri” dell’Ue

Federica Mogherini, 52 anni, è uno dei volti più noti della politica estera europea dell’ultimo decennio. Dopo una breve parentesi da ministro degli Esteri in Italia nel governo Renzi, dal 2014 al 2019 ha ricoperto l’incarico di Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, con il doppio ruolo di vicepresidente della Commissione. Dal 2020 è rettrice del Collegio d’Europa, la prestigiosa scuola di studi europei con sedi a Bruges, Natolin e Tirana, e dal 2022 è indicata come direttrice dell’Accademia diplomatica Ue integrata nel Collegio.

Proprio questo doppio cappello – ex vertice politico della diplomazia Ue e poi guida dell’istituto che ottiene il maxi-appalto – viene oggi riletto dagli inquirenti in chiave di possibile conflitto di interessi.

Stefano Sannino, l’uomo macchina del Seae

Stefano Sannino, diplomatico di lungo corso, è stato segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna dal 2021 al 2025, dopo una carriera che lo ha visto già ambasciatore d’Italia a Madrid e alto funzionario della Commissione europea. Terminato il mandato al Seae, è stato nominato direttore generale per la regione Medio Oriente, Nord Africa e Golfo presso la Commissione.

In qualità di numero uno amministrativo del Seae, Sannino aveva un ruolo chiave nella macchina che gestisce appalti, programmi e personale della diplomazia europea. È questo intreccio di competenze – e il fatto che il Seae sia l’ente appaltante dell’Accademia – a spiegare la sua presenza nel fascicolo della Procura europea.

Il terzo arresto a Bruges

Meno noto al grande pubblico, il terzo fermato è un dirigente del Collegio d’Europa, con doppia nazionalità italo-belga, responsabile di formazione executive, training e progetti. La sua posizione lo colloca esattamente nell’area che gestisce corsi su misura per funzionari e diplomatici e l’attuazione pratica dei contratti finanziati dall’Ue.

Secondo fonti giudiziarie belghe, gli inquirenti intendono chiarire chi, materialmente, avrebbe gestito il rapporto con il Seae durante la gara e la fase esecutiva del progetto Accademia.

L’Accademia diplomatica Ue: il progetto e i soldi in gioco

L’idea di una Accademia diplomatica dell’Unione nasce anni fa: Bruxelles vuole un percorso comune di formazione per i giovani funzionari della politica estera, sul modello delle scuole diplomatiche nazionali. Nel 2021 il Seae annuncia una procedura di gara negoziata per un “pilot academic programme” dell’Accademia, con avvio previsto nel 2022.

Il Collegio d’Europa – fondato nel 1949, prima scuola post-universitaria dedicata agli affari europei – è il partner naturale: accoglie ogni anno centinaia di studenti, molti dei quali diventeranno funzionari della Commissione, del Consiglio o del Parlamento Ue. Da decenni è una sorta di incubatore di eurocrati.

Stando a indiscrezioni di stampa, l’inchiesta belga non si limita al valore del contratto di formazione – nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro – ma guarda anche a un acquisto immobiliare a Bruges per circa 3,2 milioni di euro, ritenuto connesso al progetto Accademia. Il quadro, insomma, non è quello di una semplice commessa per qualche seminario: è la costruzione di un vero e proprio campus diplomatico europeo.

Il meccanismo del bando e l’ombra dell’appalto pilotato

Cosa avrebbe convinto la Procura europea a parlare di violazione delle regole di concorrenza? Gli inquirenti ipotizzano che uno dei soggetti legati al Collegio possa aver ricevuto in anticipo informazioni chiave sulla gara: criteri di valutazione, punteggi, condizioni economiche. Informazioni che, se confermate, avrebbero trasformato la gara in una formalità.

Il Regolamento finanziario Ue stabilisce che tutti gli offerenti debbano essere trattati allo stesso modo, senza favoritismi né scorciatoie. Condividere documenti interni, anticipare soglie o requisiti, o far filtrare chi “deve” vincere significa alterare l’esito della procedura e, nei casi più gravi, integrare reati di frode sugli appalti e corruzione.

Nel fascicolo dell’EPPO compaiono infatti le ipotesi di: frode in materia di appalti a danno del bilancio Ue, corruzione, conflitto d’interessi, violazione del segreto professionale. Il tutto aggravato dal contesto: non un appalto qualsiasi, ma un progetto che dovrebbe incarnare proprio il primato dello Stato di diritto europeo.

Cosa succede ora ai tre fermati

In Belgio, chi viene fermato nell’ambito di un’indagine penale può essere privato della libertà fino a 48 ore prima di comparire davanti a un giudice istruttore. Entro quel termine il magistrato decide se rilasciare la persona, con o senza condizioni, oppure convalidare il fermo con un mandato d’arresto. Nel frattempo, gli indagati possono chiedere l’assistenza di un avvocato e sono interrogati in presenza della difesa.

L’EPPO insiste su un punto: tutti i coinvolti sono presunti innocenti finché un tribunale belga non dovesse eventualmente accertarne la responsabilità. È una precisazione non solo giuridica, ma anche politica, visto il clamore legato ai nomi coinvolti.

Le reazioni a Bruxelles: imbarazzo, ma anche rivendicazione dei controlli

La notizia dei blitz è arrivata come un fulmine su Bruxelles, dove il Seae occupa uno degli edifici simbolo del quartiere europeo. La Commissione europea ha confermato in conferenza stampa le perquisizioni negli uffici del servizio esterno e ha sottolineato che l’inchiesta riguarda fatti avvenuti durante il precedente mandato, quando alla guida della diplomazia Ue c’era Josep Borrell e la Commissione era presieduta da Ursula von der Leyen.

Nessun commento nel merito – “indagine in corso” – ma un messaggio politico chiaro: da un lato, l’Unione mostra di avere strumenti propri per indagare sui propri fondi (EPPO e Olaf), dall’altro deve fronteggiare un caso che rischia di minare la credibilità del suo discorso anticorruzione verso i Paesi terzi.

Il Collegio d’Europa, a sua volta, ha fatto sapere di collaborare pienamente con le autorità e ha ribadito la fiducia nelle sue procedure interne, ricordando il ruolo storico dell’istituzione nella formazione delle élite europee. Una linea difensiva prudente, mentre la rettrice è tra le persone fermate.

Mosca all’attacco: “L’Ue predica bene e razzola male”

Se Bruxelles sceglie il profilo basso, Mosca non perde l’occasione. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commenta la vicenda parlando di Unione europea che “preferisce non vedere i propri problemi di corruzione” mentre continua a dare lezioni agli altri.

In dichiarazioni rilanciate dai media vicini al Cremlino, Zakharova sostiene che nell’Ue “ogni giorno milioni di euro scorrono attraverso tubature di corruzione verso Kiev per finire nelle tasche private”, accusando Bruxelles di trasformare ogni crisi – dalla pandemia di Covid-19 alla guerra in Ucraina – in un business politico e finanziario. E conclude accusando l’Unione di ignorare i propri scandali mentre “fa sermoni” al resto del mondo.

È un copione collaudato: la diplomazia russa sfrutta ogni inchiesta interna all’Ue per delegittimare il discorso europeo su stato di diritto e trasparenza, soprattutto nel contesto del sostegno politico, militare e finanziario a Kiev. Il caso Accademia, con il coinvolgimento di figure simbolo come Mogherini, offre a Mosca materiale perfetto per questa narrativa.

Cosa c’è davvero in gioco per l’Unione europea

Al di là dei destini personali dei tre indagati, l’inchiesta mette in discussione un tassello cruciale del progetto europeo: l’idea che la Ue possa contare su un corpo diplomatico formato in casa, con standard comuni e valori condivisi. Se proprio su questo terreno emergono sospetti di favoritismi e scorciatoie, il colpo alla reputazione è inevitabile.

Per la Procura europea, si tratta anche di un banco di prova. L’EPPO è operativa solo da pochi anni e ha costruito la propria immagine su dossier di frode fiscale transfrontaliera e uso indebito di fondi agricoli o di coesione. Ora entra nel cuore politico delle istituzioni, con un’indagine che riguarda l’élite stessa della diplomazia Ue.

Se l’inchiesta dimostrerà l’esistenza di un bando pilotato, Bruxelles potrà rivendicare di aver ripulito casa propria, rafforzando le argomentazioni verso i Paesi candidati e partner a cui chiede riforme e anticorruzione. Se invece il castello accusatorio dovesse sgonfiarsi, resterà comunque il segno di un sospetto grave, esploso nel luogo simbolo della formazione delle future élite europee.

Gli scenari possibili: tra processo esemplare e archiviazione

Da qui in avanti, gli scenari restano aperti. Gli inquirenti dovranno dimostrare non solo che regole e procedure sono state violate, ma anche che ci sia stato un intento doloso: un disegno consapevole per favorire un determinato soggetto a discapito degli altri concorrenti.

Se le prove – email interne, verbali, documenti riservati – dovessero confermare le ipotesi della Procura europea, il processo rischierebbe di diventare un caso esemplare di corruzione interna alle istituzioni Ue. In caso contrario, rimarrebbe una vicenda politicamente devastante ma giudiziariamente vuota, da archiviare o chiudere con esiti più sfumati.

Per ora, un dato è certo: il motto secondo cui l’Ue è “più severa con se stessa che con gli altri” viene messo alla prova da un’indagine che entra in casa della sua diplomazia e nella scuola dove si formano i futuri custodi del progetto europeo.

Nota: le persone coinvolte nell’inchiesta sono allo stato attuale indagate e non condannate.     

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