Ogni volta che medito su Woody Allen ho una stretta al cuore. Innanzitutto perché rifletto sulla mia sorte, che mi ha fatto incontrare una fauna variegata, ma spesso poco interessante: se vivessimo in un mondo giusto, adesso non penserei a come ho speso male il mio tempo che non tornerà più. Un’altra cosa che penso, quando penso a Allen, è quanto rappresenti degnamente la dimostrazione della verità enunciata da de Laclos: una sola relazione pericolosa può distruggere la vita, che è esattamente quello che gli è capitato, avere vita e reputazione rovinate dalla relazione pericolosa con una squilibrata rancorosa, e fa pure rima. Giorni fa, dopo l’anteprima settembrina al Festival di Venezia, è finalmente uscito in tutta Italia il nuovo film di Woody Allen, Coup de Chance, colpo di fortuna, un titolo dai significati molteplici: ma dato l’uso inverecondo di parole e pessime abitudini di questo secolo, non scrivo altro per non spoilerare (orrore per concetto e parola), e sono qui a pensare quanto quest’uomo continui a insegnarci la vita più di chiunque altro, descrivendo l’umanità con uno sguardo ironico e dolente e piazzandola, per attutire il colpo, in scenari meravigliosi, a fare da bilanciamento a una pletora di personaggi fin troppo umani, descritti magnificamente e destinati, con presumibile certezza, a diventare stereotipi culturali.
A 87 anni Woody Allen continua a insegnare la vita
Nessuno come Woody Allen sa descrivere la prigione di certi matrimoni e certi mariti che solo a guardarli sullo schermo ci si sente soffocare, come quest’ultimo, Jean, (p)ossessivo come parecchi esemplari che ho conosciuto, intento a osservare i suoi trenini in scenette degne di una nuova psicopatologia della vita quotidiana. Penso anche che, al di là di tutti i guastafeste che da mesi non fanno che ripetere quanto, a parità di argomento, fosse meglio Match Point, in realtà la cinquantesima fatica del regista se ne discosta molto, pur parlando dello stesso argomento. Per dire, Bella del Signore parla d’amore come Solal, ma non sono lo stesso romanzo. Match Point e Coup de Chance parlano di fortuna, e di caso, e di quanto conti il caso nella fortuna e la fortuna nella vita: ma non sono lo stesso film e paragonarli è da pedanti senza campanaccio, come le vacche di Almodovar, che si prefiggono l’unico scopo di demolire un film che è una vera e propria delizia. Possibile, mi domando e dico, che non si è più capaci di godere della bellezza, come la visione di una maison francese di campagna, senza una serie di dietrologie noiose e assolutamente inutili? Invece, sarebbe molto meglio concentrarsi sul terrificante ruolo del caso nelle nostre vite, e se è vero, come è vero, che troppo sexy non esiste: come per troppo ricco. E che per nascere sia necessaria più fortuna che per vincere alla lotteria.