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Te voglio fa’ sape’…

- di: Barbara Leone
 
Ogni anno la stessa musica. E no, non parlo delle canzoni. Ma di quelli che… “io non guardo Sanremo. E una bella vagonata di chissenefrega dove la mettiamo? Per inciso: sono anni, decenni forse, che il Festival non lancia belle canzoni. E su questo, credo, siamo tutti d’accordo. Non occorre essere boomer per capire che il livello qualitativo del Festival, ma della musica anzi dell’arte in generale, ha toccato probabilmente i suoi minimi storici. E mi sa che c’è ancora da grattare il barile. Se insopportabili sono certi cantantucoli che si atteggiano star, e se insopportabili sono le canzoni che oggettivamente fanno venire il latte alle ginocchia, altrettanto insopportabili sono i soliti, triti e ritriti gnegne snoabbazzoni di quelli che sottolineano, come se noi ce ne importasse qualcosa, che loro no: non guardano Sanremo. L’ultimo, che gentilmente ci ha messo a conoscenza della sua intenzione di non guardare il Festival è stato il caro vecchio Gino Paoli, che tra le righe, ma neanche troppo, ha detto: ci vanno solo canzoni di merda. Gli diamo torto? No, ma la sua esternazione non è esattamente chic. Anche perché, sommessamente, vorrei ricordare che anche ai tempi di Paoli arrivavano a Sanremo canzoni non propriamente belle. E a volte guarda un po’, vincevano pure. O mi volete dire che “Non ho l’età” sia una bella canzone?

O, che ne so, in anni recenti (si fa per dire perché era il 1989) “Cara terra mia” di Al Bano e Romina, che al grido di “come va come va tutto ok tutto ok” si son piazzati addirittura terzi. Laddove per conto mio, e non solo mio, in quell’occasione avrebbero fatto meglio a darsi all’orto, per rimanere in tema. Ma gli esempi si sprecano. Perché la verità è che tutti sti gran capolavori non sono mai, con qualche rara eccezione, usciti fuori dall’Ariston. Pure Cocciante quando ci andò, ovviamente vincendo a mani basse, portò una canzone così così per il suo range. Quindi, caro Paoli, come vedi tutto il mondo è paese. Riviera compresa. Anzi, a ben vedere quella di Sanremo è una grande, immensa, trashissima festa di paese. E quest’anno, c’è da scommetterci, non mancheranno manco i trattori. Che poi, sempre per dire eh, non lo guardi ma ci vai ospite? Ospitata che l’anno scorso è rimasta memorabile non tanto per la sua esibizione quanto per le poco carine allusioni ai tradimenti della moglie di Little Tony. Come dire, la classe non è acqua. E manco vino, a buon intenditor… 

E poi… E poi ci sono i social: l’apoteosi di battute contro il Festival e chi lo guarda all’insegna dell’ironia più sguaiata e becera. Perché tu puoi benissimo non guardare Sanremo perché non ti piace, non ti interessa, qualsiasi cosa vuoi tu, ma mettersi a insultare chi lo guarda, o anche solo mettersi a commentare gli articoli su Sanremo senza neanche leggerli ma soltanto dicendo “io non guardo Sanremo”, la dice lunga su chi sei. Per non parlare di chi “Io non guardo Sanremo da 20 anni perché oramai fa schifo”. Ma se non lo guardi, esattamente, come fai a dire che fa schifo? Che poi molto spesso sono gli stessi che in macchina sparano a palla la Amoroso o Ultimo. Così, per dire. E così per cinque giorni si sfideranno tutti gli esperti di cultura musicale (in capa a loro) che ti faranno sapere a tutti i costi che loro NON guardano Sanremo, criticando il “non visto” dopo ogni puntata. Perché alla fine puoi dirlo quanto vuoi che non guardi Sanremo. Ma una capatina ce la facciamo tutti. Non fosse altro che per dire: io non c’ero.
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