Ode al pesto e alla mortazza nuziale
- di: Barbara Leone
Ci sono eventi nella vita che ci lasciano senza parole. L’atterraggio sulla Luna. L’invenzione dell’iPhone. E, ora, il menu di nozze di Veronica Ferraro. Mentre qualcuno nel mondo si preoccupa del riscaldamento globale o della crisi economica, noi siamo qui, in pieno 2024, a discutere del fatto che un’influencer ha osato servire pasta al pesto al proprio matrimonio. Sì, avete capito bene. Pasta. Al pesto. Non aragoste servite su foglie di banano strappate direttamente da un’isola caraibica, e nemmeno caviale proveniente da uno storione addestrato a nuotare solo nelle acque pure (e caldissime) dell’Alaska. No. Pesto. Quello squisito, ma semplicissimo, condimento fatto col basilico coltivato in balcone, pinoli come se piovesse, olio (rigorosamente extravergine, però) e aglio. Taaanto aglio, con buona pace della fiatella. L’occorrente? Il caro, vecchio mortaio. Ma anche un banalissimo mimipimer fa il suo onesto dovere. La morte sua sono le trofie, ma pure i rigatoni ci stanno bene. Non un piatto della domenica, insomma. Anzi. Per noi che andiamo di fretta, la pasta al pesto (quello pronto del super, mamma fai finta che non hai letto) è una vera e propria salvata. Dieci minuti e voilà: la pratica è spicciata. O, parafrasando la mitica trasmissione di Corrado, il pranzo è servito. Tiè! Ed è qui che la faccenda si fa interessante. Perché, per qualche strano motivo, questo piatto che siamo in molti a mangiare quando la pigrizia ci assale, ha mandato in crisi il popolo del web. Che, puntuale come le cambiali, ha si è scagliato contro l’influencer amica del cuore di Chiara Ferragni, rea d’aver propinato ai suoi invitati di nozze un menù terra terra. Perché non bastava la pasta al pesto. No! Per secondo cosa ha ben pensato di offrire? Le polpette al sugo. Roba da poveri! Senza contare un dettaglio non proprio trascurabile: perché che polpette al sugo sarebbero senza scarpetta? Ma valla a fare senza impataccare l’abito da sera da duemila euro: ci vuole un acrobata! E però l’offesa culinaria avanzata dai novelli sposi ha raggiunto il suo acme col… tenetevi forte, ma forte forte: pane e mortazza. Vade retro Satana! Perché se, con magnanima generosità, si può perdonare la pasta al pesto e, forse forse, pure le polpette al sugo, il pane con la mortazza anche no. Quello te lo magni te all’uscita dello stadio, bella mia.
Sarà stato più o meno questo il ragionamento (mo’, ragionamento mi pare un parolone) che ha scatenato i commenti cattivissimi degli immancabili leoni da tastiera? Credo proprio di sì, o comunque, non siamo andati così lontani. Perché dall’alto, anzi dal basso, della loro invidia avranno pensato (mo’, pensato mi pare esagerato) che se una nota influencer, per giunta amica del cuore della Ferragni, non mette nel suo menù nuziale almeno tre portate di cucina molecolare su piatti decorati con foglie d'oro, è una poveraccia. Magari quelli che l’hanno criticata col ditino puntato sono gli stessi che si riempiono di debiti per una pacchianata al Castello delle cerimonie. Quelli che se non hai servito almeno 18 portate preparate da un ex concorrente di MasterChef, il tuo matrimonio è una farsa, un flop, una catastrofe. “Solo pane e mortadella?”, si sono chiesti indignati gli utenti sui social, dimenticando che, nell’epoca dei brunch milionari, la vera trasgressione è servire qualcosa che la gente realmente mangia. “Quella pasta era un omaggio a mio papà e per me valeva più di qualsiasi piatto raffinato che avrei potuto scegliere”, ha replicato elegantemente Veronica, con una calma da far invidia a un monaco zen. E così, mentre i soliti webeti continuavano a dibattere sul significato simbolico della mortadella di nozze, lei ha ribadito che per gli ospiti c’era comunque un buffet ampio, e addirittura pizza dopo la festa. Come a dire: tranquilli, che nessuno è morto di fame. Del resto, chi mai potevano essere gli ospiti a un matrimonio come quello di Veronica Ferraro? Celebrità, influencer, persone che probabilmente hanno mangiato tartare di salmone per colazione e sushi a merenda. Pensate davvero che fossero lì per lamentarsi della pasta al pesto? Anzi, probabilmente quel pane e mortadella avrà fatto scendere una lacrimuccia di nostalgia a più di qualcuno, ricordando i tempi in cui non si pagavano 12 euro per un avocado toast.
Quello di Veronica non è stato solo un matrimonio, ma una piccola rivoluzione gastronomica. In un mondo dove sembra necessario impressionare con piatti sempre più complicati e inaccessibili, lei ha scelto la semplicità ed un menù antispreco. Ma, soprattutto, ha scelto il cibo che racconta una storia, che porta con sé il calore della famiglia. E chi ha avuto il coraggio di criticarla, forse si è dimenticato di quanto un piatto di pasta al pesto, fatto con amore, possa valere più di qualsiasi aragosta servita su una torre di ghiaccio. Forse siamo noi, con le nostre aspettative irragionevoli, a doverci fermare e riflettere. Un matrimonio non è un concorso di cucina. Non è una sfilata di piatti gourmet che devono superare il giudizio di una giuria invisibile di food blogger. È una festa, un momento di condivisione e, soprattutto, di amore. E se per Veronica l’amore ha il sapore del pesto, chi siamo noi per criticarlo? Il vero “scandalo” non è il menu all’amatriciana, o genovese vista la presenza del pesto ligure. Ma l’incapacità di taluni di accettare che quasi sempre le cose più semplici sono anche le più belle e vere. Anche se sei la migliore amica della Ferragni. Perché alla fine l’importante non è il cibo, ma l’amore. O no? Va bene, ok, anche il cibo. Ma pane e mortazza sono già un ottimo punto di partenza.