Cantami o d’Iva l’ira funesta a Selvaggia che infiniti zeri addusse ma con Troia hai espugnato un casquè. E, metaforicamente parlando,
è caduta decisamente male l’Ivona nazionale con quel brutto epiteto scagliato brutalmente contro la Lucarelli. Rea d’aver bocciato con un inappellabile e cinico zero la performance danzante di Iva Zanicchi. Che, si sa, è una romagnola verace e sempre un po’ sopra le righe. Ed infondo ci è simpatica anche per questo. Ma durante la prima puntata di Ballando con le stelle andata in onda sabato scorso l’ha decisamente fatta fuori dal vasino. Poi si è pentita e ha chiesto scusa imputando la sua ripugnante sortita ad un rancoruccio che covava da un po’ contro la giurata più bacchettona e, diciamolo, acidella dello show. La quale, ha detto la Zanicchi a mo’ di giustificazione, tempo fa l’avrebbe definita una vaiassa che frequenta i salotti buoni. A sua volta la Lucarelli ha detto che no, vaiassa non è un’offesa perché vuol dire popolana.
Lo specchio impietoso del marcio regolarmente normalizzato in tv
E, anzi, è quasi un complimento per una donna genuina come lei che nel bene e nel male dice sempre pane al pane vino al vino. Vero è che vaiassa vuol dire popolana ma,
Selvaggia cara, non rigiriamo la frittata facendolo passare per un complimento perché non lo è. Anche se però non è nulla al confronto con l’odioso insulto scaraventato poi dalla Zanicchi contro la
Lucarelli, definita per ben due volte una meretrice, per dirla pulita. Lo ribadiamo: Selvaggia Lucarelli non brilla certo di simpatia, ha sempre l’aria da maestrina con la penna rossa e se c’è da criticarla la critichiamo pure. Ma la pessima uscita della Zanicchi è a dir poco inqualificabile. E rappresenta lo specchio impietoso del marcio che viene regolarmente normalizzato in tv. Tanto più che l’insulto è uscito dalla bocca di una donna, oltretutto ben in là con gli anni.
E che dunque le ha viste e vissute tutte le battaglie delle donne per affrancarsi dal recinto del pregiudizio tutto maschile secondo il quale
tutte le donne son passeggiarci allegre tranne la propria madre. Sappiamo bene che quando ci si mettono le donne sanno essere di una cattiveria da far impallidire il più bifolco dei maschi. Così come sappiamo che la storia della sorellanza è una boiata pazzesca, il bluff del secolo. Però non ci abitueremo mai a siffatta mediocrità linguistica e di pensiero. Chiamateci cretine, oche giulive, cozze, zitelle et similia. Ma che puntuale come le cambiali ogni santa volta arrivi sempre quell’insulto lì anche basta. Squallore infinto. Avete stufato. Ma forse abbiamo sentito male. No, non ha detto t…a. Ma noia, noia, noia.