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Niente bollicine per Chiara

- di: Barbara Bizzarri
 
Dagli altari alla polvere: potrebbe essere definita così la parabola di Chiara Ferragni, fino a poco tempo fa acclamata ed esaltata mentre adesso è una gara, obiettivamente patetica, tra chi riesce a smarcarsene più velocemente e, del resto, non c’ è da stupirsi se la maggior parte delle aziende non voglia essere associata con una figura che ha assunto la valenza negativa di chi fa beneficenza soltanto a sé stessa. Anche se, al di là del pandorogate e delle uova di Pasqua, non è che prima le collaborazioni della Ferragni si fossero rivelate fruttuose: Tod’s l’ha praticamente messa alla porta e per il consumatore medio non ci vuole molto a decidere che in effetti non vale la pena pagare centinaia di euro per paccottiglia dozzinale fabbricata in Cina, come prova il caso della gioielleria costretta a svendere i gingilli dal famoso occhio stilizzato e dello store monomarca in piazza Gae Aulenti a Milano, rimasto deserto nonostante i saldi. 

Ultima delle aziende a dare il berservito a Ferragni, Coca Cola, che ha rinunciato allo spot programmato per Sanremo defilandosi in buon ordine. Un’altra batosta dopo quella inflitta all’influencer da Safilo, che ha recentemente interrotto la licenza in seguito alla "violazione di impegni contrattuali assunti dalla titolare del marchio". Decisioni scaturite dopo la multa milionaria comminata dall'Antitrust e applaudite dal Codacons, che ha dichiarato: “La scelta di Coca Cola dimostra attenzione e rispetto verso i consumatori lesi dallo scandalo del pandoro-gate. Ora però la questione deve allargarsi a tutto il mondo ambiguo e poco trasparente dei social network, e le aziende che hanno contratti di sponsorizzazione attivi sia con la Ferragni, sia con altri influencer famosi, devono adottare analoghi provvedimenti, considerati i gravi fatti emersi e la pubblicità ingannevole od occulta che troppo spesso viene fatta da tali personaggi attraverso i canali social”.

Ci si chiede ora quale potrebbe essere la prossima azienda a scappare, dato che brand del calibro di Intimissimi, L'Oréal, Pantene, Lancome, Nestlé, Calzedonia, e Morellato, che hanno supportato Ferragni per anni, mantengono ancora il massimo riserbo riguardo alla serie di controversie che coinvolgono l'influencer.  In questa sfilza di defezioni, è quasi eroica la decisione della storica cartoleria Pigna che, del tutto controcorrente, ha deciso di mantenere attiva la partnership: "Collaboriamo con Chiara Ferragni da diversi anni, avendo avuto modo di apprezzarne le doti umane e imprenditoriali. La relazione commerciale tra i due brand italiani è stata proficua e soddisfacente in tutti i mercati in cui operiamo. La storia di 185 anni di Pigna, la nostra leadership e il nostro stile aziendale ci portano a guardare verso il futuro, con l’auspicio che l’attuale non facile contesto possa essere superato".

Quanto accaduto a Chiara Ferragni, però, getta una nuova luce sul fenomeno degli influencer, spesso nient’altro che piazzisti baciati dalla fortuna, verso cui adesso si staglia ancora una nuova minaccia all’orizzonte. Infatti, è in arrivo un esercito di influencers artificiali: creati dall’IA, bellissimi, lavorano 24 ore ore al giorno tutti i giorni senza frignare e soprattutto senza invecchiare. Già contesi dai brand più prestigiosi, come Emily Pellegrini, creata grazie a una conversazione su ChatGPT e che guadagna 10mila euro a settimana, gli influencers virtuali almeno non rischiano di incappare in passi falsi dovuti agli aspetti più miserabili dell’umanità.
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