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Meghan, American Riviera flop

- di: Barbara Bizzarri
 
Quando dice male, dice male: credevano di poter fare gli spavaldi e di poter diventare “economicamente indipendenti” (che nel loro caso non è il comune diciottenne che se ne va di casa - ovviamente, non in Italia - ma esigenze milionarie di un principe e famiglia annessa) ma la verità è che nessuno, passato il primo momento di curiosità, un po’ come allo zoo, li ha perdonati per aver sparato a zero sulla famiglia reale per motivi prettamente economici. 

E dopo Harry che si interroga su come tornare all’ovile senza dare troppo nell’occhio, adesso Meghan deve vedersela con un “caos assoluto”, almeno secondo Richard Fitzwilliams: in un’intervista a Gb News, il commentatore reale ha rivelato che la domanda della duchessa per registrare il nome del suo nuovo sito di lifestyle è stata respinta dall’ufficio brevetti e marchi degli Stati Uniti. L’esperto si è detto sconcertato dal fatto che il team amministrativo della moglie di Harry non sia riuscito a considerare preventivamente uno scenario del genere: “Non si può usare il nome di una contea o di un luogo specifico per il proprio marchio ma nessuno sembra essersene accertato prima, e ora l’azienda ha subìto una battuta d’arresto. Doveva essere una cosa importante, legata al programma Netflix e ora sembra che la registrazione del marchio possa subire notevoli ritardi o che forse il nome potrebbe dover cambiare”, ha affermato Fitzwilliams. 

Secondo l’Ufficio brevetti, l’uso della località nel nome lascia presumere “un’associazione pubblica dei beni e dei servizi con il luogo”. La duchessa ha lanciato la sua azienda in modo soft, inviando campioni di marmellata ad amiche famose come Kris Jenner senza ricevere in cambio, però, alcun tipo di endorsement. Una pagina web invita i sostenitori a unirsi a una lista di attesa per essere tenuti aggiornati su “prodotti, disponibilità e aggiornamenti” ma il sito, che si proponeva di contrastare lo strapotere di Goop dell’asso pigliatutto Gwyneth Paltrow, un genio del marketing che riesce a commercializzare pure l’aria che respira per non parlare d’altro, in realtà langue e fatica a decollare. 

E mentre il fisco americano batte cassa, dato che lo stesso ufficio brevetti ha affermato che “a vari enti internazionali sono dovute delle tasse per un totale di più di 11 mila dollari”, l’azienda di Meghan non ha ancora un amministratore delegato dato che nessuno ha voluto assumere il ruolo visti i licenziamenti in massa dell’ultimo periodo nella fondazione benefica Archewell dei duchi di Sussex. Matt Yanofsky, esperto di pubbliche relazioni e marketing del brand, ha rivelato al Times le sue preoccupazioni al riguardo: «Fossi un investitore le direi di trovare un Ceo con piano aziendale diretto che dimostri redditività o almeno un piano di ricavi entro i prossimi 60-90 giorni, altrimenti ritiro i miei soldi». 

Nel frattempo al di qua dell’oceano il solito beneinformato rivela che, nonostante i tentativi di Harry, “William è assolutamente convinto che i Sussex non dovrebbero essere accolti di nuovo in famiglia”: a questo punto, invece di tornare in Inghilterra sarebbe consigliabile andare a Lourdes e sperare in un miracolo. 

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