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Maria Santissima della Bruna aiutaci tu!

- di: Barbara Leone
 
Lo sappiamo tutti: la devozione ai santi patroni è molto sentita in Italia. E più si scende, più questa devozione è forte. Fortissima. Ai limiti della più cieca, e in certi casi surreale, idolatria. Come a Matera, incantevole città dei celeberrimi Sassi, ove una associazione locale s’è fatta portatrice di una tanto curiosa quanto allettante proposta: un bonus sotto forma di danaro da riservare a tutti quei genitori che nel corso del 2024 attribuiranno ai nuovi nati il nome del santo patrono della città. Che, con tutto il rispetto per il venerabile, è veramente imbarazzante: Eustachio. Il quale Eustachio, che di nome di battesimo faceva Placido (peggio me sento), è pure il santo patrono dei cacciatori. E tanto mi basta per farmelo stare sulle balls. L’intento, nobilissimo per carità, sarebbe quello di portare avanti le tradizioni locali, la devozione nei confronti del patrono della città e dare continuità ai nomi tipici materani. A scapito, però, dei nascituri. Perché, di grazia, che male ha fatto un ragazzino per chiamarsi Eustachio nel 2024?

Vero è che in quanto a nomi sono anni, anzi decenni, che i genitori non si regolano dando ai poveri figli i nomi più strambi solo in virtù di una moda del momento o dell’entusiasmo nei confronti di un personaggio famoso. Basti pensare che l’Italia pullula di Diego Armando in onore a Maradona e di Sue Ellen o Pamela, in questo caso pure peggio perché mutuate da una serie tv, ovvero “Dallas”. E che vogliamo dire poi delle intramontabili Deborah, rigorosamente con l’acca, e JJJessica di “famolo strano”? Poi è stata la volta di Chanel, Chantal (a Roma Sciantalle), Skyler, Justin, Maicol (a Napoli scritto proprio così, giuro) fino al recentissimo Axel Lupo, il nome del figlio di Romina junior di cui abbiamo ampiamente parlato dopo la querelle avuta al riguardo con Fiorello. Insomma, quasi quasi al confronto Eustachio pare un nome normale. E però, diciamolo, proprio non lo è. Come lo accorci, per esempio? Col cacofonico Eu? Pare ‘na targa! E se poi lo chiami da lontano finisce pure che diventi Ueeeeeee. Come la metti la metti, brutto presagio. Oppure Stà, da non confondersi con Stè di Stefano. Perché, almeno qui a Roma, siamo tutti pigri, e i nomi puntualmente li tagliamo. Io, per dire, sono Bà. Barbi, quando uno proprio si impegna. Non vorrei dunque che il povero Eustachio si ritrovasse ad essere appellato Cacchio: il rischio c’è. Vogliamo fare Chiòchiò? Che tenero! Ma siete seri? 

Che poi, per la cronaca, chi ha partorito quest’ideona è l’Associazione Maria Santissima della Bruna. Parliamone. E sicuramente qualcuno che ci casca lo troveranno pure. Perché pecunia non olet, e chi se ne frega se poi il fanciullo in questione sarà perculato a vita. Per dirla tutta, poi, hanno scoperto l’acqua calda, visto che quando c’era lui (usssignur perdonami, l’ho detto) dava un premio a chi chiamava il figlio col suo nome. E difatti abbiamo tutti conosciuto almeno un Benito nella nostra vita. Che io sinceramente mi sarei suicidata piuttosto che chiamare un figlio così, per la bruttezza del nome e per tutto quanto il resto. E però a migliaia risposero: “Obbedisco”, e si misero in saccoccia i dindi. Non mi meraviglierei, dunque, se nei prossimi anni gli asili di Matera e dintorni si ritrovassero “infestati” (si fa per ridere, eh) di Eustachio. Ma soprattutto tremo al pensiero che la cosa venga imitata in altri luoghi. Da Sondrio, che annovera ben due patroni, entrambi dai nomi improbabili (Gervasio e Protasio), fino a Lecce, che può vantare addirittura Sant’Oronzo, sarebbe tutta una comica. Col risultato che coi soldi del bonus gli avidi genitori finirebbero per pagarci lo psicologo al piccolo Agazio, santo patrono di un paesino vicino Catanzaro. Che, quando si dice la fatalità, fa rima con strazio. Il nostro.
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