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Le ricette del Cavaliere: trofie al (buio) pesto

- di: Barbara Leone
 
“Ma è mai possibile o porco di un cane che le avventure in codesto reame debban risolversi tutte con grandi puttane”, cantava il grande Faber nella sua memorabile ballata dedicata a Carlo Martello. Se il reame è quello del Cavaliere sì: è possibile. Anzi, è matematico. Sempre là si va a parare. Passano gli anni, i capelli imbiancano, i nonni invecchiano ma lui continua ad avere un solo, unico, arzillissimo neurone che gli fa il girotondo in testa. Manco a dirlo, a forma di patata. E così succede che per motivare i suoi calciatori del Monza, suoi perché è il proprietario del club, ieri se n’è uscito così: “Se vincete faccio arrivare un pullman di troie”. Testuali parole, ovviamente riprese con uno smarphone e rimbalzate su tutti i social. Ipse dixit, e non ce ne stupiamo affatto. Tutto secondo copione, in perfetto stile Berlu. E però che noia, che barba, che barba, che noia. Silvione caro, facci il piacere: cambia musica. Perché non ne possiamo più! Sono decenni che ci sfrantumi le ballsss con questa fissa che c’hai delle donzellette allegre. E’ dai tempi del Drive In, e poi della culona inchiavabile, e poi della nipote di Mubarack, e poi Noemi, e poi i festini di Arcore, e poi le barzellette sul membro dell’asino.

Berlusconi: "se battete la Juve per voi pullman di troie"

Ma basta! E non per falso moralismo, perché ognuno della sua vita privata fa ciò che vuole. Anche se si chiama Berlusconi, anche se, come all’epoca, rappresenta l’Italia e anche se, scongiurato pericolo, ha rischiato di diventare il presidente della Repubblica. Oibò, ma ve lo vedete Mattarella far simili battute da caserma? Pardon, battuta da spogliatoio, l’ha definita lui. Che si è pure meravigliato della raffica di improperi giunti da parte delle politichesse che siedono nel nostro Parlamento. Con quelle di parte sua che, visibilmente imbarazzate, hanno tirato dritto con un laconico e mesto “no comment”. Del resto, che cavolo più vuoi commentare? La sua pseudo moglie che, davanti a siffatta boutade, dall’alto del suo abbottonatissimo colletto ha abbozzato un mezzo sorriso? Perché a certi vecchietti, si sa, bisogna accontentarli sempre. Il tutto potrebbe esser comicamente derubricato ad una sorta di rimbambimento senile, che tante e tante volte colpisce alcuni anziani i quali oramai vivono solo di ricordi. Soprattutto sotto la cintola. E però ridiamo amaro. Perché sotto sotto c’è qualcosa di più grave. Una visione, un’idea del pianeta femminile ridotto a giocattolino usa e getta da comprare, pagare, regalare ai calciatori che vincono una partita. Manco fossero, visto il periodo, panettoni di Natale. Un modello piccolo e misero di donna, che il Silvione nazionale ha magistralmente sdoganato nelle sue televisioni.

Era uno degli uomini più potenti e invidiati del mondo

Ed è proprio questo il suo più grave, e imperdonabile, peccato originale. Perché come una goccia cinese quella sub cultura si è impossessata di noi. E’ diventata una seconda pelle. Aveva ragione il buon Gaber quando diceva “non temo Berlusconi in sé, ma di Berlusconi in me”. Gira che ti rigira molti, moltissimi, troppi italiani vorrebbero essere come lui. E le risatine complici in perfetto stile lacché, che anche in quest’occasione si sono sprecate, ne sono la prova provata. Lui, poverino, patetico com’è fa quasi pena e pure tenerezza. Un po’ meno quelli che lo sostengono, e che non gli vogliono affatto bene. Perché altrimenti da quel dì che lo avrebbero convinto a ritirarsi a vita privata in compagnia di Dudù. Non foss’altro che per mantenere vivo il ricordo del tempo che fu. Di quando, piaccia o non piaccia, era uno degli uomini più potenti e invidiati del mondo. E invece no: gli permettono di aprir bocca e di fare queste figure barbine. Che lo fanno assomigliare sempre più a Cetto La Qualunque, e sempre meno ad un degno rappresentante del nostro Paese. Che poi chissà come saranno state contente le fidanzate dei calciatori in questione. Vabbè, probabilmente è solo un misunderstanding. Voleva dire trofie. Se vincete faccio arrivare un pullman pieno di trofie. Al (buio) pesto.
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