La regina è nuda (e anche il popolo non si sente tanto bene)
- di: Barbara Bizzarri
Sono davvero sorpresa e costernata dall’alzata di scudi contro la “piccola Chiara” nazionale, caratterizzata dalla tipica cattiveria gratuita di chi si risveglia dall’ipnosi di massa (vedi piazzale Loreto), scoprendo di essere stato perculato e ricorrendo addirittura al bodyshaming di cui tutti fanno finta di provare orrore: è brutta, senza culo, senza tette, manco si fosse presentata all’audizione di A chorus line cantando Tits and Ass. La domanda che sorge spontanea è, cosa ha sorpreso di questa donna che non fosse evidente anche prima? In base a quale convinzione balzana ci si poteva aspettare un agire diverso dai vestiti usati come messaggio, con una spruzzatina di politicamente corretto, da chi sui cambi d’abito ha costruito la sua fortuna, o dalla letterina autoincensante che “ha scritto da sola”, come dire, lei non è la Jebreal che si affida all’influencer blasonata per la modica cifra di 25mila euro: sì, certo. ‘Dai, piccola Chiara’, pigola Amadeus, ‘bravissima’, come un padre che assiste trepidante ai primi passi della figlia ricevendo la tenera risposta, idem. Vi si è aperto il velo di Maya davanti agli occhi e vi adombrate pure? Ma siamo sicuri che la colpa sia sua, oppure, per un miracolo sanremese come salvare cavallo pazzo dalla disoccupazione, vi siete accorti di aver arricchito, come peraltro fate sempre, una che non assumerebbero nemmeno nell’ultimo dei call center? E, se proprio fosse così, sicuri che quella da condannare sine die sia lei? Perché Ferragni ha fatto esattamente quello che fa ogni giorno: indossare vestiti, pubblicizzare sé stessa e paccottiglia varia, scrivere qualche pensierino funzionale alla narrazione corrente, con tutte le complicazioni derivate dalla realtà, che è senza i filtri di Instagram: ma quelli che la osannavano fino all’altro ieri anche quando diceva che “doveva informarsi” sull’Olocausto, che scusa hanno? Non le perdonate di sentirvi sciemi all’improvviso perché avete miracolato lei, tutta la sua famiglia e il socio/marito per procura e affari?
Chiara Ferragni: la regina è nuda
La piccola Chiara è una che 365 giorni l’anno vi sbatte in faccia i suoi privilegi e quando versa due lacrimucce è perché ancora non avevano schiaffato la foto del figlio treenne sulla scatola delle barrette Kinder: doveva essere fulminata sulla via di Sanremo, fare autodafè tra le rose prese a calci da Blanco e parlare alla platea, dall’alto del suo status, di una realtà che non conosce e di cui, presumibilmente, se ne frega? Mica è ingenua fino a questo punto: forse il punto è quanto siete malaccorti voi ad aspettarvelo. Infatti lei non lo fa e allora si rosica, si dice che è non è così bella: vi è caduto il velo e pure un po’ di dignità, e il politically correct magicamente si svela per quello che è, lo spettacolo unidirezionale di una banda di guitti. Quindi brutta la Ferragni, brutta e cattiva, che non si scusa per quanto è ricca e parla di libertà, proprio lei, legata a doppio filo da haute couture ai brands e agli sponsor, quando invece ‘pensati libera’ potrebbe significare tutt’altro che esserlo davvero. Se volevate il peana dell’ascensore sociale in Dior, allora ha fatto bene a percularvi con le frasette stampate sui vestiti, che si spera abbia il buongusto di eliminare. Pronti a inorridire a comando per il bullismo, a frignare e battersi il petto, però sui social tutte si affrettano a sottolineare che, loro, la schiena e il seno ce l’hanno molto meglio della Ferragni, e se non hanno i suoi milioni non è mica per la natura matrigna, è perché sono tanto cretine da giurarlo proprio là, nella pubblica piazza virtuale: le playmates del quartierino, nessuno le ha capite, poverelle. Ora che “la Chiara” non è più l’intoccabile fenomeno nazionale studiato ad Harvard, si gareggia a chi la spara più grossa. Prima la fanno arricchire, poi pretendono che li ringrazi e si scusi del privilegio a reti unificate, dimostrando di non aver digerito il manuale del perfetto suddito da social media: non è così che funziona, spiace.