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La (S)caccia ai Bambotto

- di: Barbara Leone
 
Quando ho letto la storia di Bambotto, cervo bellissimo e confidente ammazzato a fucilate da un cacciatore a Pecol in provincia di Belluno, inevitabilmente mi è tornata lei: la scena più triste di sempre. Quella di Bambi. Recap per i pochissimi che non hanno mai visto quello che è sicuramente uno dei cartoni animati più famosi e struggenti della Disney. Il piccolo Bambi gioca felice con la mamma cerbiatta. Spari di cacciatori. Bambi e la mamma fuggono disperati inseguiti da cacciatori “oscuri e cattivissimi”. Musica angosciante. Altri spari. Nero. Bambi vaga solo per il bosco innevato gridando il nome della mamma. Nessuna risposta… E qui, fiumi e fiumi di lacrime. Due gli aneddoti che fanno capire l’importanza storica di quella scena. Dopo la proiezione del film, il buon Walt Disney dovette fronteggiare finanche le critiche della figlia, che gli rimproverò di non aver salvato mamma cerbiatta. Come se ciò non bastasse, si ritrovò a dover fronteggiare le proteste delle associazioni americane di cacciatori, indignate dal messaggio anti-caccia e dalla rappresentazione a loro dire mostruosa che veniva fatta dei cacciatori. “È un insulto agli sportivi americani”, scrissero. Già. Perché la caccia è considerata, e per legge lo è, uno sport a tutti gli effetti. Ed è tutto qui il nocciolo della questione: nell’Anno Domini 2023 la caccia è uno sport. Alla stregua del calcio, del nuoto e dello sci acrobatico. Esattamente come nel 1948, anno della prima proiezione del film strappalacrime di Disney. Fa niente che dal 1948 ad oggi il mondo è cambiato. O forse, a dispetto del decantato progresso, è sì cambiato. Ma in peggio. Altro che intelligenza artificiale, taxi volanti e menate simili. Siamo all’età della clava in quanto a valori e coscienza. E in questo caso anche materialmente, visto che a caccia ci andava l’homo sapiens ma per procacciarsi il cibo, non certo per il gusto di ammazzare. E finiamola una volta per tutte di chiamare la caccia “sport”! E’ una barbarie, punto.

Il problema non è tanto il bastardo che ha sparato ad un cervo di 7 anni che non faceva del male a nessuno, e cha anzi da sempre girovagava per le case prendendo cibo dalle mani e facendosi accarezzare come un cagnolino tanto da diventare la mascotte del paese. Il problema non è ‘sto fenomeno. Non solo, almeno. Anche se il fatto che abbia appena 23 anni fa letteralmente accapponare la pelle. Ma il problema non è il cacciatore. Il problema è la caccia. La tara è a monte: il mancato divieto della caccia. Quindi ci si può indignare quanto ci pare, ma alla fine della fiera rimangono solo chiacchiere. Parole che si porta via il vento. Ragion per cui dice bene il padre del cacciatore: “mio figlio ha fatto ciò che fanno tutti i cacciatori: ha sparato ad un cervo, il cervo è cacciabile, per cui non c’è nulla di grave o di strano”. Puoi dargli torto? No. La realtà è questa. Ecco perché è completamente inutile e ipocrita, seppur comprensibile, quest’alzata di scudi a difesa di Bambotto. Che con tutto il bene non ha nulla di più né di meno di un altro cervo X o un capriolo senza nome ed età. L’indignazione teniamocela per le urne quando, si spera presto, si andrà a votare per il referendum abrogativo della caccia. Teniamocela per le firme per far passare il referendum e una volta passato per raggiungere il quorum. Così sì che renderemo giustizia a tutti i Bambotto massacrati dai cacciatori. Così sì che la sua morte avrà un senso. Indignarsi sui social non salva nessuno e non serve ad una beneamata mazza. Serviva, forse, non votare il persecutore d’orsi Fugatti in Trentino. Serviva, forse, non mandare al governo certi soggetti favorevoli alla caccia e palesemente amici dei cacciatori. Lobby potentissima e protettissima, da sempre, da tutto o quasi il mondo politico. Finchè le cose stanno così, ed ho purtroppo davvero poca speranza che cambino perlomeno a breve, solo una cosa possiamo fare: sciò! Scacciamolo per non farlo cacciare. Quando vediamo un animale selvatico mandiamolo via, non diamogli cibo, non accarezziamolo, non alimentiamo la sua fiducia nell’essere (dis)umano. Via, vattene, scappa, buuu… Qualsiasi cosa, ma non rendiamolo amico dell’uomo che nella maggior parte dei casi è, e ahimè sempre sarà, il peggior nemico degli animali. Le bestie siamo noi. Non c’è speranza quaggiù, piccolo Bambi. Perdonali. Perdonaci. 
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