L’ironia non ha mai ucciso nessuno. Fatina a parte
- di: Barbara Leone
Se il Buondì si vede dal mattino, la fatina di casa Motta ha avuto davvero una giornataccia. Schiacciata con le mani, presa a colpi di martello, aspirata, abbattuta con uno schiacciamosche. Peggio di così non le poteva andare. Ridiamo per non piangere, perché la polemica è seria e c’è pure chi sta pensando di scomodare il Garante per censurare la pubblicità della merendina più irriverente d’Italia. Uno spot cinico e dissacrante quello ideato dall’agenzia Connexia per la Motta, semplicemente perché la fatina muore. Proprio lei, l’emblema delle favole, della magia e dei buoni sentimenti. Zac, fatta fuori come una zanzara qualunque. A ragione, dal momento che la fatina in questione è fastidiosa e petulante esattamente come una zanzara. Ma soprattutto di buonissimo umore. Tutto quell’entusiasmo di prima al mattina non si può sentire, spiaccicarla è il minimo sindacale. Ma tant’è, in trenta secondi di reclame il Buondì Motta ha creato il panico sollevando l’indignazione delle pancine mammine e dei pancini papini di tutt’Italia. Una pubblicità violenta, e pure sessista, dicono.
I cartoni anni ottanta tutto erano fuorché politically correct
Una vergogna, che traumatizzerà a vita i nostri pargoli. Gli stessi che se ne stanno incollati su TikTok prodigandosi in improbabili sfide, o che vengono parcheggiati davanti a Netflix per ore ed ore e non di certo a guardare i cartoni animati. Che poi, a proposito di cartoni animati. A sto punto anche Tom e Jerry, Silvestro e Wll Coyote sono violenti e diseducativi. E Devil Man? O la pilota del Grande Mazinga, che si prendeva certe sciabolate in faccia da far invidia a Rocky Balboa. Per non parlare di Mimì Ayuara, la pallavolista che veniva obbligata dal coach ad allenarsi con le catene. O dell’Uomo Tigre, mazzate su mazzate, peggio mi sento. Ma che ne sanno i ragazzini di oggi, che poverini devono essere preservati ad ogni costo da tutto e da tutti. Salvo “drogarli” con cellulari e videogame. Quelli sì che sono istruttivi! Noi ce la siamo cavata da soli. I cartoni anni Ottanta tutto erano fuorché politically correct. Una confusione pazzesca, con Lady Oscar che era femmina ma si vestiva da maschio e la bionda Georgie che faceva la gatta morta coi fratellastri. A turno: prima con uno, poi con l’altro, in perfetta par condicio familiare. Era questa la roba che girava in tv anni addietro. Eppure siamo cresciuti bene. Nessun trauma, giuro. A parte la scimmietta sbranata dai lupi di Remì, che ancora me la sogno la notte povera stella. E poi vogliamo parlare del sessismo nelle pubblicità? L’elenco sarebbe lunghissimo. Dalle creme abbronzanti sponsorizzate da ragazze a seno nudo e culetto al vento, fino a “io ce l’ho profumato… l’alito”. E giù tutti a ridere. Senza parlare delle donne Golden lady, quelle “con fantasia, donne che sorridono, donne che giocano, dolce mistero, donne che sorprendono, come te” che più stereotipo sessista non si può.
Perché la pubblicità è marketing. E il marketing no. Non è quasi mai politically correct
O del più recente maschione di Dolce e Gabbana, quello che sbatte il polpo sullo scoglio sotto lo sguardo abbacinato della fanciulla di turno. Insomma, c’è davvero l’imbarazzo della scelta. E però ora va di moda far polemica su tutto. Senza filtri, limiti e soprattutto senza quel pizzico di black humor che fa bene alla pressione arteriosa. Ed alla vita, perchè molto spesso ci difende dalle delusioni e dalle angehrie (quelle vere). C’è quasi paura di ridere, e di prendere alla leggera certi argomenti. Ma soprattutto manca completamente il buon senso. Perché la pubblicità è marketing. E il marketing no. Non è quasi mai politically correct. Anche quando vai al supermercato per comprare il latte, e ti ritrovi a prendere l’ovetto di cioccolata per il pupo che lo vede lì: a portata di mano e di cassa, tu non gli puoi proprio dire di no. Irresistibile, vero? La verità è molto, ma molto più banale. La Motta pubblicizza il suo Buondì, e da anni ha deciso di puntare su un’ironia sfacciata che va in netto contrasto con le pubblicità del competitor di sempre: il Mulino Bianco, quello che ci vuole per forza appioppare un mondo “buono e dolce”. Che peraltro sta solo nei sogni. Due facce, estreme, della stessa medaglia: da un lato la fatina sbattuta al muro (ma tempo fa era l’asteroide che spiaccicava addirittura la madre), dall’altro la famiglia perfettina miciomicio miao miao. In mezzo l’obiettivo: vendere. E da che mondo è mondo più si gioca coi cliché, positivi o negativi che siano, e più si fa centro. E difatti stiamo qui a parlarne. E a fare pubblicità alla pubblicità: semplicemente geniale! Magari ora qualcuno si andrà pure a comprare un Buondì. Forse dovremmo difendere i bambini dalle merendine, più che dai relativi spot. L’ironia non ha mai ucciso nessuno. Fatina a parte. I trigliceridi sì.