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Grazie Roma. Ma anche no!

- di: Barbara Leone
 
Che popolo strano che siamo. Ci lamentiamo sempre di tutto, ma non ci ribelliamo mai a niente. Tiriamo a campà con mestizia e rassegnazione, salvo sbranarci l’un l’altro per le più insignificanti sciocchezze guardando la pagliuzza e mai la trave che è nei nostri occhi. La colpa, poi, è sempre dell’altro, un po’ come il marito cornuto che se la prende con l’amante sfasciafamiglie senza minimamente mettersi in discussione. L’importante è coltivare il nostro orticello più o meno felice, e chi se ne frega se fuori le cose vanno a rotoli. Basta un niente per farci dimenticare tutto: la pandemia, la guerra, i prezzi che lievitano, il lavoro che manca, la malasanità, la malagiustizia, la burocrazia, le frottole dei governanti, la crisi climatica… E potremmo andare avanti all’infinito. Per un giorno, anzi due, tutto dimenticato. Basta che undici tangheri che tirano calci ad un pallone in mutande vincano la coppa del nonno, o come si chiama lei, e siamo tutti felici. Per carità, lo siamo anche noi, ci mancherebbe. Sempre forza Roma! Ma forse si è oltrepassato il limite. E da quel dì. Che la Roma abbia vinto sta benedetta coppa me ne sono accorta dal boato che ha squarciato il mio quartiere a Roma sud, perché non è che tutti debbano per forza seguire le partite di pallone. Sembrava capodanno: clacson impazziti, caroselli, fuochi d’artificio, canti e lazzi di vario genere. Da quel che so in zona Olimpico è successo il finimondo, pure se là so’ quasi tutti laziali. Ma c’era solo il maxischermo, perché la Roma giocava a Tirana. Pensa se avesse giocato qui, come minimo esplodeva il Colosseo. Insomma, nella Capitale è stata una notte festaiola. E vabbè, per una sera ci può stare. Fa niente se non riesci a dormire e devi alzarti alle quattro e mezzo per lavorare. All’alba per fortuna sembrava che fosse tutto finito. Sembrava. Perché ieri pomeriggio si è scatenato l’inferno.

Qualcuno ha avuto la genialata di far sfilare i giallorossi per tutta la città su di un autobus aperto

Qualcuno ha avuto la genialata di far sfilare i giallorossi per tutta la città su di un autobus aperto. Con tatto di coppa al vento, ovviamente. E va bene, anche questo ci può stare. Peccato che a questo s’è aggiunto il delirio di Circo Massimo, dove in centomila e fischia si sono dati appuntamento per i festeggiamenti coppaioli. Tutto questo di giovedì pomeriggio, giorno lavorativo, e per di più con un caldo tropicale e l’umidità a duemila. Ma io dico: volete festeggiare? Benissimo, ma fatelo di sabato o di domenica. Avvisate i cittadini così da potersi organizzare. Ma dove sta il rispetto? Non è che tutti debbano per forza essere appassionati di calcio. C’è anche chi preferisce l’ippica, o semplicemente vive lo sport per quello che è: un gioco. E stare impantanati in macchina ore ed ore per fare tre chilometri, oltretutto senza sapere né perché né per come, non è esattamente il massimo della felicità. In tanti lo avremmo evitato. E poi: non potevate poi festeggiare a Trigoria? Ma soprattutto: avete tutti il reddito di cittadinanza che di giovedì pomeriggio potete permettervi di andare a perdere tempo per festeggiare la Roma? Tutto questo mentre Roma, intesa come città, cade a pezzi. Centomila persone, ovviamente tutte senza mascherine e poi però ai ragazzini bisogna tenerli mascherati a scuola. Viva la coerenza! E viva anche il rispetto, vi siete presi per un pomeriggio intero la città fregandovene di chi magari doveva andare a fare una terapia in ospedale, o doveva prendere un figlio a scuola o semplicemente tornarsene in santa pace a casa dopo una giornata di lavoro. Tre ore per attraversare la Colombo, che per chi non è romano è la strada che da Fiumicino (da dove arrivavano i giocatori) porta in centro. Tutto perché doveva passare l’autobus di lorsignori. E sti cavoli dove li metti? Mercoledì notte hanno sconquassato  Roma nord, e tutti zitti. Ieri hanno invaso Roma sud. E tutti zitti ancora. Panem et circenses, diceva il poeta latino Giovenale. Ovvero armi di distrazione di massa. Ci mancava Zelensky in video conferenza e avremmo fatto bingo. Famo così, e lo dico alla romana. Cari giallorossi, vedete di vincere più spesso così i vostri tifosi si abituano a questo oggetto alieno che è la vittoria. Oppure evitate accuratamente di vincere qualunque cosa, fosse pure un prosciutto e du’ salami. Che in Italia la gente è capace di esultare  e fare bisboccia anche per quello. Perché le vie di mezzo, in questo strano e meraviglioso Paese, non sono proprio contemplate. Così come il rispetto per chi s’esalta per ben altre cose. Grazie Roma, canta Venditti. Ma anche no.
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