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Diana, venuta al mondo senza mai nascere

- di: Barbara Leone
 
La crudeltà non deve essere per forza spiegata con la follia. Appartiene all’essere umano, ed a lui solo. Perché gli animali non seviziano, non ammazzano, non commettono gli orrori di cui solo noi, dall’alto della nostra pseudo superiorità di specie, siamo capaci. E quando loro uccidono c’è sempre un perché legato all’istinto di sopravvivenza. Guai, perciò, a paragonare certi esseri umani agli animali. Perché non son degni nemmeno d’esser chiamati tali. L’ultimo agghiacciante caso di cronaca non ha a che fare con la follia, con la solitudine, con il degrado o menate simili. E’ crudeltà allo stato puro. Non ci sono ma, forse e perché. E chi tenta di trovare ragioni, sottoragioni o, peggio ancora, giustificazioni non fa che oltraggiare oltremodo la memoria di un angelo che avuto la disgrazia d’esser partorita da una donna crudele. Più vengono fuori i dettagli di questa atroce storia, e più ci si gela il sangue nelle vene. Non ha mai pianto, non ha mai avuto un momento di cedimento la madre (che madre non è) che ha lasciato morire la sua bambina di fame e di sete lasciandola sola in casa per una settimana intera.

Sette giorni, sette lunghi interminabili giorni in cui la piccola Diana, di appena 18 mesi, è rimasta nella culla con trenta gradi e soltanto un biberon di latte a farle compagnia. Stando a ciò che afferma lo stesso pm, la donna non ha mostrato alcun segno di dolore o rimorso durante gli interrogatori. Motivo per cui si esclude la possibilità di sottoporla ad una perizia psichiatrica, dal momento che appare lucida e totalmente consapevole dell’atrocità commessa. “Sapevo che poteva capitare”, avrebbe detto al pm. Del resto non era neanche la prima volta che lasciava la bimba da sola. Lo aveva fatto almeno in altre tre occasioni, per l’intero weekend. Nessun raptus. Nessuna follia, nessuna colpa della società cattiva o dei vicini distratti. Anche perché, da ciò che è emerso, la donna avrebbe somministrato alla piccola delle gocce di tranquillanti proprio per non farla piangere evitando, quindi, che qualcuno potesse allarmarsi. Nessuno doveva salvarla, nessuno doveva sapere, nessuno doveva immaginare. Perché a lei di quella bambina non importava nulla di nulla. Anzi, era un peso. Un ostacolo alla sua libertà. Questo avrebbe detto agli inquirenti, che l’hanno definita “una persona priva di scrupoli e capace di commettere qualunque atrocità per i propri bisogni personali”.

E allora lasciateci almeno il beneficio della rabbia e del disgusto. E finiamola col voler trovare a tutti i costi una spiegazione. Perché, seppur assurdo, finanche in questo caso ci sono i soliti buonisti che danno fiato alle trombe tentando di volerci mettere per forza una pezza. E così c’è chi ci parla di disagio, di vuoto familiare, impermeabilità emotiva, infanzia senza abbracci e chi più ne ha più ne metta. Un tourbillon di sciocchezze, dettate dalla smania e dalla mania di umanizzare chi umano non è. C’è pure qualche mente illuminata che dà la colpa vicini, rei di non essersi accorti che la donna andava via senza la bambina. Ma siamo seri? Se la mia vicina mi dice che la figlia sta con la nonna o con la baby sitter io le credo, mica la vado a denunciare ai servizi sociali no? Non perlomeno in assenza di segnali preoccupanti. E, a quanto pare, non ce ne sono stati. Se poi così non fosse, è tutto un altro discorso. E ce la prenderemo coi vicini, la famiglia lontana e i padri assenti. Ma ad oggi tutto conduce solo ed esclusivamente a questa madre… che madre non è. E questi goffi e inopportuni tentativi di dare un senso ad una tale barbarie lo uccide ancora e ancora questo povero angelo, condannato ad una morte lenta e dolorosa per mano e volontà di una donna che è semplicemente un’assassina senza pietà. Perché ognuno di noi può essere stato ferito nella vita e aver avuto delle carenze, materiali o affettive che siano.

Ed ognuno nasce con caratteristiche uniche che lo contraddistinguono. C’è chi è più empatico e chi meno, chi è sensibile e chi non lo è. Ma tutti nasciamo con la volontà e la possibilità di scegliere tra cosa è bene e cosa è male. E lei ha scelto il male. Un male supremo. Perché se la bambina non la voleva poteva darla in adozione, poteva affidarla a qualcun altro. Dal momento che il mondo è pieno di donne che non hanno avuto il dono della maternità, che è appunto un dono e non di certo un merito. E che vorrebbero disperatamente un figlio da amare. Ma la natura, il fato o chi per lui è anche lui molto spesso crudele. E certe volte dà proprio il pane a chi non c’hai i denti. O un figlio a chi non ha un cuore. Si fa davvero fatica a commentare una notizia simile. Si fa sempre fatica a trovare le parole giuste quando c’è di mezzo la morte di un bambino. Ma questa volta ancora di più. Perché Diana non è “solo” morta. Diana non è mai veramente nata. Non ha avuto un padre che sapesse della sua esistenza, né un pediatra che la accudisse. E’ venuta al mondo, ma senza nascere. Perché è “capitato”. Ed in egual modo poteva “capitare” anche la sua morte. Era un incidente di percorso, tramutatosi in ostacolo alla libertà. Qualcosa che era “capitata”. Come la sua morte.
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