La Ferragni scandalizza su Instagram ma la Segre la nomina nipotina

- di: Barbara Bizzarri
 
Mentre c’è chi ancora si interroga su come una ragazzetta della provincia cremasca sia diventata un’imprenditrice plurizeri sulla rampa di lancio per Sanremo e che vende la villa di LA per reinvestire in Italia (è rimasta soltanto lei e un manipolo di altri milionari a volerlo fare, lungimiranti benefattori) ignorando pure l’ex fidanzato bocconiano che le aveva fornito il primo cespo di insalata per il suo blog The Blonde Salad, la giovincella dà scandalo (sbadiglio) sui social in cui mostra un paio di eleganti tettine (altro sbadiglio) per stabilire che “my body my choice”, però a intermittenza come le lucette degli alberi di Natale perché in altre occasioni, a quanto pare, con il corpo di tutti si può fare quello che si vuole e nessuno ha niente da ridire: che meraviglia, questa democrazia. Tutto questo a conferma che, gira che ti rigira, Instagram è una immensa vetrina di piazzisti e che la trasgressione ormai è materiale di uffici stampa ancora avvinghiati al logos petaloso, per cui le piccinerie più innocue sono spacciate come grandi gesti di trasgressione.

Il che spiega anche perché queste nuove generazioni sprovvedute, quando si tratta di contestazione dura e pura, davvero non sanno dove mettere le mani se non davanti alle pudenda per fintamente coprire i valori – come li chiama la mamma dell’influencer -  di famiglia: whoa, che trasgressione, il Club 27 sarà commosso fino alle lacrime. Intanto, la Chiara nazionale, archiviato il proclama, si reca con la senatrice Liliana Segre alla Stazione Centrale di Milano, invitata in uno spazio di cui ammette candidamente di non sapere niente, e riceve la staffetta dalla stessa Segre che la designa nipotina d’adozione credendo che la sua presenza porti i giovani a visitare i luoghi della memoria, secondo la stessa scelta perseguita dal direttore degli Uffizi e applaudita da tanti perché la formula di diffusione della cultura oggi pare sia diventata collocare gli influencers in luoghi da promuovere e poi confidare nel potere dell’emulazione perché faccia il resto. Con in più una certa dose di servile adulazione, in effetti, alle fortune scintillanti della ragazza che ha costruito un impero finanziario sul niente cosmico e che riceve inni di lode online da tutti i fancazzisti che, illuminati dalla sua luce a sei zeri, possono dire di fare il suo stesso lavoro, anche se con meno dindi, ovviamente.

Negli anni Venti del millennio che invece di essere nuovo sembra trascinare ogni cosa verso un altro oscurantismo, sfida e trasgressione sono ridotte a scaramucce di cortile, e ogni giorno le fila dei ribelli all’intelligenza si arricchiscono di un nuovo esponente. Giorni fa è stato il turno della poetessa senza poesia Giorgia, fidanzata di Damiano, che da brava Verlaine de’ noantri ha definito non depilarsi le sopracciglia una protesta, altro che assenzio e sparatorie, “da icona libera che si ribella alle convenzioni”. Suggerirei un sano studio di storia dell’arte e il licenziamento in tronco di chi riesce a diffondere simili cretinate e a guardarsi allo specchio la sera senza sghignazzare pensando di farla franca. Riassumendo, per tutti i nuovi ribelli caserecci e pecorecci, la provocazione è non depilarsi, non lavarsi, mostrare le tette, vestirsi come le rockstar di cinquant’anni fa con l’unico piccolo particolare che le rockstar di cinquant’anni fa erano immensamente più fighe: si capisce perché dinanzi ai veri motivi per cui ribellarsi, queste povere creature non sappiano fare altro che chinare il capo, magari sulle strisce di coca come avvenuto di recente in metro a Milano e andare avanti con un altro selfie in bagno. Perché i tapini non sono effettivamente in grado di disobbedire, proprio come certa gente che voleva vivere come Steve Mc Queen e invece si è ritrovata a inneggiare alla schiavitù “educativa” della pezza in faccia.
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