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Chi di recensione ferisce, di recensione perisce

- di: Barbara Leone
 
Pagati per mangiare a scrocco. Non è un sogno, ma la godereccia realtà dei cosiddetti food blogger. Gente che campa scrivendo recensioni lusinghiere sui più disparati (e, a volte, disperati) locali anche quando il locale in questione è una ciofeca. A scoperchiare il vaso di Pandora, lo youtuber Franchino er criminale. Un nome, una garanzia. Perché se quello del food blogger è un mestiere stravagante, quello dello youtuber è decisamente incomprensibile. Ma tant’è, questo passa oggi il convento. Siamo antichi! Esattamente com’è antico tutto il polverone alzato dal buon Franchino, che per dirla tutta ha scoperto l’acqua calda. Storia vecchia, fidati Franchì! Visto che è dalla notte dei tempi che i critici enogastronomici, dalle stelle Michelin a calare, vengono pagati per mangiare a gratisssse. Ciò che cambia, però, è la competenza. Che oramai è come i panda: a rischio estinzione un po’ in tutti i campi. Figuriamoci quando si tratta di cibo. A Roma, poi. Perché ai romani gli puoi levare tutto, tranne er magnà e beve. E difatti i food blogger e food influencer stanati da Franchino sono tutti operativi nella Capitale. Dove pare che esista un vero e proprio racket a suon di recensioni, video e primi piani di piatti solo apparentemente succulenti.

Franchino Er Criminale contro i food blogger

E allora Franchino che fa? Si arma anche lui di videocamera e si lancia a capofitto in una sorta di Operazione condor all’amatriciana (è il caso di dire) andando ad assaggiare i piatti dei locali più celebrati sul web. Il risultato? Panini grondanti di cheddar e schifezze varie, piatti precotti e insalatone farcite coi primi ingredienti a portata di frigo. Un po’ quello che facciamo tutti noi a casa quando non abbiamo voglia di spadellare. Con la differenza, però, che non presentiamo il conto (salato) a nessuno. Stando alla sua inchiesta (San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti, perdonaci se la chiamiamo inchiesta) un video, un TikTok e una diretta di Instagram pubblicati da un food influencer costerebbero mediamente 70 euro. Per una collaborazione più duratura e ulteriori sponsorizzazioni, i ristoratori dovrebbero tirare fuori anche 1.400 euro al mese. Un prezzo che, ovviamente, cresce a seconda dei followers. Perché, pure tra influencer e blogger, la gavetta è gavetta. E così quelli seguiti solo da mamma, papà, zii e cugini s’accontentano di mangiare a scrocco in cambio di un video. Tanto basta a svoltare una serata, magari facendo pure lo splendido con la ragazzetta di turno. Chi, invece, ha un ampio seguito di followers (tradotto: imbocconi) alzano i prezzi, con tanto di listino, e dettano pure legge. Non solo. Perché molto spesso questi soldi vengono pagati al nero. Ed è qui che l’affare s’ingrossa. Tant’è vero che la vicenda delle marchette cacio e pepe del webbbbe è finita sotto la lente d’ingrandimento della Guardia di Finanza. Mica pizza e fichi, sempre per restare in tema. Perché va bene tutto.

Il racket dei foodblogger sui ristoranti

Va bene che mi fai passare uno spaghetto aglio olio e peperoncino per piatto gourmet solo perché lo chef ci ha schiaffato in mezzo l’ aglio rosso di Nubia e il peperoncino cayennna, perché sempre spaghetto al peperoncino resta. Solo che lo pago 22 euro, e per giunta in versione piatto dei puffi viste le porzioni. Ma dal momento che vuoi convincermi a sborsare tutti questi soldi per due spaghetti in croce almeno pagaci le tasse. Come fanno i critici enogastronomici seri. Ed i ristoranti seri. Perché la dimenticanza, chiamiamola così, vale tanto per il food influencer che per il ristoratore di turno. Ovviamente il tema non riguarda tutta la sterminata galassia delle celebrità del web, ma gli investigatori valutano che un’alta percentuale di loro si faccia pagare in nero. Ad ogni modo la partita che la Finanza giocherà con queste nuove forme di lavoro è appena iniziata. E pare proprio a cominciare dagli incassi di Franchino er criminale. Perché si sa: chi di recensione ferisce, di recensione perisce.
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