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Che mangino le brioche… ma in pigiama!

- di: Barbara Leone
 
«Se non hanno più pane, che mangino le brioche!». Pare che questa frase, attribuita a Maria Antonietta, non sia mai stata pronunciata dalla regina. E però calza a pennello con l’ultima trovata dell’Ikea, e soprattutto con le chilometriche file di consumatori che in pigiama si sono accalcati alle casse per un cappuccino e cornetto aggratisse e du’ spicci di buoni sconto. Venti euro, per la cronaca i buoni sconto. Scene surreali, degne di un quadro di Magritte, ma più di tutto un’istantanea che cattura perfettamente lo stato di ipnosi collettiva in cui siamo caduti. Uno spettacolo patetico, che ha visto centinaia di persone in tutt’Italia dirigersi, fresche di letto, verso l’Ikea di turno come  pellegrini in un luogo sacro. Il tutto… in pigiama! E per cosa? Una colazione gratuita. Un fenomeno che, se da una parte può far sorridere, dall’altra lascia basiti perché rappresenta la cartina tornasole di un paradosso contemporaneo: siamo consumatori prima ancora che cittadini, e ci prestiamo a qualsiasi messa in scena purché ci venga offerto qualcosa in cambio, fosse anche solo un misero caffè. Qualcuno direbbe che il marketing moderno è una forma di arte, capace di trasformare anche il più insignificante degli eventi in un’occasione di massa. Ed è proprio questo il punto di non ritorno: le multinazionali, ma non solo, hanno il potere di farci credere di essere speciali, unici partecipanti a un happening esclusivo. Un potere che è enorme. Basta vedere le foto gongolanti di questi impavidi avventori, manco avessero vinto alla lotteria. Eppure, se ci si ferma un attimo a riflettere, non è difficile comprendere che questo benedetto caffè, metaforicamente parlando, è molto più amaro di quanto vogliono farci credere. Un caffè alla cicuta, capace di ammazzare anche l’ultimo dei neuroni rimasti nelle capoccette sante. Perché la triste verità, è che ci siamo lasciati trasformare in una massa omogenea, facilmente manipolabile, perfetti ingranaggi di un sistema che ci vuole produttori e consumatori senza cervello. I nostri desideri, le nostre scelte, sono ormai guidate da campagne pubblicitarie studiate a tavolino per farci sentire parte di qualcosa, quando in realtà ci stiamo solo arrendendo all’omologazione. Come criceti nella ruota, corriamo senza sosta, alimentati dalla promessa di una ricompensa immediata, che ci distoglie dal pensare a cosa stiamo realmente sacrificando.

Fosse stato un caffè letterario a lanciare l’idea, state certi che le sale sarebbero rimaste deserte. Non c’è fascino nella cultura, nell’arte del pensiero e della discussione, per una popolazione che ha smesso di pensare. Chi mai vorrebbe confrontarsi con i propri simili su temi complessi, riflettere su questioni esistenziali, quando può postare una foto del suo cappuccino e briochesss aggratisse e ricevere una valanga di “mi piace”?  Fine della storia. Le celluline grigie sono ite, anestetizzate da un sistema che ci vuole instancabili produttori di profitto e assuefatti fruitori di esperienze. Non importa se per risparmiare due euro di colazione ne abbiamo spesi venti di benzina: l’importante è esserci, partecipare e sentirsi parte di una grande famiglia: quella di chi, lo dice in un illuminante pamphlet Angelo Miotto, produce, consuma, crepa. 

Esagerato? Allora sì, ridiamo divertiti in fila, scattiamoci un selfie in pigiama davanti alla libreria Billy col nostro cappuccino fumante e regalato. Spertichiamoci di complimenti in svedese nell’ultimo reel per far vedere al mondo quanto siamo spensierati, quanto ci divertiamo a infrangere le regole sociali, quanto siamo liberi. Ma quale libertà! È solo un altro modo per mascherare la nostra sottomissione a un sistema che ci vuole docili e obbedienti, pronti a scattare al suon del richiamo del marketing. Che ben conosce i meccanismi della manipolazione, e sa come farci credere che non stiamo perdendo la nostra dignità. Basta convincerci di essere protagonisti di un evento speciale, un happening unico da condividere sui social. Non importa se è solo una colazione scadente, l'importante è che sembri qualcosa di grande. Siamo arrivati al punto in cui non ci importa più della qualità, dell’essenza: ci accontentiamo dell’apparenza, del momento.

E se per ottenere quel momento dobbiamo fare la fila in pigiama, poco male: noi c’eravamo! Chi se ne frega se sono altri a decidere. Stolti noi che continuiamo a non capire che il potere non si misura solo nella capacità di farci fare quello che vuole, ma nel riuscire a farcelo fare con il sorriso. E allora ci convincono che siamo felici, che siamo noi a scegliere, quando in realtà siamo solo marionette che si agitano al ritmo delle corde tirate da chi sa come muoverci. È una trappola dolce, avvolta nel manto della libertà apparente, che ci fa credere di essere padroni del nostro destino. Laddove invece siamo solo pedine, contate una a una. Ieri il vaccino, oggi il cappuccino, domani te lo metto in quel posticino. E godi pure! Infondo le pecore si contano anche così.
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