Ceylon un default e una rivolta come paradigma del mondo attuale

- di: Leonardo Dini
 
Non riguarda solo Ceylon (come si chiamava in passato l’attuale Sri Lanka ndr.) l’assurda e sconcertante rivolta in corso ma riguarda il mondo. Sono molti infatti gli Stati a rischio di default, perfino la Russia, per ben altre ragioni, e' andata in un default tecnico.Ceylon e'il Paese che si trova nel paradosso di avere un insostenibile debito in dollari, di non avere valuta estera disponibile in dollari e simultaneamente di rivolgere, mediante il deposto ex capo di Stato, un umile (sic!) appello a Putin, gentilmente disposto a dare sostegno in cambio del controllo geopolitico sull'isola. Gli alleati storici di Sri Lanka, dalla indipendenza dagli inglesi in poi: India, Giappone, Cina e Usa, dovrebbero teoricamente formare una insolita coalizione degli opposti, per fare cordata nel salvare da una crisi umanitaria, economica e strutturale, l'isola. Altra anomalia del caso Ceylon e della rivoluzione annunciata, avvenuta con la spettacolare invasione di massa del palazzo presidenziale, e' il ruolo, indubbiamente positivo, ma appunto sui generis, svolto dalla Chiesa locale, con la richiesta di dimissioni, tanto del Presidente, quanto del premier, da parte sia del Presidente dei Vescovi che del Vescovo della capitale Colombo.

Un appello cui si aggiunge la voce domenicale del Papa Francesco: a invocare il rispetto del popolo, da parte dei poteri politici di Ceylon. Il presidente ora in fuga, Rajapatsa e il primo ministro Wickremesinghe, sono infatti accusati dalla popolazione, di avere ignorato la gravita 'della crisi economica che ha travolto il Paese, celebre per il suo turismo esotico e la produzione di the e considerato un Eden antropologico naturale da sempre. Ora il Parlamento che si e'appellato al senso civico dei cittadini, sta favorendo la nascita di un governo unitario, con le opposizioni di salvezza nazionale, in extrema ratio tuttavia , e in condizioni estreme. Un Paese, e non e'il solo, sia in Asia che in Africa, allo sbando, dove allo sfruttamento coloniale si e' sostituita la corruzione politica: addirittura l'ex-premier precedente era il fratello del Capo dello Stato. Una situazione che in Europa si e’ vista soltanto con la eccentrica governance dei gemelli Kaczinsky, in Polonia, a suo tempo. Situazione che ci ricorda le recenti rivolte analoghe in Libia e in Kazakhistan; le crisi proverbiali degli Stati Caraibici e la rivolta in Kirghizistan di alcuni anni fa.

La crisi finanziaria ed economica di Ceylon viene da lontano ed e' il frutto di una serie di errori di governo e economici di vasta portata, prodotti nel tempo. Un Paese che potrebbe avere una economia florida e una popolazione in pace sociale, e'oggi ormai fuori da ogni parametro, non solo del FMI ma anche della logica e del buon senso. Una isola Stato che al contrario di altre realta'isolane come Taipei o Filippine o arcipelago Indonesiano, e' stata progressivamente emarginata da una crisi inarrestabile. Ora è compito, anche del G20 e dei grandi del pianeta e non soltanto dell'Onu e della Fao, o delle istituzioni intergovernative asiatiche, di intervenire con prontezza e con saggezza. L'India rischia di divenire il dominus dell’isola, come conseguenza della crisi nell'Oceano Indiano. La Cina potrebbe approfittarne per estendere il suo soft power. L'Inghilterra, che pure è'alle prese con altri problemi, dovrebbe, anche come Paese guida del Commonwealth, e come ex potenza coloniale di Ceylon, sostenere incondizionatamente il Paese, senza certo pretendere ritorni al passato.
L'Europa a sua volta, che pure appare cosi' lontana e disinteressata, dovrebbe collaborare alla salvezza dell'isola. No man is an island ma anche nessuna isola è lontana abbastanza per non coinvolgere nel suo destino, direttamente o indirettamente, il resto del mondo.

Uno dei problemi piu' difficili da risolvere per Ceylon, la storica Sri Lanka, sta oltretutto nella totale assenza di istituzioni politiche credibili e di leadership all'altezza di un compito cosi'immane, quanto la salvezza di uno Stato che rischia letteralmente di scomparire e stavolta non per una guerra, o una calamita'naturale o uno tsunami ma per la incapacità' di un ceto dirigente inadeguato e autoreferenziale. Eppure Ceylon e' l’isola della armonia pacifica tra le fedi religiose, della coesistenza virtuosa fra occidentali e autoctoni, della colonizzazione superata, la isola dove intellettuali come Arhur C.Clarke, autore di Odissea nello Spazio, scelsero di vivere idealisticamente. Eppure valorizzando le risorse turistiche, naturali ecologiche, e le materie prime di Ceylon si potrebbe dare benessere e dignita', a una popolazione stanca di vessazioni e di sofferenze inutili. Ceylon e' oggi un paradiso abbandonato, perduto, direbbe John Milton, e' con la sua rivoluzione involontaria e inevitabile, specchio e paradigma di quel che potrebbe succedere, in futuro, in molte parti del mondo, se non si prevengono crisi simili.
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